Il Corriere della Sera. Sarà un momento stratosferico per l’Italia, avremo gli occhi del mondo addosso», si emoziona Roberto Speranza all’idea che oggi in Campidoglio presiederà il G20 dei ministri della Salute. «Una cosa enorme», lo dice con enfasi e subito si schermisce: «Io cerco sempre di restare umile, ma è un appuntamento davvero importante. Puntiamo a firmare il ”Patto di Roma” per vaccinare gli abitanti del mondo intero». Un titolo a effetto, o un obiettivo possibile? «I Paesi più ricchi e forti — risponde al Corriere il ministro — si fanno carico di costruire una campagna di vaccinazione estesa a tutte le nazioni. Nessuno si salva da solo e il vaccino è l’arma che abbiamo».
Speranza ha incontrato ieri il suo omologo americano Xavier Becerra. E oggi, nella Sala degli Orazi e dei Curiazi, lavorerà per favorire un’intesa che contribuisca a sconfiggere la pandemia. Quando ne usciremo? Il ministro non azzarda date, ma cita l’immunologo consulente della Casa Bianca: «Fauci ha detto nel 2023… Dipenderà dalla nostra capacità di vaccinare tutto il mondo». Ecco perché il G20 di oggi, nel Paese che ha pagato al Covid un prezzo altissimo in vite umane, è per lui così importante.
Altrettanto lo è la linea di Draghi sull’obbligo vaccinale: «Ho molto apprezzato la forza e il rigore con cui ha scelto di puntare tutte le nostre fiches sulla campagna vaccinale». Una posizione che mette a rischio la tenuta del governo? «Non esiste proprio, occupiamoci di cose serie». La polemica infuria e il ministro prova a fare chiarezza. Uno dei quesiti è se il governo andrà dritto anche senza il via libera dell’Agenzia europea del farmaco e la risposta è sì: «Il passaggio dell’Ema renderebbe tutto più facile, ma i vaccini sono già sicuri e quindi si può fare anche senza, come è stato per il personale sanitario. Un governo ha sempre un margine di scelta». In che tempi si arriverà all’obbligo per tutti? «Si valuterà col passare delle settimane».
Chi si oppone, come Salvini, ricorda che il vaccino generalizzato non esiste in nessun Paese europeo e che lo stesso Speranza non spingeva in questa direzione. Ma il ministro tira dritto: «Siamo stati i primi sull’obbligo per i sanitari e poi la Francia e numerosi altri Paesi ci hanno seguito. L’obbligo non è una scelta già determinata e certa, ma uno strumento che abbiamo e se necessario andrà attuato senza paura». Ora il quadro epidemiologico è stabile, però Speranza ritiene inevitabile che la ripresa della scuola e delle attività porti un aumento dei contagi: «E il vaccino è lo strumento per evitare nuove misure restrittive».
Ed ecco i criteri sulla base dei quali un provvedimento di così grande portata potrebbe essere assunto: «Il governo terrà conto del quadro epidemiologico e delle ospedalizzazioni, con particolare attenzione alle terapie intensive e al numero dei decessi, la cosa più drammatica. Questi dati si incroceranno con la percentuale di vaccinati». Se non si arriva al 90% scatterà l’obbligo? «Non darei cifre che non abbiano un fondamento scientifico. La scelta si farà in base a una somma di fattori, tra cui la forza della variante. Potremmo trovarci in difficoltà anche con più del 90% di vaccinati, o al contrario non avere bisogno dell’obbligo pur senza raggiungere quella quota».
Il ministro si appella agli italiani perché scelgano di vaccinarsi. Vuole sia chiaro che il rischio è rivedere la riduzione delle libertà individuali: «Il virus esiste ancora, è forte e circola. O rafforziamo ancora la campagna vaccinale, o siamo costretti a immaginare che a un certo punto bisognerà usare le misure del passato». Sta dicendo che torneranno le regioni rosse e i lockdown? «Sto dicendo che i vaccini salvano la vita delle persone. In pandemia la coperta rischia di essere corta, o la tiriamo con forza dalla parte dei vaccini o dovremo immaginare nuove chiusure». E qui il ragionamento torna all’obbligo: «Se la difesa del diritto alla salute e la necessità di evitare nuove privazioni della libertà ci dovessero portare a questa soluzione, certo non ci spaventeremo e non ci fermeremo».
Palazzo Chigi punta a fare dell’Italia l’apripista in Europa, o Draghi cercherà un accordo con Francia, Spagna, o altri? «Non ci guida quel che fanno gi altri Paesi, ma la necessità di controllare un virus che si diffonde ancora in maniera preoccupante. La cosa più importante è evitare decessi e non dover ricorrere a nuove chiusure». Se poi qualcuno pensa che discutere di obbligo indebolisca la campagna vaccinale, Speranza assicura che «sta andando benissimo» e ringrazia per il «lavoro straordinario» le Regioni e il commissario Figliuolo: «I ragazzi stanno dando una lezione a tutti, hanno capito meglio degli altri che il vaccino è uno strumento di libertà. Il Paese è in profonda sintonia con le scelte del governo».
Salvini ha dunque perso la sua battaglia? Speranza lo dice senza troppo affondare: «Orientare le proprie posizioni sulla base di un interesse elettorale e non dell’interesse del Paese è una scelta profondamente sbagliata e perdente, che non porta grande consenso». La svolta di Conte invece non lo ha sorpreso. Il ministro di Leu è sicuro che i 5 Stelle, da Di Maio a Patuanelli passando per D’Incà, «terranno una linea molto matura e responsabile, attenta alle evidenze scientifiche».
Draghi ha dato il via libera anche alla terza dose e Speranza anticipa la road map. Si partirà con le persone «che hanno una risposta immunitaria molto bassa, con i trapiantati, con alcune tipologie di malati oncologici, poi le Rsa, gli ottantenni e il personale sanitario». Quanto all’estensione del green pass, si augura che sia pronto entro la fine della settimana. Estenderete il certificato anche ai passeggeri di bus e metro? «Non mi risulta. Quel che è realistico è l’estensione alla pubblica amministrazione. Brunetta sta facendo un lavoro importante per riportare in presenza una parte significativa di persone che sono in smart working». E le aziende private? «Orlando e io pensiamo che vadano fatti passi avanti concordandoli che le forze sociali e non contro». Al G20 inizia la cena, ma prima di salutare Speranza gela le attese sul prezzo dei tamponi: «È stato già calmierato e va bene così. Adesso dobbiamo incentivare i vaccini, che sono gratuiti per tutti».