I dieci giorni imposti dalla Provincia sono stati rispettati, ma ora la Miteni chiede più tempo per le verifiche necessarie ad individuare la perdita che avrebbe fatto fuoriuscire il GenX dallo stabilimento: «Hanno chiesto di avere più di un mese di tempo per la verifica degli impianti e delle tubature, valuteremo in sede di tavolo regionale». Le parole sono del consigliere delegato all’Ambiente della Provincia, Matteo Macilotti, e si riferiscono alla scadenza imposta da Palazzo Nievo all’azienda di Trissino, al centro del caso dell’inquinamento da Pfas rilevato nel territorio fra le province di Vicenza, Verona e Padova e, da poco tempo, pure sotto osservazione per la rilevazione in falda dell’acido GenX.
La sostanza è analoga al composto Pfoa (un tipo di Pfas) ed è stata riscontrata in Miteni per il fatto che l’azienda dal 2014 tratta anche rifiuti olandesi (con autorizzazione regionale) fra cui proprio l’acido GenX. Un’analisi di Arpav (Agenzia regionale per la protezione ambientale) ha riscontrato il composto in falda nell’area sottostante la fabbrica e da qui sono iniziate tutte le azioni delle istituzioni, fra cui quella della Provincia, che lo scorso 17 luglio ha diffidato l’azienda prescrivendo la sospensione degli impianti e ponendo un ultimatum di 10 giorni per presentare un cronoprogramma delle «specifiche attività da attuare per la verifica della tenuta delle linee dello stabilimento». Insomma, la Provincia ha chiesto a Miteni di stendere un piano dettagliato – condiviso con Arpav – per capire da dove è fuoriuscito il GenX. L’azienda ha risposto con un fascicolo «molto corposo» inviato a Palazzo Nievo il 26 luglio: «C’è tutto quello che avevamo richiesto» precisa Macilotti. Nel documento, la Miteni avrebbe suddiviso l’analisi delle tubazioni in due fasi: prima quelle sotterranee, che l’azienda si è presa l’impegno di effettuare «entro 30 giorni», poi quelle aeree, ovvero le tubazioni non interrate, per le quali però da Trissino si chiede più tempo. Ora però la palla spetta al comitato tecnico regionale sull’inquinamento da Pfas, convocato per oggi e al centro del quale finirà proprio il piano presentato da Miteni.
In attesa dell’incontro odierno, ieri a Vicenza si sono confrontati la Provincia con il gruppo della Mamme No Pfas. «Abbiamo spiegato con molta chiarezza che, prima di prendere qualsiasi provvedimento sull’industria chimica Miteni, valuteremo attentamente le risposte dell’azienda su due questioni: le cause dello sversamento di GenX e il piano di verifica degli impianti messo a punto dall’azienda con Arpav» avverte Macilotti. Michela Piccoli, in rappresentanza dei genitori No-Pfas, spiega di aver «fatto presente all’ente che se le istituzioni non sono ancora pronte a difendere i 350mila abitanti della zona interessata, la Miteni la faremo chiudere noi – dichiara – da parte della Provincia ci è stato detto chiaramente che l’intenzione di massima è di non rinnovare più all’azienda l’Aia, autorizzazione integrata ambientale. Però si attende l’esito dell’iter di verifica, con scadenza il 27 agosto. Dopo quella data torneremo a farci sentire».
Intanto Francesca Businarolo e Sara Cunial, deputate di Verona e Vicenza del Movimento 5 Stelle, hanno presentato un esposto al Csm per «accertare se ci siano state eventuali mancanze da parte della magistratura rispetto alle iniziative da prendere a tutela della popolazione», con riferimento va all’autorizzazione regionale, rilasciata nel 2014, al trattamento dell’acido GenX. Ma non è tutto.
Sull’inquinamento da Pfas ieri è intervenuto pure il consiglio regionale, con una risoluzione che impegna la Giunta veneta di Luca Zaia ad azioni precise sul tema, fra cui «assumere il ruolo di coordinamento nell’indagine per la bonifica del sito industriale della Miteni – si legge nel testo – valutando l’ipotesi di chiusura del sito», ma anche «individuare le azioni legali più opportune per l’ottenimento di risarcimenti in caso di fallimento dell’azienda Miteni spa».
corveneto