È il più vasto inquinamento ambientale nella storia recente del Veneto quello provocato dai Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche di produzione industriale che – nell’arco di un trentennio – hanno avvelenato il suolo e le acque dell’Alto Vicentino irradiandosi nelle province limitrofe di Verona, Padova e Treviso, fino a contaminare una superficie di 180 kmq popolata da 350 mila persone. Un’emergenza rimbalzata in Parlamento, con la relazione della Commissione Ecomafie inequivocabile nella denuncia delle dirette responsabilità della Miteni, la multinazionale chimica di Trissino ora indagata dalla magistratura, e lesta a criticare la condotta della Procura di Vicenza e l’operato della Regione, giudicate non adeguate alla gravita dei fatti. Tant’è. Attaccata su più fronti, Miteni ribatte sul piano giudiziario con un ricorso al Tar che mira a bloccare l’iniziativa del direttore della sanità del Veneto, Domenico Mantoan; i legali dell’Intemation Chemical Investors (holding di riferimento della fabbrica vicentina) chiedono al tribunale amministrativo di «annullare» la nota del 17 dicembre scorso.
Nota inviata dal manager regionale agli assessori Luca Coletto (sanità), Gianpaolo Bottacin (ambiente) e Giuseppe Pan (agricoltura), nonché alla Provincia di Vicenza; nell’occasione, Mantoan citava le conclusioni del comitato tecnico-scientifico investito del caso Pfas, sottolineando l’incompatibilità della produzione chimica con l’habitat circostante fitto di risorgive che alimentano gli acquedotti, e invitava i soggetti istituzionali ad agire «a tutela della salute della popolazione» valutando «lo spostamento della sede produttiva» di Miteni attraverso una variante della pianificazione urbanistica.
Un “sollecito” che la multinazionale prova a neutralizzare con l’istanza di nullità, motivata dall’assenza di una normativa che indichi i valori limite dei Pfas nello scarico e in acqua potabile nonché alle percentuali massime tollerabili nell’ambiente e nell’uomo». Vabbé. Mantoan, en passant, vive a Brendola (nella “zona rossa” dell’inquinamento) e per decenni ha assaporato l’acqua contaminata, difficilmente mollerà l’osso. E la relazione della Commissione Ecomafie? In serata, un commento diffuso da Miteni la bolla come un «documento incompleto, privo di rigore scientifico che porta ad evidenti contraddizioni e ad una approssimazione inaccettabile».
Nel frattempo il piano di monitoraggio e profilassi procede con decine di migliaia di test medici e la Regione attende l’arrivo degli 80 milioni promessi dal Governo per la definitiva messa in sicurezza degli acquedotti. Sul piano politico, le schermaglie a distanza si susseguono. L’irritabile Bottacin, punzecchiato dalla senatrice Laura Puppato, ribatte dichiarandosi «stupefatto dal pressapochismo» dell’esponente dem che «si cimenta su argomenti dei quali ignora i contenuti» mentre l’Ecomafie “a maggioranza di sinistra” si accanisce contro il Veneto leghista e ignora la diffusione dei Pfas nella rossa Toscana. Più pragmáticamente. Pan istituisce un tavolo permanente per il sostegno alle imprese agricole danneggiate. Ecumenico, infine, il deputato del Pd Federico Ginato: «Continuare a rimpallare le responsabilità non serve a nulla, pianifichiamo una soluzione che garantisca la salute e l’ambiente». (Il Mattino di Padova – 12 febbraio 2017)
«Pfas, servirebbero 226 milioni per portare acqua pulita nelle città». Venerdì il Tavolo tecnico permanente tra agricoltura e bonifica
I soldi a Roma non sono ancora stati stanziati ma il piano di intervento è pronto e, non appena saranno disponibili gli 80 milioni promessi, nel bacino di Almisano arriverà acqua pulita, non inquinata da Pfas, dal Veronese e dal Padovano.
Ieri a Mestre, nella sede della Regione Veneto di via Torino, i consigli di bacino, Arpav, i servizi veterinari, le categorie del mondo agricolo e i tecnici regionali si sono riuniti nel Tavolo permanente di confronto sui Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche usate per insetticidi e antibatterici da almeno cinquant’anni. È però di recente, nel 2013, che è scoppiato il caso Pfas che ha coinvolto mezzo Veneto.
L’incontro, promosso dall’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan aveva all’ordine del giorno la costituzione di un tavolo permanente per analizzare la situazione e per definire le azioni future a sostegno delle imprese agricole in relazione alla tematica dell’inquinamento da Pfas.
Il compito di questo tavolo sarà quello di lavorare in maniera sinergica, sotto il coordinamento dell’Assessorato all’agricoltura e bonifica, per valutare i problemi riferibili al settore irriguo e identificare le soluzioni tecniche e progettuali praticabili. Per garantire la massima attività di autocontrollo da parte degli agricoltori, l’assessore Pan ha proposto inoltre di definire con Arpav un progetto strategico per il monitoraggio delle acque di abbeverata degli animali, per la produzione di alimenti e ad uso irriguo.
Al termine dell’incontro l’assessore Pan ha sintetizzato che si è trattato di un ulteriore momento di confronto dal quale è chiaramente emerso come il settore agricolo si trovi a subire l’inquinamento senza averne alcuna responsabilità.
