In molte amministrazioni manca un terzo di organico. E i contratti a tempo sono cresciuti del 31% in tre anni Il Sud paga un prezzo più alto in termini di risorse: un divario che con la legge Calderoli è destinato ad aumentare
Repubblica- Chi vive a Bolzano può contare su una spesa sociale media pro capite di 592 euro, di oltre tre volte superiore alla media dei Comuni del Nord Italia, che è di 174 euro. Mentre chi vive in Calabria si deve accontentare di 37 euro annui, ben sotto la media già risicata del Mezzogiorno, 92 euro. Dall’ultimo report Istat sul welfare territoriale viene fuori con molta chiarezza che l’Autonomia differenziata in Italia è già ben consolidata: se dalla spesa sociale si passa alla sanità, ai trasporti, alla scuola, si troveranno dati molto simili. Ma potrebbe andare peggio se si passerà a un modello in cui ogni Regione, ogni territorio potrà contare solo sulle proprie risorse. Soprattutto nelle amministrazioni pubbliche centrali e locali che si svuotano inesorabilmente, con i concorsi che, nonostante le procedure snellite, non riescono a tenere il passo con i pensionamenti e con le nuove richieste di competenze.
Colpa di dieci anni di austerity, certo, ha ricordato in più occasioni il ministro della Pa Paolo Zangrillo, sottolineando come adesso si viaggi al ritmo di 171 mila assunzioni l’anno. Che però potrebbero non bastare visto che in molte amministrazioni i buchi di organico arrivano al 30%, anche per via delle frequenti rinunce dei candidati. L’ultimo Conto annuale del pubblico impiego, pubblicato all’inizio di maggio dalla Ragioneria Generale dello Stato, rileva una carenza di circa 40 mila dipendenti nei ministeri e di sessantamila nei Comuni. E una disparità enorme tra i territori: considerando Regioni e autonomie locali, c’è una distanza abissale tra i 97,5 dipendenti ogni 10 mila abitanti della Liguria e i 48,9 della Puglia.
Oltre alle disparità, c’è la precarietà in costante crescita a minacciare la qualità dei servizi pubblici. Anche le amministrazioni che in questo momento godono di una relativa stabilità, dopo anni di tagli, a breve potrebbero ritrovarsi nuovamente con gravissime carenze di organico, visto che molte delle nuove assunzioni, in particolare quelle del Pnrr, sono a tempo determinato. Poche le stabilizzazioni: il provvedimento più significativo in questa direzione è quello del ministero dell’Economia. Mentre i precari nella Pubblica Amministrazione sono in forte aumento: un’ indagine della Fp Cgil calcola che tra contratti a tempo, somministrati e lavoratori socialmente utili ci siano al momento 111.450 “atipici”, con una crescita del 31,8% in tre anni . Tra le situazioni più critiche quella del ministero della Giustizia, dove, grazie al Pnrr, ci sono circa 4.000 addetti all’ufficio del processo che stanno occupandosi dei procedimenti arretrati.Un lavoro di grande importanza che però non si concluderà nel 2026, a differenza dei contratti. Una questione che il ministero si è posta, e infatti l’ultimo decreto Pnrr prevede la stabilizzazione, e ne regola le modalità. Ma il sindacato è scettico perché «per ora ci sono risorse e posto solo per stabilizzare 1.500 addetti», mentre andrebbero stabilizzati anche «4.500 tra operatori data entry e altri funzionari tecnici».
Per gli enti locali la situazione è altrettanto drammatica: il nuovo contratto appena entrato in vigore regola con ampi dettagli il “prestito” e la condivisione dei pochi dipendenti disponibili, visto che assumerne dinuovi, soprattutto per i Comuni, risulta molto difficile, anche a causa dei vincoli di bilancio. Dalla rilevazione Fp Cgil emerge come un terzo dei Comuni abbiano meno di cinque dipendenti a tempo pieno e indeterminato, e 432 non ne abbiano nemmeno uno. Tra i dipendenti “condivisi”, ci sono i 750 precari Pon Coesione Sud, che potrebbero essere stabilizzati, ma non sono state previste per il momento risorse specifiche. E le graduatorie degli idonei di concorsi anche recenti stanno scadendo una dietro l’altra, senza che sia possibile attingervi, se non in misura limitata.