«Dobbiamo fare ogni sforzo necessario per difendere i diritti dei nostri cittadini…». È un passo della lettera inviata dal sindaco di Lonigo, uno dei comuni della fascia ad alto rischio per la contaminazione da Pfas, agli altri colleghi interessati dal problema. All’interno, la proposta di creare «un comitato scientifico per lo studio e l’approfondimento delle tematiche relative alle tossicità presenti e indotte nel ciclo integrato dell’acqua».
L’idea del sindaco Luca Restello è di affidare a un ente terzo (l’Istituto Mario Negri di Milano) un nuovo studio sui pericoli per la salute rappresentato dalle sostanze perfluoroalchiliche, dopo quello reso pubblico nei giorni scorsi che, se da un lato assicura che le Pfas non hanno comportato un incremento dei tumori, dall’altro dice che potrebbero essere responsabili di altre patologie, anche gravi, che sembrano colpire in particolar modo le donne in gravidanza e i loro bambini. In quella relazione emerge infatti «come siano stati evidenziati in particolare l’incremento della preeclampsia, del diabete gestazionale, dei nati con peso molto basso alla nascita, dei nati piccoli per età gestazionale e di alcune malformazioni maggiori, tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche».
Alla paura, i sindaci rispondono organizzando un fronte comune. Per ora all’appello di Lonigo hanno risposto in sette (su 21 paesi interessati), ma altri potrebbero aggiungersi. E ieri Restello ne ha parlato direttamente con il manager della Sanità veneta, Domenico Mantoan. «Il Comitato scientifico – spiega il primo cittadino – avrà il compito di chiarire definitivamente quali siano gli effetti sulla salute delle sostanze inquinanti, Pfas ma non solo, presenti nelle nostre falde». Non c’è soltanto il sospetto che i tumori – a dispetto di quanto contenuto nel dossier – stiano aumentando («Le diagnosi di cancro ai testicoli nel mio comune sono l’80 per cento in più della media», spiega Restello) ma preoccupa anche l’aumento del 25% delle morti dovute a problemi cardiovascolari. «Il Comitato scientifico è solo un primo passo – precisa il sindaco – vogliamo l’immediato trasferimento della Miteni, l’azienda sospettata di aver provocato l’inquinamento».
Ieri il presidente della Provincia di Vicenza, Achille Variati, ha annunciato di aver avviato il procedimento di riesame dell’autorizzazione ambientale rilasciata alla ditta. «Il Settore Ambiente – spiega – ha attivato tavoli di confronto con Arpav per approfondire l’attuale autorizzazione rilasciata dalla Regione». Ma il punto è (anche) un altro: «Un problema di inquinamento così ampio non può essere affrontato da un sindaco solo, o dalla Provincia, ma dalla Regione e dal Ministero dell’Ambiente».
La stessa questione viene sollevata dal sottosegretario all’ambiente Barbara Degani: «Quando c’è di mezzo la salute non si può giocare allo scarica barile. Rispetto alla questione Pfas, di sua competenza, in questi anni la Regione ha dormito sonni profondi ed è inaccettabile che si risvegli puntando il dito a destra e a manca raccontando bugie a profusione imputando ad altri le proprie responsabilità».
Giampaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente il cui nome (con quelli dei colleghi Giuseppe Pan e Luca Coletto, e di Variati) compare nell’esposto presentato dal comitato Terra dei Pfas, assicura «massima fiducia nell’operato della procura, tutto quello che dovevamo fare lo abbiamo fatto. Noi ci siamo attivati subito, una volta ottenuto da Roma nel 2013 lo studio del Cnr. E oggi si può bere tranquillamente l’acqua dal rubinetto». Gli 80 milioni promessi dal governo al Veneto per contrastare i Pfas? «Me ne ha dato conferma il ministro Galletti due giorni prima della caduta del governo Renzi – prosegue Bottacin – pur senza specificare la cifra. Il governo è cambiato, ma il ministro è lo stesso. Ora siamo ora in attesa di ciò che dirà il premier Gentiloni».
Il Corriere del Veneto – 12 gennaio 2017