Colli di bottiglia nelle Regioni, residua burocrazia e medici di famiglia poco formati e informati hanno frenato il ricorso a questo antivirale, come del resto anche alle altre terapie disponibili. A limitare ancora di più il suo utilizzo è anche la platea dei possibili “beneficiari” che finora è circoscritta ai pazienti che presentano almeno una patologia importante – tumori in fase attiva, malattia cardiovascolare grave, insufficienza renale cronica, ecc. – che rischiano il ricovero, ed esclude a esempio tra i criteri di elezione quello della sola età. «Dovrebbe essere prescrivibile almeno per tutti gli over 75 oltre che per chi ha patologie importanti», spiega il microbiologo Guido Rasi in passato dg dell’Ema, l’Agenzia Ue del farmaco, e consulente dell’ ex commissario Figliuolo. Rasi sottolinea come «a fronte dei quasi 30mila positivi al giorno mi aspetterei almeno mille pazienti trattati con il Paxlovid. Penso che in vista dell’autunno questo non sia un bel segnale se vogliamo ridurre la mortalità per Covid che vede l’Italia sempre tra i primi Paesi. Perché nella guerra al Covid se il vaccino è il cannone gli antivirali ei monoclonali sono i nostri fucili. Perché non usarli subito tutti senza aspettare l’autunno?».
Secondo l’ultimo report pubblicato nei giorni scorsi dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, su un totale di 17.839 trattamenti di Paxlovid finora erogati in Italia – che ne ha acquistati 600mila in tutto – sono stati 2.210 quelli ritirati direttamente dai pazienti in farmacia, tramite distribuzione per conto. La decisione di farli prescrivere ai medici di famiglia risale al 21 aprile scorso, poi c’è stato il protocollo con i farmacisti e la distribuzione effettiva è iniziata solo i primi giorni di maggio. L’ultimo monitoraggio dell’Aifa arriva fino al 7 giugno: ecco dunque che in poco più di un mese solo 2200 italiani hanno potuto sfruttare la nuova procedura prescrittiva facilitata. Addirittura nell’ultima settimana monitorata (2-8 giugno) le prescrizioni – 437 in tutto – si sono ridotte dell’8% rispetto alla settimana precedente (erano state 478) e hanno raggiunto soltanto lo 0,35% dei positivi di quella settimana (125mila circa). Come mai così pochi farmaci erogati? «La procedura attivata forse è ancora troppo complicata: il medico di famiglia deve seguire un piano terapeutico come se si trattasse di una malattia cronica», spiega Rasi. Che aggiunge: «Forse qualcosa in più poteva essere fatto anche se l’Aifa alla fine il suo lavoro l’ha fatto per semplificare la procedura, il problema è soprattutto sul territorio visto che non tutte le Regioni si sono mosse rapidamente. Credo – aggiunge l’ex direttore generale dell’Ema – siano necessari dei sistemi di standard per incentivare l’utilizzo di questi farmaci come un piano di comunicazione e delle linee guida specifiche per i medici che vanno anche formati su queste nuove terapie. È il momento rodare la macchina questa estate in modo da farsi trovare pronti in autunno».
Il report dell’Aifa oltre al Paxlovid – l’antivirale più efficace finora anche se dagli Usa arrivano i primi dati su larga scala che mostrano come una percentuale dei pazienti resti positivo anche dopo il trattamento – conteggia anche l’antivirale Lagevrio (molnupiravir) di Merck: finora ad averlo assunto sono state 29.535 persone, ma anche qui c’è un calo rispetto alla settimana scorsa ancora più evidente (-16,33%). Sono stati infine 10.815 i pazienti trattati con il remdesivir (l’antivirale per via endovenosa) non ospedalizzati e 92.760 in regime di ricovero con necessità di ossigenoterapia.