Perdue Farms, terza compagnia statunitense specializzata nell’allevamento di polli, con vendite superiori ai sei miliardi di dollari l’anno, ha patteggiato la chiusura di due class action che l’accusavano di pubblicità ingannevole. La società si è impegnata a non scrivere più sull’etichetta “polli allevati umanamente”.
Le due azioni giudiziarie erano state intraprese nel 2010 nel New Jersey e nel 2013 in Florida dalla Humane Society of the United States, la maggiore organizzazione statunitense per i diritti degli animali, che contestava a Perdue Farms la veridicità di quell’affermazione. L’azienda si è difesa dicendo di applicare le linee guida sul benessere degli animali del National Chicken Council. Il problema è che secondo l’organizzazione animalista, nessun consumatore ragionevole considererebbe “umani” questi trattamenti. Tra le pratiche più critiche indicate dai querelanti, troviamo la continua presenza di luce che impedisce agli animali il normale riposo; il trasporto su camion in spazi angusti, per molte ore, senza cibo e acqua; pratiche di macellazione che paralizzano gli animali ma non garantiscono il loro stato d’incoscienza.
Perdue Farms ha accettato l’accordo con i denuncianti, pur continuando a respingere le accuse, sostenendo che le sue pratiche, in alcune aree, sono migliori di quelle indicate dal National Chicken Council, e che la compagnia “è impegnata a trattare gli animali con rispetto e a garantire la loro salute e sicurezza”.
Beniamino Bonardi – Il Fatto alimentare – 24 ottobre 2014