A gettare scompiglio è Boyko Borissov: l’Unione pagherà le nuove dosi del vaccino Pfizer-Biontech 19,5 euro anziché 12, prezzo fissato nel primo contratto tra l’Europa e l’azienda americana. Il navigato primo ministro bulgaro fa scoppiare la polemica proprio nei giorni in cui fatica a formare un nuovo governo a Sofia. A Bruxelles l’indiscrezione non viene formalmente avvalorata, anche se una fonte interpellata da Reuters ne conferma la veridicità. Insomma, il prezzo del vaccino sale e l’Europa si piega.
Finora Ursula von der Leyen è stata criticata per essersi concentrata a strappare un buon prezzo nel primo round di contratti con Big Pharma tralasciando la sicurezza delle forniture. Non a caso si sospetta che AstraZeneca — il cui buco nelle consegne rallenta la campagna Ue — abbia privilegiato le nazioni che hanno pagato di più, trascurando il continente. Tanto che la Commissione ora ha promesso alle capitali che il nuovo contratto con Pfizer sarà diverso dai primi, blindato. Ora invece la critica è di pagare troppo, piegandosi alle multinazionali.
Bruxelles ha appena ottenuto dai governi il via libera a negoziare con Pfizer — il produttore che sta rispettando alla lettera il contratto tenendo in piedi la campagna continentale — un nuovo accordo per il 2022-2023 che prevede l’acquisto di 900 milioni di dosi e l’opzione per altre 900. L’obiettivo è sfruttare la tecnologia mRna contro le varianti, per i richiami annuali e per fornire il rimedio a bimbi e teenager. Ma, secondo i calcoli di Borissov, costerebbe «almeno 18 miliardi». Se il primo prezzo tra la compagnia e Bruxelles è stato fissato in estate, quando non c’era certezza su quale vaccino avrebbe avuto successo, ora in molti temono che Big Pharma speculi sui propri prodotti.
Cerca invece di ottenere il via libera dell’Ema Sputnik: ieri fonti russe hanno rivelato che gli esperti dell’Agenzia Ue sono arrivati sabato a Mosca per ispezionare le cliniche dove è stata condotta la sperimentazione del vaccino. «È in corso un dialogo costruttivo», hanno assicurato. Tuttavia le ispezioni più delicate per valutare efficacia e affidabilità del rimedio sono quelle nelle fabbriche. Inizialmente erano previste nel corso dell’attuale trasferta ma, filtra a Bruxelles, su richiesta russa sono state rinviate a metà maggio. Mosca, che da mesi pompa la propaganda in favore del proprio vaccino, non era pronta all’esame. L’eventuale via libera dell’Ema, teoricamente atteso per maggio, slitta così almeno a giugno.
Intanto è scaduto l’ultimatum di 20 giorni ad AstraZeneca per dare certezze sulle consegne: dopo i contatti dei giorni scorsi Bruxelles attende “rimedi” credibili da parte dell’azienda. In caso contrario, la Commissione è pronta a ricorrere di fronte alla giustizia belga per violazione del contratto. La speranza è che la sola minaccia sia sufficiente a convincere il produttore ad aumentare le forniture. In caso contrario, comunque, un passo così dirompente dovrebbe essere concordato con i governi.
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