Inchiesta Pfas: la procura di Vicenza ha nominato un pool di esperti, addirittura un super esperto inglese, il professore che condusse le ricerche in un caso analogo di inquinamento negli Stati Uniti, quello «famoso» della Dupont. Si tratta di cinque specialisti del settore, quattro dei quali dell’Istituto Superiore di sanità, che dovranno analizzare gli studi su Pfas e «mini-Pfas» realizzati finora (e spesso con risultati molto diversi) arrivando a stabilire quali siano i reali effetti delle sostanze perfluoro alchiliche sulla salute, se facciano effettivamente male e da quanto i manager della Miteni, azienda di Trissino sospettata di essere la principale responsabile dello sversamento, erano informati dei presunti effetti dannosi.
Molto dipenderà dall’esito di questa superconsulenza epidemiologica – un lavoro articolato e complesso – che i sostituti procuratori Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner hanno affidato al professor Tony Fletcher, attuale responsabile della sanità pubblica britannica, e a quattro esperti dell’Istituto Superiore di sanità, primo tra tutti Luca Lucentini, direttore del reparto Igiene delle acque interne del Dipartimento di ambiente e connessa prevenzione primaria. Un nome altisonante quello di Fletcher: per chi non lo conoscesse fece parte del gruppo di esperti indipendenti nominati dal tribunale dell’Ohio per gestire lo storico e paradigmatico caso di inquinamento da Pfas provocato dalla Dupont, nel 2008. Ora si occuperà del caso italiano, delle sostanze inquinanti scaricate nella falda acquifera che serve una vasta zona a cavallo tra le province di Vicenza, Verona e Padova, e che da lì è finita all’acquedotto e infine nel sangue di migliaia di cittadini. Un passaggio, la superconsulenza, che arriva dopo il sequestro dell’area in cui sono stati rinvenuti rifiuti industriali sepolti, dopo gli avvisi di garanzia spiccati nei confronti di nove manager (attuali ed ex) della Miteni, e il più recente sequestro in azienda (negli sedi della Miteni di Trissino e in Lombardia) di una grande mole di documentazione cartacea (a partire dall’epoca antecedente al 2009), di supporti informatici, email, pc. Materiale acquisito dai carabinieri del Noe di Treviso a cui toccherà anche vagliarlo attentamente.
L’obiettivo della procura è ricostruire l’utilizzo dei Pfas nelle fasi di produzione e nell’arco di tempo preso in considerazione, chiarire anche in questo caso se l’azienda fosse consapevole della dannosità delle sostanze e a partire da quando. Risposte che, assieme a quelle fornite dai cinque specialisti, saranno importanti per definire la posizione degli indagati a cui è stato contestato il reato di adulterazione dell’acqua (cinque rispondono anche di inquinamento ambientale). Sulla copertina del fascicolo compare anche il nome della Miteni, che si è sempre difesa sostenendo che «la produzione di Pfas a catena lunga è cessata sin dal 2011». Ed intanto sono già scattati alcuni esposti in procura di privati e una quarantina di sindaci hanno sfilato o a Lonigo per chiedere acqua pulita.
Il Corriere del Veneto – 26 marzo 2017