Non è stata ancora completamente e precisamente individuata la fonte dei contaminanti, vecchi ma tuttora potenti, che avvelenano la falda sotto la sede della ditta Miteni a Trissino. L’hanno annunciato ieri Regione e Arpav, facendo il punto della situazione sul caso delle sostanze perfluroalchiliche che interessano le province di Vicenza, Verona e Padova, alla luce dei risultati emersi dai recenti carotaggi; l’acqua che arriva agli utenti è pulita grazie ai filtri a carboni attivi collocati a valle, ma a monte persiste l’origine de problema. Dunque le indagini continuano, mentre Palazzo Balbi incassa il riconoscimento della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali.
LA RELAZIONE Lungo il Canal Grande è stato particolarmente apprezzato il passaggio dell’ultima relazione approvata, in cui deputati e senatori affermano che «sarebbe necessario definire in modo completo la fissazione dei limiti per tutti i Pfas e in tutte le matrici ambientali, e tale compito spetta al Ministero dell’Ambiente». Dopo tre anni di polemiche sul “chi fa cosa”, dunque, è stato messo un punto sulla vicenda. «Non per questo siamo stati fermi – ha commentato Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente – e siamo intervenuti immediatamente per far fronte a questa forma di inquinamento che all’epoca rappresentava una novità, fissando noi i limiti, a costo di ricevere tante critiche e pure 34 ricorsi. Ora siamo all’avanguardia a livello nazionale ed europeo, grazie all’enorme lavoro messo in campo in questi anni. Stiamo procedendo su più fronti: acque potabili, scarichi industriali, caratterizzazione del sito della Miteni in vista della bonifica. L’obiettivo della nostra azione è la salvaguardia ambientale e la tutela della salute, anche se per la soluzione definitiva del problema ci vorrà ancora tempo».
LA CAUSA Soprattutto perché la causa del fenomeno deve ancora essere compiutamente circoscritta, al di là dei sacchi di rifiuti tossici scoperti lungo il torrente Pascolle, dove sarebbero stati interrati durante le precedenti gestioni aziendali di Miteni. « In seguito all’accordo raggiunto qualche giorno fa in sede di conferenza dei servizi – ha spiegato Paolo Campaci, direttore regionale delle bonifiche – sono state avviate analisi integrative dei terreni all’interno dello stabilimento, con carotaggi a maglia stretta, per cercare i punti cruciali della fonte inquinante e intervenire con la bonifica. Purtroppo in questi mesi c’è stato un leggero peggioramento rispetto alle prime indicazioni dello scorso anno: ad agosto la concentrazione di Pfas era scesa sotto il tetto dei 500 nanogrammi, invece ora è risalita a 800-1.000. Parliamo di un dato enormemente inferiore ai 30.000 nanogrammi del 2013, ma questo aumento segnala comunque la presenza di altri contaminanti, scoperta adesso a causa delle modifiche idrogeologiche del sottosuolo che hanno provocato di recente un abbassamento della falda». Per capirne di più è stata chiesta la collaborazione di un esperto dell’Università di Milano, che andrà ad aggiungersi aquelle già in corso con gli atenei di Padova e Verona e, tramite quest’ultima, anche con La Sapienza di Roma.
IL COMMISSARIAMENTO Nel frattempo Arpav è impegnata su due fronti. «Da un lato ha spiegato il direttore Nicola Dell’Acqua – siamo diventati il punto di riferimento della rete nazionale delle Agenzie di prevenzione e protezione ambientale sul tema Pfas e sulle modalità con cui affrontare altri inquinanti emergenti. Dall’altro la relazione della Commissione bicamerale rafforza le considerazioni, già all’esame della Protezione Civile nazionale e del ministero dell’Ambiente, che hanno accompagnato la richiesta dello stato di emergenza, in accordo con i consigli di bacino degli enti gestori del servizio idrico». Il commissariamento potrebbe essere deliberato dal governo in carica, in una delle sue ultime sedute a marzo.
Il Gazzettino – 2 marzo 2018