La Food and Drug Administration divulga i risultati sulla presenza di venti PFAS negli alimenti consumati negli USA tramite uno studio recente di dieta totale. I risultati non evidenziano la necessità di regolamentare la loro presenza, ma suggeriscono di implementare un piano mirato dedicato nei frutti di mare. La riduzione della contaminazione da PFAS negli alimenti passa anche attraverso un accordo con le ditte produttrici per la eliminazione dei PFAS a catena corta dai materiali di imballo a contatto con gli alimenti.
La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha pubblicato a febbraio 2022 i nuovi risultati di uno studio di dieta totale (TDS) per comprendere meglio e ridurre la potenziale esposizione ai PFAS dagli alimenti.
In questo sono stati considerati anche i PFAS che possono essere ceduti dai materiali a contatto ed è stato condiviso un aggiornamento sullo stato di avanzamento dell’eliminazione volontaria dal mercato di alcuni PFAS a catena corta utilizzati negli imballaggi alimentari.
I risultati dello studio sulla dieta totale più recente della FDA mostrano che 89 su 92 campioni di alimenti non avevano livelli rilevabili di PFAS (vedi allegato). Tre campioni di frutti di mare – tilapia, merluzzo e gamberetti – avevano livelli rilevabili di PFAS. I campioni alimentari analizzati sono stati raccolti nel contesto regionale FY2021 del Total Diet Study (TDS) e sono la quinta serie di test generali sull’approvvigionamento alimentare effettuati dalla FDA.
Ad oggi, solo 10 su 532 campioni hanno mostrato PFAS rilevabili nel corso dei TDS che la FDA ha organizzato a partire dal 2019. Sulla base delle conoscenze migliori disponibili, la FDA non ha prove scientifiche che i livelli di PFAS trovati nei campioni TDS testati fino ad oggi indicare la necessità di evitare qualsiasi alimento particolare.
Sebbene la FDA abbia riscontrato livelli rilevabili di PFAS in alcuni campioni di frutti di mare in questo ultimo TDS, come in quelli precedenti, le dimensioni del campione sono limitate e i risultati non possono essere utilizzati per trarre conclusioni definitive.
Tuttavia, è in corso un piano mirato già annunciato dalla FDA sui frutti di mare comunemente consumati negli Stati Uniti i cui risultati, attesi entro la fine dell’anno, aiuteranno l’agenzia a comprendere meglio la presenza di PFAS nei frutti di mare e a informare se sia necessario un campionamento aggiuntivo.
Rispetto agli studi precedenti, gli scienziati della FDA hanno esteso il metodo analitico da 16 a 20 molecole differenti di PFAS.
Per quanto riguarda l’eliminazione graduale del mercato di alcuni PFAS a catena corta, nel 2020, i produttori statunitensi di sostanze a contatto con gli alimenti contenenti PFAS si sono impegnati a eliminare gradualmente dal mercato in tre anni le loro queste sostanze, a partire dal 2021. Gli accordi sono in frutto di evidenze scientifiche post-commercializzazione dall’analisi dei dati della FDA, evidenze che sollevano potenziali problemi di sicurezza. I produttori si sono inoltre impegnati a fornire alla FDA aggiornamenti annuali che verranno pubblicati sulla pagina web della FDA.
Per quanto riguarda l’Italia, evidenze sulla presenza di PFAS nei molluschi bivalvi allevati sono state fornite dallo studio dell’Università di Milano – Scuola di medicina veterinaria (Chiesa et a., 2018), in cui le vongole risultavano più “suscettibili” di contaminazione. Peraltro, studi più recenti italiani stanno evidenziando la tossicità del composto C6O4, rilevato peraltro in differenti corpi idrici del Veneto, proprio nelle vongole (Ruditapes philippinarum), a segnalare che la presenza ambientale di tali composti impatta sia sulla food safety che sulla food security.
Informazioni disponibili al sito FDA
In allegato i risultati del TDS US-FDA, con l’elenco delle sostanze ricercate