I consumatori chiamano in causa allevatori e agricoltori. Allevatori e agricoltori chiamano in causa la Regione. La Regione chiama in causa «Roma» e in particolare il ministero dell’Ambiente. Il capogruppo della Lega in consiglio, Nicola Finco, ieri, durante la discussione sulla «risoluzione Pfas» poi approvata all’unanimità, ha picchiato duro sul ministro Gian Luca Galletti e il sottosegretario Barbara Degani («Dov’è finita? Batta un colpo») e all’ex presidente della Provincia di Padova si è rivolto anche l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, dopo l’incontro con Coldiretti, Cia, Anpa e Confagricoltura.
Lei, però, non ci sta a che il Governo faccia da parafulmine in questa intricata vicenda, di cui ancora non sono chiari i responsabili. «Innanzitutto ricordo che l’allarme non è partito dalla Regione ma dal ministero, che commissionò lo studio al Cnr e poi ne trasmise d’urgenza i risultati a Palazzo Balbi, all’Arpav e all’Istituto superiore di sanità – dice Degani -. Senza di noi, dunque, non ci sarebbero stati né l’allerta né il monitoraggio».
Poi c’è la questione dei limiti di legge, che non ci sono e devono essere stabiliti dal Governo, senza i quali, dice la Regione, è impossibile imporre alcunché alle aziende nel mirino (la Miteni di Trissino su tutte) e stabilire con certezza quando sussista un pericolo per la salute e quindi si debbano chiudere i rubinetti. «Anche in questo caso – continua Degani – la realtà è un po’ diversa: i limiti per le acque potabili sono determinati da una direttiva Ue del 2013, recepita dall’Italia nel 2015 e va dato atto ad Arpav d’essersi mossa in anticipo, già nel 2014, con i filtri a carboni attivi negli acquedotti. Poi ci sono i limiti per le acque sotterranee, le falde da cui pescano i pozzi: in questo caso la direttiva è del 2014, recentissima come lo sono gli studi sulle Pfas, e va recepita entro luglio. La bozza è pronta da marzo e stiamo attendendo il via libera degli altri ministeri coinvolti, dunque siamo al lavoro. Nel frattempo, le Pfas sono state inserite anche nel Piano di gestione delle acque del distretto idrografico della Alpi orientali, pure approvato a marzo, il che ci permetterà di programmare gli interventi nel lungo periodo».
E nel breve? Ad esempio, chi pagherà le bonifiche delle falde contaminate? «Il principio giuridico alla base del codice dei reati ambientali è chiarissimo – conclude Degani -: chi inquina, paga.Un esposto è depositato in procura a Vicenza da agosto 2013. Dopo di che se sarà impossibile determinare i responsabili, anche per oggettive carenze normative, verificheremo altre soluzioni. Esistono i presupposti per dichiarare l’area “Sin”, sito di bonifica di interesse nazionale? Esiste un progetto per la decontaminazione? Quanto costa? Quando avremo le risposte, il Governo farà la sua parte, interloquendo con la Regione, come ha sempre fatto. Ricordo che il Veneto è stata la prima regione per fondi contro il rischio idrogeologico, oltre 100 milioni, insomma, quando ha chiesto, ha avuto».
Sul tema delle responsabilità ieri è intervenuto anche il governatore Luca Zaia: «Affrontiamo questa partita con serietà e non voglio vedere polvere sotto il tappeto. Se ci sono responsabili che si possono perseguire li perseguiremo fino in fondo. Nel frattempo non sto né con chi dice “non è nulla” né con chi fa soltanto allarmismo».
Ma. Bo. – Il Corriere del Veneto – 27 aprile 2016