Miteni chiede il concordato preventivo al tribunale di Vicenza per scongiurare la chiusura. Tutta la vicenda Pfas, secondo i vertici dell’industria chimica di Trissino, ha messo la spa di proprietà del colosso Icig in condizione di non ricevere più credito dalle banche venete. «Miteni fa parte di un gruppo solido, non ci sono motivi per il ridotto accesso al credito. Il problema è la reputazione», dichiara l’amministratore Antonio Nardone, secondo cui gli istituti bancari sono «preoccupati a seguito delle polemiche strumentali contro l’azienda». Miteni conta circa 120 addetti ed è al centro del caso Pfas, i composti perfluoro-alchilici a catena lunga che qui fino ad alcuni anni fa venivano prodotti e che contaminano la falda dell’Ovest Vicentino, della Bassa Veronese e della Bassa Padovana. L’Arpav ha indicato una responsabilità da parte di Miteni — che respinge le accuse anche in base a una sentenza del Tribunale delle Acque — e la vicenda ha creato grande apprensione e mobilitazione fra la cittadinanza. La Regione ha avviato un maxipiano di analisi sulla popolazione coinvolta ed è in previsione un’indagine con successiva bonifica nei terreni sottostanti la ditta.
Ieri, però, la ditta ha portato le carte in tribunale. Si chiede un concordato preventivo in continuità aziendale, procedura che porterà ad un esame da parte di un giudice: questi poi incaricherà la società di redigere in quattro o sei mesi un piano di rientro dei debiti, parziale o totale. Da Trissino non si rende nota l’entità del «rosso» — che ammonterebbe a diversi milioni di euro — ma la società precisa che le criticità finanziarie si sono aggravate negli ultimi mesi, quando da una quindicina di linee di credito Miteni è passata a meno di cinque. In parallelo, per la ditta sarebbe impossibile oggi definire nei dettagli un piano industriale di rilancio per l’incognita del costo della bonifica, ancora non quantificato da parte delle istituzioni e che penderà in capo all’azienda. «Nonostante questo difficile contesto, l’azionista ha deciso di sostenere ancora Miteni e di investire ulteriormente. Ma nell’evidente necessità di un concordato — fa sapere l’amministratore — per poter attuare il nuovo piano industriale». Icig «dall’acquisizione non ha mai percepito dividendi», fa sapere l’azienda, assumendosi «oneri per problemi ambientali prodotti dalle proprietà precedenti». Quindi avrebbe imposto alla dirigenza vicentina il concordato, anche perché questo dovrebbe far emergere in modo chiaro e definitivo la futura spesa per la bonifica: cioè «quanto» costeranno i carotaggi e le altre messe in sicurezza dell’area Miteni.
La bonifica, dichiarano i vertici aziendali, con il concordato non verrà abbandonata: «La scelta degli azionisti è chiara, nessun disimpegno ma anzi un’accelerazione per arrivare a determinare gli oneri da inserire nel piano che dovrà essere valutato nei prossimi mesi del tribunale». Piano che porterà a una riconversione della produzione (oggi comprende ancora Pfas a catena corta): «Punterà su prodotti innovativi, con molecole anche non perfluorurate, in particolare in ambito farmaceutico».
Il Corriere del Veneto – 17 maggio 2018