La prossima settimana la Miteni lavorerà a una nuova caratterizzazione di alcune zone ben definite interne al suo stabilimento di Trissino, ovvero effettuerà ulteriori scavi per capire se e a quale profondità siano presenti Pfas, Pfoe o altri inquinanti. In caso di riscontro positivo, l’azienda dovrà procedere alla bonifica, sempre a proprie spese. Il tutto sotto la supervisione dei tecnici dell’Arpav. È la prima conseguenza del rapporto dei carabinieri del Noe, secondo il quale i vertici della Miteni già 27 anni fa sapevano che alcune sostanze smaltite dallo stabilimento avevano intaccato l’ovest Vicentino e nel 2008 avevano scoperto Pfas nella falda, ma hanno taciuto. Ieri in Regione c’è stato un vertice tra l’assessore all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin, il direttore generale dell’Arpav, Nicola Dell’Acqua, il sindaco di Trissino, Davide Faccio e i rappresentanti della Provincia di Vicenza, che hanno condiviso la proposta di sottoscrivere a breve un protocollo d’intesa, da estendere eventualmente allo Stato, finalizzato al coordinamento, demandato a Palazzo Balbi, del procedimento amministrativo di caratterizzazione e bonifica dei terreni della Miteni inquinati da Pfas. Il tutto per garantire l’adeguato supporto tecnico all’amministrazione di Trissino. «Il municipio si costituirà parte civile nel procedimento contro la Miteni – annuncia Faccio – il comportamento tenuto dall’azienda è sconcertante. Sapeva di aver inquinato già dal 1990 e non ha detto nulla». Bottacin concorda: «Il dossier del Noe contiene elementi conoscitivi mai resi noti dalla proprietà dell’impresa e di rilevante gravità. Il protocollo servirà come piattaforma di riferimento per assicurare il massimo supporto al Comune di Trissino, cui spetta la competenza per la bonifica. I carabinieri hanno riconosciuto l’importanza di quanto previsto dalla delibera regionale del 14 febbraio, con il piano di carotaggi affidato all’Arpav. Una volta ultimata, la caratterizzazione dei terreni servirà a programmare con precisione la bonifica necessaria a fare chiarezza anche sulle responsabilità del danno provocato su ambiente e salute dalla popolazione. La relazione dell’Arma si riferisce solo al problema del suolo ma proseguirà comunque l’attività dell’Arpav anche per in merito alla rilevazione dell’inquinamento di acqua e aria. In tema di Pfas il Veneto è diventato riferimento a livello internazionale».
Sul piano giudiziario la relazione del Noe finita sulle scrivanie dei pm Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner non ha modificato o implementato, almeno per ora, i reati ipotizzati fin qui, ovvero adulterazione dell’acqua e inquinamento ambientale, e nemmeno il numero degli indagati. Ad oggi sono 10 gli avvisi di garanzia spiccati nei confronti dell’azienda Miteni e di nove manager (attuali ed ex). Prosegue anche il lavoro del pool di esperti nominati dalla procura: il professor Tony Fletcher, responsabile della Sanità pubblica britannica che ha condotto le ricerche in un caso analogo di inquinamento negli Stati Uniti, quello della Dupont, e quattro specialisti dell’Istituto superiore di Sanità. Un lavoro complesso, per il quale hanno già chiesto una proroga: dovranno analizzare gli studi su Pfas e «mini-Pfas» condotti finora (e spesso con risultati molto diversi), arrivando a stabilire quali siano i reali effetti di tali sostanze sulla salute e da quanto tempo i manager della Miteni fossero informati dei presunti effetti dannosi. Il Pd, con Andrea Zanoni, chiede alla Regione di chiudere lo stabilimento e chiedere i da nni.
Benedetta Centin – Il Corriere del Veneto – 16 giugno 2017