È terminato l’incontro fra il Ministro del Lavoro Elsa Fornero e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, Camusso, Bonanni, Angeletti e Centrella. Al centro dei colloqui il tema dell’articolo 18, ma si è parlato anche di ammortizzatori sociali. «È stato un incontro utile, nei prossimi giorni gli incontri proseguiranno, non abbiamo stabilito quando e come. Abbiamo convenuto con il Governo che i contenuti di questa conversazione rimarranno patrimonio di coloro che li hanno fatti». Così il leader della Uil, Luigi Angeletti, al termine dell’incontro, durato l’intera mattinata. «Abbiamo preso l’impegno – ha spiegato Angeletti, all’uscita dal Ministero del lavoro – di non diffondere informazioni: stiamo facendo una trattativa.
Le trattative non si fanno sui giornali», quando si sarà conclusa, ha aggiunto, «conoscerete i particolari». «Incontro utile – ha rimarcato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Non vi dico nulla di più».
Ci sono abbastanza risorse per una buona riforma degli ammortizzatori
Ci sono «abbastanza» risorse «per fare una buona riforma degli ammortizzatori sociali», ha detto il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, in un’intervista registrata a ‘Radio Anch’io’. «Queste risorse non verranno attraverso una riduzione della spesa di assistenza», ha spiegato.
Ecco dove reperire le risorse
Su dove reperire le risorse, Fornero ha spiegato che «ci sono altri capitoli di spesa che possono essere ridotti e capitoli di entrata che possono essere adattati». Secondo il ministro bisogna «intervenire sulle tipologie dei contratti, magari non con l’accetta, ma rendendo più severi i controlli sugli abusi e incoraggiando forme contrattuali che riteniamo più virtuose». La volontà è quella di creare un «contratto che dovrà dominare gli altri: prevede l’entrata nel mercato del lavoro con l’apprendistato e una stabilizzazione. Si prevede poi una relativa e maggiore facilità di uscita». Il ministro ha quindi spiegato che il nuovo sussidio per la disoccupazione «non è mai inferiore all’assegno per mobilità» e quello dei 1.100 euro «è un tetto che sale con l’inflazione, non può ridursi, e questo è importante».
Posso capire la reazione di shock, ma serve al Paese
«Siccome i cambiamenti che abbiamo proposto non sono piccoli, posso capire che la reazione inizialmente sia stata uno shock, ma è uno shock positivo ed è quello che serve al Paese». Così Fornero, commenta le reazioni delle parti sociali alle proposte di riforma del mercato del lavoro. «Penso di sì», ha quindi risposto alla domanda sulla conferma della chiusura dell’accordo entro venerdì 23 marzo.
Nuovo lavoro i quattro riforme: cosa cambia
Riordino dei contratti Oggi esiste una giungla contrattuale. Siano 46 come dice la Cgil o molti meno come dice la Confindustria sono comunque troppi. E generano precarietà, soprattutto fra i giovani. Con la riforma i contratti a termine costeranno di più (ci sarà un’aliquota dell’1,4%). Le imprese saranno quindi scoraggiate a utilizzarli mentre dovrebbero trovare più conveniente ricorrere al contratto di apprendistato, sul quale per i primi tre anni non si pagano contributi o se ne pagano pochissimi (dipende dalla dimensione dell’azienda).
Durante l’apprendistato il lavoratore dovrà ricevere una formazione certificata e non potrà essere licenziato se non per giusta causa o giustificato motivo. Al termine l’azienda deciderà se stabilizzare l’apprendista con un contratto a tempo indeterminato oppure se concludere il rapporto di lavoro. Il sistema si baserà sulla riforma varata dal precedente governo, che prevede tre forme di apprendistato: di base, professionalizzante, di alta formazione. Per farlo decollare, però, entro il 25 aprile le Regioni dovranno varare le leggi di loro competenza. Le parti sociali sono sostanzialmente d’accordo su questo capitolo, con qualche richiesta. I sindacati vogliono la soppressione almeno delle associazioni in partecipazione e la limitazione di co.co.pro e voucher. Le piccole imprese sono contrarie a far costare di più i contratti a termine.
