Si alza il livello di sicurezza a tutela della salute collettiva di fronte al pericolo Pfas. Venerdì scorso la Regione ha emanato un’ordinanza che proibisce il consumo del pesce catturato nei fiumi dei 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova le cui acque sono state contaminate dalle sostanze perfluoro alchiliche (di derivazione industriale). Il nuovo divieto, che si aggiunge a quello di pesca imposto nella stessa «zona rossa» nella stagione invernale, sarà in vigore a giorni (dopo la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale), ma ieri è stato annunciato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. «E’ in fase di completamento un monitoraggio finalizzato a valutare la contaminazione da Pfas degli alimenti in alcune aree del Veneto — ha spiegato —. Il programma ha preso in esame un campione statisticamente significativo di prodotti di origine animale e vegetale provenienti da allevamenti e coltivazioni sia intensivi che rurali. Sono stati raccolti oltre 1100 campioni e il termine delle attività è previsto per fine mese. Posso comunque anticipare che i risultati raccolti finora non hanno segnalato criticità tali da richiedere l’adozione, in itinere, di misure particolari. Unica eccezione, emersa nella riunione organizzata dalla Regione lo scorso 11 ottobre a Venezia, è relativa al livello di contaminazione rilevato in campioni di alcune specie ittiche raccolte nelle acque interne. In merito a tali riscontri, l’Istituto superiore di Sanità (Iss) ha concordato con la Regione l’opportunità di definire misure di natura precauzionale, quali il divieto di consumo del pesce di cattura nelle aree interessate».
Non ci sono però sanzioni per i trasgressori e per il consumatore è praticamente impossibile conoscere la provenienza del pesce fresco. «Il commerciante è tenuto a segnalare, sul cartellino che espone sul bancone o in vetrina, oltre al prezzo la provenienza del pesce fresco, limitata però all’indicazione “italiano” o “estero” — rivela Fiorenzo Capuzzo di Confesercenti —. Insomma, l’unica è affidarsi al negoziante. In ogni caso il pesce d’acqua dolce rappresenta una minima parte di quello venduto, fatta eccezione per la trota. Luccio, persico, carpa, tinca e storione sono spariti dalle nostre tavole, solo qualche straniero li richiede. Lo stesso dicasi per l’anguilla, fatta eccezione per quella di Comacchio. E comunque, proprio per evitare problemi, credo che i commercianti si guardino bene dall’acquistare pesce proveniente dalla zona rossa».
Tornando all’audizione del ministro, c’è anche una buona notizia: «Allo stato i valori dei Pfas in Veneto, in particolare Pfos e Pfoa, in tutti i territori interessati risultano circa 10 volte inferiori ai valori massimi di performance indicati dall’Iss nel 2014. In particolare si è potuta riscontrare la sostanziale riduzione delle concentrazioni di Pfos e Pfoa nelle acque: ciò per ragioni riconducibili principalmente all’evoluzione delle tecnologie di trattamento e a un costante potenziamento dell’efficienza dei sistemi idro-potabili». Quanto allo screening sui residenti nei 21 Comuni interessati dalla contaminazione, in commissione il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi, ha avvertito che la plasmaferesi, una sorta di pulizia del sangue che la Regione ha messo gratuitamente a disposizione di chi la richiede, «è un intervento invasivo per rimuovere sostanze tossiche dall’organismo». «Al momento non ha evidenze scientifiche — ha aggiunto Ricciardi — e riteniamo che sottoporre delle persone a tale trattamento esponga anche a rischi medico-legali».
Sul tema è intervenuto pure Matteo Renzi, che ieri tra Vicenza e Verona ha ricevuto una delegazione di «Mamme no Pfas» e «Genitori attivi» sul treno «Destinazione Italia», promettendo un aiuto per lo sblocco dei famosi 80 milioni promessi dal governo per realizzare nuovi acquedotti nella zona rossa e mai arrivati. «Posso chiamare i ministri Gianluca Galletti e Beatrice Lorenzin, il premier Paolo Gentiloni — ha detto Renzi —. E stare loro col fiato sul collo». «Se ci sono i soldi ce li dia — replica Gian Paolo Bottacin, assessore all’Ambiente —. I progetti preliminari sono già stati inviati a Roma, quelli esecutivi verranno redatti da chi si aggiudicherà l’appalto integrato» (Il Corriere del Veneto)
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15 novembre 2017