«Dallo scorso giugno è la quinta volta che ci troviamo, vogliamo essere preparati allo stanziamento dei famosi 80 milioni di euro – ha detto ieri, a margine del Tavolo, il sindaco di Arzignano (Vicenza) e presidente del consiglio di bacino Val di Chiampo, Giorgio Gentilin – abbiamo predisposto una prima lista di fattibilità dell’impiantistica da realizzare».
In realtà, è emerso ieri, servirebbero 226 milioni di euro per portare acqua «pulita» nei territori dove è stata rilevata la presenza di Pfas ma al momento la somma non è disponibile. «Dovremmo essere sulla buona strada – ha spiegato l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin – sono in contatto con il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e ho scritto al premier Paolo Gentiloni, l’istruttoria non è conclusa, deve riunirsi il Cipe ma abbiamo avuto conferme che non dovrebbe mancare molto».
Una volta stanziati i soldi, potranno essere redatti i progetti e bandita la gara d’appalto per i lavori che da subito lavoreranno su due tratti. «Il “tratto A” collega Padova a Almisano e “il tratto B” parte da Belfiore, nel Veronese e anche questo arriva ad Almisano – ha aggiunto Gentilin – lo spirito è che il Veneto contribuisce con le sue acque pulite nelle zone violate da un inquinamento pluridecennale».
Ieri i tecnici hanno spiegato che il pacchetto di interventi potrebbe attuarsi in cinque anni e, non toccando più le falde inquinate, queste dovrebbero rigenerarsi. Di Pfas non si è discusso però solo a Mestre, tre giorni fa a Roma la Commissione parlamentare sulle ecomafie ha presentato la relazione sulla contaminazione della falda. Il documento sottolinea che servono azioni urgenti e chiede, tra l’altro, di applicare alla ditta vicentina Miteni, individuata come fonte principale di sversamento di queste sostanze, la legge sugli ecoreati. «Il barrieramento in atto dentro e fuori lo stabilimento industriale è tuttora insufficiente a bloccare la diffusione delle sostanze», si legge.
A due giorni di distanza, arriva la replica di Miteni: «Stiamo studiando la relazione ma già dalla prima lettura emerge che è incompleta e priva di rigore scientifico, ci si accusa di non fornire gli esiti degli esami clinici sui lavorati ma non ci sono mai stati chiesti – ha spiegato l’azienda in una nota – si accusa di immettere scarichi sopra i limiti e al contempo si legge che i limiti sono rispettati, inoltre si afferma che i filtri non fermano gli inquinanti ma Arpav dice il contrario». (Il Corriere del Veneto – 11 febbraio 2017)
Ok regionale a Miteni. Il no dell’Ulss 8 non basta. Parere favorevole della commissione ambiente per un nuovo impianto di cogenerazione a metano
Il No e dell’Ulss 8 alla Miteni, anche se poi la richiesta dell’azienda di Trissino, coinvolta nello sversamento nel composto chimico dei Pfas che spaventa tre province venete e migliaia di persone, è passata a maggioranza sul tavolo della commissione tecnica regionale per l’ambiente. La richiesta era di installare nello stabilimento di Trissino un impianto di cogenerazione di 2 Mwe alimentato a metano. Ebbene, alla fine, dopo una lunga, articolata (e anche accesa) discussione, il parere consultivo è stato positivo. Dodici i voti favorevoli. Hanno detto “sì” altrettanti tra esperti esterni e tecnici delle varie direzioni regionali. Due i voti contrari. Hanno detto “no”, appunto, il rappresentante dell’Ulss Adolfo Fiorio, neocapo del dipartimento prevenzione dell’azienda Berica e un esperto, il trevigiano Marco Stevanin. Determinato Fiorio, che ha proposto una riflessione sul fatto che, proprio riguardo alla Miteni, gli enti competenti in materia di ambiente sono stati invitati dal direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan ad adottare tutti i provvedimenti idonei a tutelare la salute e a rimuovere la principale causa di contaminazione individuata, cioè l’inquinamento causato dal velenoso cocktail dei perfluoroalchilici. A questo punto il presidente della commissione Alessandro Benassi, che è anche il responsabile del dipartimento ambiente della Regione, ha obiettato che non si trattava «di autorizzare nulla ma solo di dare un parere propedeutico» e ha invitato Fiorio ad esprimere una valutazione dell’Ulss dal punto di vista sanitario, ma l’esponente della Berica ha ribadito che «rispetto alla prospettiva di spostare la Miteni sul territorio» un provvedimento del genere sarebbe apparso contraddittorio.
«L’invito è di usare la massima cautela in merito alle ricadute sull’ambiente e sulla salute. La richiesta è coerente con questa necessità?». Per questo il voto contrario: «Un impianto del genere comporta un sia pur minimo incremento dell’impatto generale e vale come approvazione della presenza dell’azienda nell’attuale sito».
A dare man forte all’Ulss 8 Stevanin: «Serve una valutazione di impatto cumulativo ante e post-operam». Ma il doppio “no” non è servito. La commissione ha deciso diversamente, sia pure con alcune prescrizioni. ·(Il Giornale di Vicenza – 12 febbraio 2017)