Nella giornata mondiale della Terra, una «passeggiata accerchiante» in difesa dell’acqua. Secondo le stime dei movimenti No Pfas, ieri a Trissino tremila manifestanti hanno pacificamente circondato lo stabilimento di Miteni, l’azienda accusata di aver causato fin dagli anni 70 l’immane contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche che tuttora interessa le province di Vicenza, Verona e Padova. Proprio la ditta ha ribadito il proprio impegno nello stop alle produzioni inquinanti («le acque che escono sono più pulite di quelle che entrano»), ma al sit-in hanno voluto partecipare anche i suoi dipendenti: «Siamo qui perché siamo in assoluto i più colpiti».
L’EVENTO. Bambini con mamme e papà, ma anche attivisti di numerose associazioni ambientaliste e cittadini arrivati in pullman dal Veneziano e dal Trevigiano, tutti in marcia nella zona industriale e lungo il torrente Poscola. Dal primo mattino fino al tardo pomeriggio, giochi di strada, banchetti informativi, mostre, dimostrazioni di buone pratiche, momenti di riflessione e di raccoglimento, musica con la cantautrice israelo-canadese Yael Deckelbaum: «Unitevi a noi nel prenderci cura del nostro pianeta e fare pace con la madre Terra». Il simbolico accerchiamento di Miteni è durato una ventina di minuti e si è concluso con l’accensione di fumogeni. «Vogliamo segnalare il crimine ambientale rappresentato non solo dalla Miteni, ma anche dalla Pedemontana, dalla Valdastico, dai milioni di particelle di Pm 10 che quotidianamente respiriamo anche nei nostri territori: vogliamo cambiare il sistema di sviluppo di questo nostro Veneto dal basso», hanno spiegato dal palco i promotori, incoraggiati dalla recente svolta nell’inchiesta della Procura berica. «Finalmente si procede per disastro ambientale, è quello che ci aspettavamo», ha commentato Gigi Lazzaro, presidente regionale di Legambiente. «Partiamo da qui, dalla sede di un crimine ambientale, da dov’è partito tutto l’inquinamento da Pfas, per chiedere un cambiamento», ha aggiunto Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace. «Chiediamo che la Miteni venga chiusa e che tutta l’area sia bonificata», ha rilanciato Monica Paparella delle Mamme No Pfas.
LE REAZIONI. La risposta dell’azienda non si è fatta attendere: «I dati Arpav del 2017 hanno rivelato che meno dell’1% dei Pfas che esce dagli scarichi industriali della zona appartiene a Miteni. È del tutto incomprensibile che alla luce di questo dato si chieda oggi la chiusura di Miteni visto che il suo impatto ambientale è positivo togliendo Pfas dall’ambiente con la pulizia della falda a fronte di scarichi sotto i livelli delle acque potabili. Sono dati oggettivi sui quali c’è un confronto costante con le istituzioni e sul quale più volte abbiamo invitato anche i comitati. Qui rinnoviamo il nostro invito a venire in stabilimento a vedere cosa è stato fatto e quali sono i risultati ottenuti, aiuterebbe a capire meglio come affrontare il problema che non può fermarsi agli slogan e alla protesta contro i simboli, altrimenti non troverà soluzione». Ma la Rappresentanza sindacale unitaria dei lavoratori si è schierata con la manifestazione: «Non con la volontà di rappresentare qualche parte sociale, ma col solo scopo di dar voce a noi stessi: prima ancora che da lavoratori, come liberi cittadini con tutti i diritti e doveri che ne conseguono. Siamo in assoluto i più coinvolti dalla vicenda sia per questioni di salute sia per ragioni di lavoro. Consci di questa nostra condizione chiediamo in modo chiaro e inequivocabile che vada salvaguardata la salute di tutti. Va salvaguardato l’ambiente, la terra nonché il bene primario e comune che essa racchiude: l’acqua». (A.Pe.)
IL GAZZETTINO – Lunedì, 23 aprile 2018