Ministro, cominciamo dal confronto coi sindacati su pensioni e mercato del lavoro. Ci sarà accordo? «I prossimi incontri con Cgil, Cisl e Uil sono fissati per il 6-7 e 12 settembre – risponde il titolare del Lavoro, Giuliano Poletti -. L’obiettivo è di arrivare il più possibile vicino all’intesa. Lo sforzo sarà coniugare i temi della discussione con i vincoli di bilancio».
Alcuni guardano con apprensione all’ipotesi di un’intesa, temendo che essa ipotechi le risorse della manovra, destinandole alle pensioni e sottraendole alle imprese. Lei come risponde?
«Che contrapporre politiche sociali e politiche per la crescita è un errore. Le politiche sociali e per l’equità sono infatti necessarie per la crescita perché, oltre che sostenere la domanda, migliorano il clima sociale generando aspettative positive. Gli interventi sociali e per le imprese debbono camminare insieme, in un giusto equilibrio».
I margini sono stretti. La priorità va data all’aumento delle pensioni o al taglio delle tasse per le imprese?
«Spesso mi criticano perché sarei un ministro del Lavoro troppo attento alle imprese. Che io, del resto, considero fondamentali per creare opportunità di lavoro e crescita. Per questo abbiamo eliminato l’Irap sul costo del lavoro, daremo ancora la decontribuzione sulle assunzioni e taglieremo l’Ires. La decisione su dove mettere le risorse sarà presa dal Consiglio dei ministri, cercando un punto di equilibrio. Io continuo a pensare che bisogna partire dai più deboli: in particolare dalle pensioni minime e dall’Ape, il meccanismo per consentire il pensionamento anticipato soprattutto per chi è nelle situazioni di maggiore difficoltà».
Sulle pensioni i sindacati dicono che servono 2,5 miliardi. Si può fare?
«Non si può dire adesso quale sarà la dimensione dell’intervento. Certamente vogliamo sostenere le pensioni minime, varare l’Ape e risolvere la questione delle ricongiunzioni onerose, è una questione di equità: non possiamo far pagare altri costi a chi ha già versato i contributi ma in gestioni diverse».
L’Italia chiederà altra flessibilità di bilancio alla Ue, però ci vuole la riforma della contrattazione per favorire la produttività, sul modello di quanto fece il cancelliere Schröder. Farete questa riforma?
«Il governo è favorevole alla contrattazione di secondo livello. Nella passata legge di Stabilità c’era già una tassazione agevolata al 10% del salario di produttività. È nostra intenzione rafforzare questa misura con la prossima manovra. Inoltre, in questa fase, le parti sociali hanno il compito di occuparsi della riforma del modello contrattuale ed è bene che lo facciano».
Ma se non troveranno un accordo interverrete?
«Preferisco non rispondere perché c’è un confronto tra imprese e sindacati».
Torniamo alle pensioni. Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, dice che l’Ape sarà un flop, perché chi è a fine carriera a tutto pensa meno che a indebitarsi.
«Non sono d’accordo. Penso invece che sarà particolarmente utile per tutte le persone in difficoltà, quelle che hanno perso il lavoro ed esaurito gli ammortizzatori sociali. Costoro potranno accedere alla pensione se hanno almeno 63 anni. Gli altri valuteranno sulla base delle loro condizioni. L’Ape non è un obbligo ma una libertà in più».
Ieri a Ventotene Renzi, Merkel e Hollande hanno parlato anche di rilanciare Garanzia giovani e di un programma Erasmus per gli apprendisti. Di che si tratta?
«L’Erasmus per gli apprendisti è un’idea che era già presente nel confronto fra Italia e Francia e che andrà avanti. Come il servizio civile europeo, un’iniziativa italiana per la quale c’è un grande interesse».
Quando si entrerà nel vivo delle misure per il ricollocamento al lavoro?
«Da settembre. Manca solo un mio decreto ministeriale e poi sarà disponibile il voucher per un importo probabilmente compreso fra 2 mila e 5 mila euro che chi è disoccupato da oltre 4 mesi potrà spendere presso i centri per l’impiego pubblici e privati autorizzati. I quali lo incasseranno solo se entro sei mesi avranno trovato un lavoro a chi lo cerca. Si tratta di un intervento che in una prima fase potrebbe riguardare 50 mila disoccupati».
Vista l’esperienza del programma Garanzia giovani non c’è da essere ottimisti.
«Invece sì. Più di un milione sono i giovani registrati finora a Garanzia giovani e più di 750 mila quelli presi in carico. A quasi 400 mila è stata fatta una proposta di tirocinio, formazione o lavoro e su 200 mila che hanno concluso il tirocinio il 46% ha ricevuto una proposta di lavoro nei sei mesi successivi. Infine, i centri per l’impiego saranno rafforzati con mille assunzioni».
A settembre partirà anche la nuova fase del Sia, il sostegno per l’inclusione attiva a favore dei poveri?
«Sì, dal 2 settembre i cittadini coi requisiti potranno presentare al Comune la domanda. Partiamo con 750 milioni di euro e prevediamo di raggiungere circa un milione persone di cui 500 mila minori, priorità indicata dalla legge. Il Sia anticipa il reddito di inclusione previsto dalla legge delega che attueremo nella prima metà del 2017 e per la quale puntiamo a reperire altri 500 milioni, da aggiungere al miliardo previsto, così da raggiungere una platea di 2 milioni di poveri».
Corriere della Sera – 24 agosto 2016