A battere tutti sul tempo è stato – e non poteva essere altrimenti – il dipartimento della Funzione pubblica di Marianna Madia, “padre” del decreto Foia sulla trasparenza della Pa; il dipartimento ha pubblicato online il modulo per il nuovo accesso già il 23 dicembre. Esattamente il giorno del debutto, senza attendere le istruzioni dell’Anticorruzione di Cantone, che sono arrivate a stretto giro, il 28 dicembre.
Rispetto alla bozza in consultazione, le linee guida Anac sull’accesso hanno semplificato molto le richieste di conoscenza dei dati trasmesse online. Non più, come sembrava in un primo momento, domande da corredare con firma digitale, Spid (Sistema pubblico di identità digitale, ovvero la password unica per tutta la Pa) e posta elettronica certificata, ma via libera a una semplice mail agli uffici in possesso dei dati o all’Urp con fotocopia del documento di identità.
È partita così la rivoluzione del Foia italiano (il Freedom of information act, dal nome della prima legge americana pioniera della trasparenza), il Dlgs 97/2016 al quale tutte le amministrazioni pubbliche dovevano adeguarsi, appunto, entro il 23 dicembre scorso e che spalanca per cittadini e associazioni la porta su un ventaglio più ampio di documenti e informazioni. Ma la lista delle eccezioni da tenere riservate comincia già ad allungarsi e obbligherà gli enti a una complessa valutazione. Senza contare poi che per chi fa “orecchie da mercante” alle richieste non sono previste sanzioni.
Il nuovo accesso generalizzato va oltre gli obblighi di trasparenza previsti finora. La conoscenza non è più limitata alle informazioni che comunque la Pa deve (o meglio, avrebbe dovuto) rendere note online (il cosiddetto accesso civico semplice), ma si estende anche a tutti gli altri atti, finora non conoscibili, perché non soggetti a pubblicazione obbligatoria.
Per citare un esempio, prendiamo le spese per il personale di un Comune. Finora la trasparenza (Dlgs 33/2013) imponeva di rendere noto solo il costo annuale complessivo per gli organici. Ora, invece, con il Foia sarà possibile chiedere (e ottenere) la spesa per un singolo ufficio o distinta per funzioni o ruoli. E ancora: i genitori potranno chiedere alla scuola dei figli il certificato di collaudo dell’edificio o conoscere il grado di rischio sismico. Questo strumento di controllo è in mano a chiunque; non ci sono limitazioni soggettive o posizioni specifiche da vantare: tutti possono richiedere i dati, anche se non collegati a un proprio interesse da tutelare. E senza obbligo di motivazione concreta. Ma come dimostra anche il grafico a fianco, il percorso da seguire può risultare complesso, soprattutto in presenza di controinteressati.
L’Italia arriva al controllo diffuso sulla macchina pubblica in ritardo: introdotto per la prima volta negli Stati Uniti nel 1966, il Foia è già legge in quasi 90 Stati (in Francia dal 1978, nel Regno Unito dal 2000).
Come funziona
A spiegare i meccanismi di questa nuova trasparenza sono per prime le linee guida dell’Autorità anticorruzione. Riassume Ida Nicotra, consigliera Anac con delega alla trasparenza: «Il diritto di accesso diventa la regola e le eccezioni sono le deroghe, tutte da motivare». Già, perché l’amministrazione quando dice “no” a una richiesta di accesso deve specificare nel dettaglio le ragioni del rifiuto. «È quantomeno opportuno – si legge nelle linee guida – indicare le categorie di interessi pubblici o privati che si intendono tutelare e le fonti normative che prevedono l’esclusione o la limitazione del diritto di accesso». Non sono ammessi, quindi, rifiuti «generici»; l’amministrazione deve indicare nel dettaglio (entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta) in quale eccezione all’accesso ricade la richiesta.
«Consigliamo agli enti pubblici di dotarsi al più presto di un regolamento per l’accesso, in cui indicare a quale sportello indirizzare le domande – continua Nicotra – e di istituire un registro di tutte le domande presentate».
Quello del registro è un suggerimento che servirà, poi, all’Anac per avviare il monitoraggio a un anno dalla partenza del Foia, insieme con il dipartimento della Funzione pubblica. Ma – come specificano le linee guida – il registro è utile anche alle amministrazioni «che in questo modo rendono noto su quali documenti, dati o informazioni è stato consentito l’accesso in una logica di semplificazione delle attività».
Le eccezioni
Sono di due tipi: assolute e relative. Quelle assolute sono anche automatiche, nel senso che non necessitano di valutazione discrezionale da parte della Pa: oltre al segreto di Stato comprendono tutti i casi di divieto di accesso già indicati in altre leggi. Le linee guida Anac ne elencano alcuni: segreto statistico, militare o bancario, industrale o professionale. Le eccezioni relative, invece, vanno viste dall’ente caso per caso, bilanciando l’interesse al controllo pubblico con quello alla tutela di situazioni specifiche. E qui l’elenco, del decreto prima e il dettaglio delle linee guida poi, è lungo. Gli interessi che prevalgono sulla trasparenza possono riguardare, ad esempio, la sicurezza pubblica, indagini penali o ispezioni.
Molto delicato, poi, è il fronte della «tutela della politica economica dello Stato». Secondo l’Anac, nel concetto di stabilità finanziaria che va preservata possono rientrare le informazioni «in possesso di Banca d’Italia, Mef, Consob o Isvap per la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario». Non solo: il “no” potrebbe coprire anche informazioni su singole banche o assicurazioni per evitare – sottolinea sempre l’Anac – «l’effetto contagio sul sistema finanziario italiano». Per capirci: un dossier scottante come quello di Mps potrebbe restare “coperto” in molti aspetti, proprio in nome della stabilità finanziaria.
Ma il Foia all’italiana ha anche un altro punto debole: la mancanza di sanzioni, amministrative e pecuniarie, a carico di chi non garantisce l’accesso. Per difendersi da un’amministrazione inerte o non trasparente c’è solo la via del ricorso, sia interno che al Tar.
Valeria Uva – Il Sole 24 Ore – 9 gennaio 2017