Dopo lo scontro con la Regione sugli stipendi dei medici (retribuzione media annuale di 73.161 euro a fronte di un indicatore nazionale di 72.705, secondo il sindacato; di 79.547 euro rispetto a una media italiana di 75.241, la rettifica di Palazzo Balbi), la Cgil torna alla carica con il trattamento del comparto. Sempre basandosi sul conto della Ragioneria generale dello Stato, il segretario della Funzione pubblica, Daniele Giordano, denuncia: «La situazione è grave. Il Veneto è la quart’ultima regione del Paese e l’ultima del Nord nella classifica delle retribuzioni di infermieri, operatori sociosanitari (Oss), amministrativi, tecnici, addetti alla vigilanza: 28.941 euro di media, quasi 1300 euro in meno rispetto al parametro nazionale di 30.239».
Gli amministrativi percepiscono 515 euro in meno rispetto alla media nazionale; poi ci sono gli operatori della riabilitazione (-963), Oss, ausiliari e autisti (-mille euro). Molto peggio stanno vigilanti (2mila euro in meno), tecnici sanitari (-1.800) e infermieri (-1.210 euro). «La Regione poteva intervenire con risorse proprie aggiuntive, previste dal contratto e dalla legge nazionale, per incrementare i compensi — accusa Giordano —. Ma non l’ha fatto. E il numero di operatori è sceso, solo tra il 2014 e il 2017, di 799 unità: è come se fosse stato chiuso un ospedale di medie dimensioni». Si sono persi 556 amministrativi, 208 infermieri, 18 vigilanti, 142 tecnici. L’Usl 3 Serenissima risulta la più penalizzata, con -271 dipendenti, seguita dall’Usl 9 Scaligera con -170 e dall’Usl 1 Dolomiti con -149. Sono pure vecchi gli operatori veneti, stando al dossier, che indica in 48,24 anni l’età media del personale del comparto, a fronte di una media nazionale di 50,15. «Ma il 25% è sopra i 55 anni, con punte oltre media a Verona, Venezia, Rovigo, Belluno e Veneto Orientale — avverte Giordano — soprattutto per vigilanti e amministrativi. La Regione investa di più per svecchiare e implementare gli organici: sono insufficienti i recenti concorsi per 312 Oss, 70 infermieri e 44 tecnici di laboratorio».
Saranno anche pochi, «anziani» e mal pagati, ma ai sanitari del Veneto la buona volontà non manca: risultano all’ultimo posto per giorni di malattia, ovvero 8,184 per gli uomini e 9,378 per le donne, contro una media nazionale rispettivamente di 9,186 e 11,682. «Ancora una volta i dati del ministero dell’Economia testimoniano come la nostra sanità sia tenuta in piedi dal valore e dall’alta professionalità dei lavoratori», la conclusione della Cgil.
In merito al calo del personale replica Domenico Mantoan, direttore generale di Sanità e Sociale per il Veneto: «Riguarda in particolare amministrativi e tecnici, più interessati alla razionalizzazione perseguita in questi anni. Il personale adibito a compiti assistenziali tra il 2014 e il 2017 è invece cresciuto di 341 unità, in termini di tempi pieni equivalenti. A fronte di un calo di 124 infermieri, si registra un aumento di 465 Oss. Ancora troppo poco rispetto a quanto avremmo voluto, ma nel 2018 era in vigore il tetto di spesa per il personale del 2004 meno l’1,4%». Quanto agli stipendi, precisa il dg: «Da tempo sappiamo che i nostri professionisti non percepiscono retribuzioni adeguate. Escluse le Province autonome di Trento e Bolzano, le prime quattro regioni per compensi medi sono tutte in piano di rientro ed erogano Livelli di assistenza ampiamente inferiori ai nostri. L’attuale sistema è molto penalizzante per chi lavora in Veneto e la Cgil dimentica che il recente contratto nazionale, da lei firmato, non prevede strumenti atti a valorizzare i professionisti delle Regioni virtuose. Né per perequare trattamenti così palesemente differenziati. La possibilità di incentivare i nostri operatori — chiude Mantoan — è uno dei punti principali della proposta di autonomia presentata dalla Regione e su cui la Cgil ha dimostrato scarsa sensibilità, se non aperta ostilità».
Corveneto