Le due stampelle Per gli ammortizzatori sociali il modello ideato dal ministro Fornero prevede una sorta di copertura universale impostata su due livelli. Da una parte rimane la cassa integrazione ordinaria pagata dalle aziende e dai lavoratori secondo gli schemi attuali. Rimarrà anche la cassa integrazione straordinaria, un ripensamento da parte di Fornero di fronte alle richieste delle parti sociali. Però il ministro ne ha limitato il ricorso alle aziende che si devono ristrutturare — anche pesantemente — ma che non sono destinate alla chiusura. In questo caso niente «scivolo o mobilità» come avviene attualmente ma ricorso all’assegno di disoccupazione condizionato da verifiche come avviene in Germania: se il lavoratore non accetta l’impiego offerto dalle agenzie di collocamento rischia di perdere l’assegno mensile. L’assicurazione sociale
E la novità dell’incontro di ieri. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha annunciato che l’assicurazione sociale per l’impiego dovrebbe sostituire le attuali indennità di mobilità, incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti, una tantum co.co.pro. e altre indennità e si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e ai lavoratori pubblici con contratto a tempo determinato. Insomma tutto quanto previsto anche dalla cosiddetta cassa in deroga dovrebbe confluire in una sorta di Inail per la disoccupazione universale. Una idea che la Fornero ha sempre avuto ed espresso sin dalle prime complicate riunioni della trattativa avviata alla fine di gennaio. Per usufruire della futura assicurazione sociale — che dovrebbe arrivare a partire dal 2015 — occorrerà avere due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane lavorative nell’ultimo biennio; durerà da 8 a 12 mesi per tutti i lavoratori uomini e donne per salire a 18 nel caso di disoccupati oltre i 58 anni. L’importo massimo sarà circa di 1.119 euro mensili con un abbattimento del 15% dopo i primi 6 mesi e un ulteriore 15% dopo altri 6 mesi. L’aliquota contributiva pagata da tutte le imprese sarà dell’1,3%, incrementata di 1,4% — cioè sale complessivamente al 2,7% — nel caso di contratti che si riferiscono a lavoratori a tempo determinato. Se l’azienda stabilizza il dipendente «precario» l’aliquota torna all’1,3%.
Licenziamenti
E il capitolo ancora da affrontare, l’ultimo, il più delicato della riforma. Non ci sarà più l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori così com’è ora e i tempi delle cause di lavoro dovrebbero essere velocizzati. Il diritto di chi è stato licenziato a essere reintegrato nel posto di lavoro verrà limitato. Secondo il governo e la Confindustria dovrebbe restare solo per i licenziamenti discriminatori. In tutti gli altri casi — licenziamenti per motivi economici e disciplinari — il lavoratore riceverebbe invece un indennizzo economico proporzionale all’anzianità di servizio (forse con un tetto pari a 18 mesi di retribuzione, come nel modello tedesco) deciso dal giudice o da un arbitro scelto tra le parti. L’esecutivo sarebbe però disponibile a rafforzare le tutele per i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti (oggi escluse dall’articolo 18). Se invece dovesse passare la proposta della Cisl, uscirebbero dal diritto al reintegro solo i licenziamenti per motivi economici (scatterebbe un indennizzo secondo una procedura sindacale, come per i licenziamenti collettivi) ma non quelli disciplinari. Infine, se dovesse passare la linea minimalista della Cgil, l’articolo 18 non verrebbe toccato ma si stabilirebbero norme per accelerare i processi riguardanti i licenziamenti e forse si aprirebbe alla possibilità di ricorrere all’arbitro. Le nuove regole sui licenziamenti si applicheranno inizialmente ai nuovi assunti ma non è escluso che dopo un paio d’anni siano estese a tutti.
Corriere della Sera – 13 marzo 2012