Alessandro Mondo. Nel 2013 era stata interessata per la prima volta la provincia di Pavia. L’anno scorso è stata rilevata nel Novarese: positività riscontrata su un cavallo e alcune zanzare. Quest’anno si è rifatta viva nel Novarese e ha debuttato nell’Alessandrino (oltre che in Emilia e Lombardia), dove ha lasciato traccia di sè in un gufo (defunto) di allevamento.
Il virus
Ora si tratta di capire non se ma quando la «West Nile» o «febbre del Nilo» – forma virale con una mortalità complessivamente bassa ma che nei soggetti più deboli (anziani cronici, colpiti da altre malattie, immunodepressi) può produrre complicanze gravi, come la meningite – si dilaterà al resto del Piemonte: compreso il Torinese. Il periodo di diffusione è compreso tra aprile ed ottobre.
La trasmissione
La prima premessa è che la malattia, caratterizzata essenzialmente da una febbre persistente, si trasmette con il sangue ed ha come vettore la zanzara: non una specie qualsiasi ma la “culex”, un ospite in crescita in una regione che, oltre ai centri urbani, vanta 135 mila ettari di risaie. E’ la stessa specie in grado di diffondere malattie come la «Dengue» e la «Blue Tongue», una vecchia conoscenza non solo in Piemonte. Seconda premessa: l’unica strategia efficace per arginare la «West Nile» sono le azioni di contrasto alla diffusione del vettore, cioè della zanzara, fortemente ridimensionate negli ultimi anni a fronte della contrazione delle risorse regionali.
Stato di allerta
Resta la sostanza. Non a caso – a seguito dei campionamenti predisposti ogni 15 giorni dall’Ipla sugli animali e direttamente sulle zanzare, nelle stazioni di cattura (330 catture quest’anno, per 12 mila esemplari) -, è già scattato l’allarme. E questo, nonostante per ora non si registrino casi di passaggio del virus all’uomo.
L’impatto sulle donazioni
Un allarme che ha già investito i servizi trasfusionali delle province dove sono state registrate le prime positività. Come spiega Vittorio Demicheli, dirigente regionale ed epidemiologo, il protocollo di sicurezza prevede che le donazioni di sangue dalle aree colpite debbano essere testate per verificare eventuali compromissioni. Vale per ogni campione: come i 9 mila provenienti dal Novarese e dall’Alessandrino, già controllati con un costo di 100 mila euro per le casse dell’assessorato alla Sanità. Spesa che lieviterebbe, sfiorando il milione, se venissero trovate tracce del virus nel Torinese, forte di 150 mila donazioni l’anno. Tra le possibili conseguenze, anche il blocco delle donazioni di cellule staminali e del sangue cordonale.
Non solo. Chi ha soggiornato nelle province risultate «positive» al virus non può donare sangue fuori provincia per quattro settimane da che è rientrato a casa. La diffusione della «febbre del Nilo» promette un impatto economico e logistico, oltre che sanitario.
Regione assediata e senza soldi. Cancellata la prevenzione nelle risaie
Beppe Minello. Abbiamo scommesso e non ci è andata benissimo. Anche la lotta alle zanzare, dall’anofele alla temuta zanzara tigre ormai diffusa ovunque grazie alla sua capacità di depositare centinaia di uova in un bicchiere con appena mezzo dito d’acqua, ha dovuto e deve fare i conti con le risorse sempre più scarse della Regione Piemonte. E in particolare della Sanità da cui dipende l’esercito, di fa per dire, mobilitato per proteggerci dal fastidioso e, a volte, pericoloso insetto.
Risorse in calo
Due cifre sono illuminanti. Anni fa il Piemonte spendeva circa 7 milioni di euro contro le zanzare poi scesi a cinque e, quest’anno, ad appena un milione e mezzo.?Dicevamo della scommessa persa perché, l’anno scorso, la Regione decise di spendere nel 2014 il denaro del 2015 stanziato nel piano triennale. Purtroppo quest’anno, il caldo soffocante ha scatenato la prolificità delle zanzare, le ha rese più fastidiose e, soprattutto più forti, in grado di invadere zone anche a 20-30 chilometri di distanza. «Per fortuna che questa specie di zanzare non è pericolosa: ci fa solo grattare», spiega Igor Boni che guida l’Ipla, l’Istituto delle piante da legno che, a dispetto del nome, si occupa anche dell’impari guerra. Perchè per stare dentro agli scarsi fondi, quest’anno s’è rinunciato alla battaglia più importante in termini di quantità: quella nelle risaie che comportano un investimento di oltre 4 milioni di euro. «Servono gli elicotteri per spargere il “Bacillus thuringiensis” che uccide le larve ancora nell’acqua – spiega Boni – e poi impiegare oltre un centinaio di persone che indicano i “campi” invasi dalle larve». C’è da dire che in fase di stesura del bilancio, la Regiona ha stanziato ancora 400 mila euro per le risaie. Ma è poca roba. A dare una mano al Piemonte è il comportamento virtuoso del passato che pone la nostra regione in una situazione ancora abbastanza tranquilla: «Diciamo che siamo circondati – spiega ancora Boni – e che l’invasione delle zanzare arriva da Est, dall’Emilia, dalla Lombardia dove, per capirci, non si sono mai occupati delle loro risaie. Chiaro che se non ritorniamo ai metodi del passato i casi di Novara sono destinati a moltiplicarsi. E tenga conto che la scoperta della presenza dell’infestazione da Chikungunya nel Novarese è stata fatta grazie ai nostri protocolli operativi».
Centotrenta comuni
I filoni di intervento curati dall’Ipla sono di tre tipi. Oltre a quello nelle risaie c’è quello in ambito urbano e rurale per ridurre l’impatto della zanzara «Culex sp» e «Tigre». Sono 130 i Comuni che hanno aderito in tutta la regione ai 14 progetti dell’Ipla: ognuno paga una cifra diversa a seconda delle dimensioni (Torino contribuisce con 40 mila euro come i comuni più infestati tipo Alessandria o Casale) e la Regione contribuisce con pari cifra. Gli unici a non partecipare sono i comuni del Cuneese dove, evidentemente, hanno poche zanzare e di quelle poche se ne fregano. I fondi stanziati servono per gettare compresse da 2 grammi di «Difkubenzuron» nelle 215 mila caditoie 3-4 volte e uccidere le larve; per 1000 litri di «veleno» destinati alle acque libere; per 100 litri di sostanze piretroidi per uccidere le zanzare adulte.
La prevenzione
Paradossalmente le attività che possono dare risultati più duraturi, sono quelle previste dal terzo filone: quello informativo e di contrasto della diffusione dei vettori di patologie umane e animali veicolate dalle zanzare. Sistematicamente si disinfestano aeroporti dove arrivano voli da luoghi esotici, vivaisti e gommisti (gli pneumatici con un po’ d’acqua sono l’ambiente ideale per le zanzare) o quei luoghi frequentati da persone infette. L’anno scorso è stato disinfettato l’Amedeo di Savoia e la zona della Crocetta dove viveva una coppia di filippini ammalati. L’informazione nelle scuole e pure una pagina Facebook («Lotta alle zanzare in Piemonte») forniscono tutta una serie di misure buone per contrastare tutte le zanzare, dall’anofele alla tigre.
La Stampa – 25 agosto 2015