Pfas, la Miteni di Trissino «dovrebbe essere spostata. In quella zona, ricca di falde, non dovrebbero esserci certe lavorazioni». Giampaolo Stopazzolo, direttore medico del distretto Ovest dell’Usl 8 Berica, l’ha messo in chiaro ieri rispondendo alle domande che molti vicentini hanno voluto rivolgergli in tempo reale in un’inedita (per l’azienda sanitaria) diretta video su Facebook.
E sempre ieri i Comuni di Lonigo, Sarego e Noventa con cinque municipi veronesi hanno spedito una lettera-diffida al governo, alla Regione, alle autorità locali (e per conoscenza al Papa) chiedendo la bonifica immediata e ipotizzando il disastro ambientale. Molteplici le domande di cittadini preoccupati, di seguito le abbiamo riassunte.
Cosa pensa dell’ipotesi dello spostamento della fabbrica Miteni da quella zona?
«L’azienda di Trissino ha cominciato nel 1965 a produrre queste sostanze, quindi è abbastanza logico pensare che in quarant’anni quanto è stato sversato possa aver inquinato. Certamente, quella fabbrica dovrebbe essere spostata. Perché in quella zona, ricca di falde, non dovrebbero essere fatte lavorazioni che possono portare a sversamenti di sostanze potenzialmente dannose alla salute».
Perché i limiti di Pfas nell’acqua potabile in Usa e Germania hanno livelli più bassi?
«Faccio presente che negli Stati Uniti non c’è una sanità pubblica, qui sì. È impossibile e arbitrario, oggi, capire il livello giusto: ci sono appena 70 pubblicazioni al mondo sui Pfas. Prudenzialmente, il governo italiano ha stabilito 500 nanogrammi litro per i Pfoa, 30 per i Pfos».
Cosa comporta lo studio in atto?
«Confronterà gli 80mila abitanti della zona “rossa”, esposta, con la popolazione non esposta. La Regione sta facendo un grande sforzo e investendo molto, 3 milioni solo quest’anno. Siamo nella condizione di essere i primi al mondo a dimostrare in modo corretto se certe sostanze sono dannose e a che livelli».
Che esami vengono svolti?
«Oltre a un questionario sugli stili di vita ci sono esami di urine e del sangue, creatininemia, colesterolo totale, acido urico, enzimi epatici, trigliceridi e tutti i tipi di Pfas. I Pfoa, quelli più presenti nella nostra situazione, hanno un tempo di dimezzamento nel sangue di 3,8 anni: noi rifaremo gli esami ogni due anni alla popolazione, quindi ci aspettiamo una caduta dei livelli».
Perché non fate gli esami su tutta la popolazione?
«I minori di 14 anni non vengono verificati perché l’aumento di Pfas nel sangue avviene per ingestione d’acqua, quindi il tempo di esposizione è minore visto che dal 2013 l’acqua di rubinetto è costantemente sotto le soglie ministeriali. Inoltre ci sono più difficoltà, nei bimbi, a fare interventi invasivi. Per gli over 65, c’è più possibilità che le patologie derivino dalle abitudini di vita dell’individuo».
Quali rischi corrono le donne incinte?
«Gli Pfas si trasmettono anche con il latte umano. Si è visto che, per le donne in gravidanza, c’è un aumento di diabete gestazionale, di ipertensione e minor crescita dei bambini. Ma è uno studio limitato, non sufficientemente significativo. La cosa interessante è che si è visto che dal 2013, nella zona rossa, il peso dei bimbi è tornato normale».
Quali accorgimenti saranno presi per i lavoratori della Miteni e per le donne incinte?
«Saranno oggetto di un particolare focus e una valutazione epidemiologica».
Quali rischi ci sono per i bambini che bevono acqua a Castelgomberto, Brendola e Altavilla?
«Non c’è alcun problema, l’acqua dei rubinetti dal 2013 non è più inquinata. Diverso il discorso dei pozzi, su cui stiamo facendo una serie di controlli».
Quali rischi ci sono per chi dona il sangue?
«Anche se ha livelli alti di Pfas dal 2013 ha smesso di essere esposto. Il sangue donato non danneggia i riceventi».
Ci sono rischi a mangiare frutta, verdura e carne?
«È vero che c’è un bioaccumulo di Pfas nel cibo, ma la percentuale è talmente bassa che per avere effetti bisognerebbe mangiare 15 uova al giorno, o 7 trote o più».
Andrea Alba – Il Corriere del Veneto – 1 marzo 2017