Ultime precisazioni della Regione in merito al «caso Pfas» e al braccio di ferro con il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che venerdì ha mandato i Nas a Palazzo Balbi e negli ospedali di Padova e Vicenza a sequestrare la documentazione e le cartelle cliniche relative al trattamento di plasmaferesi («pulizia del sangue») applicato a volontari residenti nella zona rossa. Ovvero l’area comprensiva di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova la cui falda è stata contaminata dalle sostanze perfluoro alchiliche. A seguito del blitz dei carabinieri, la Regione ha sospeso il trattamento.
Nel question time del 13 dicembre in Parlamento la Lorenzin aveva detto: «Voglio precisare che il ministero della Salute e l’Istituito superiore di Sanità non sono mai stati formalmente interessati dalla Regione Veneto circa l’utilizzo di questa terapia». Ma nella lettera inviata al ministro lunedì l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, ha allegato il Piano che definisce il percorso di presa in carico della popolazione esposta, deliberato dalla giunta Zaia nel 2016 e trasmesso a Roma il 13 gennaio 2017. E ricorda pure di aver notificato al ministero, lo scorso settembre, il «Documento di sintesi aggiornato a giugno/settembre 2017» che riassume i risultati dello screening sugli abitanti della zona rossa tra 14 e 65 anni, oltre alla programmazione. «A pagina 50 — fa sapere la Regione — è esplicitamente indicata la delibera che fa riferimento alle procedure di plasmaferesi e scambio plasmatico».
Si dovrebbe trattare degli ultimi fuochi della polemica, vista anche la decisione dell’Istituto superiore di Sanità (Iss) di non divulgare il dossier sulla plasmaferesi pronto da lunedì. Palazzo Balbi ha infatti avanzato al dicastero della Salute un’ipotesi di lavoro che metterebbe fine alla diatriba senza costringere nessuno a fare passi indietro. La proposta consiste nell’istituzione di una commissione da insediare all’Iss e composta da tecnici dell’Istituto stesso, del ministero della Salute e della Regione, che invierebbe al tavolo le dottoresse Giustina De Silvestro e Alberta Alghisi. Sono le responsabili rispettivamente del Centro trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova e del San Bortolo di Vicenza, che da tre mesi stanno procedendo a scambio plasmatico il primo e a plasmaferesi il secondo su 106 pazienti con valori di Pfas nel sangue superiore a 200 nanogrammi per litro (tra 150 e 200 per i minorenni). La commissione dovrebbe redigere un protocollo che per la prima volta ufficializzerebbe il ricorso a tale trattamento per la rimozione dei Pfas dall’organismo. Così la terapia potrebbe essere ripresa sugli adulti da febbraio. Quanto alla fascia 14/17 anni se il ministero lo richiederà, sarà compiuta una sperimentazione. Se validata, si riprenderà il trattamento anche sui minori. Ma mai sugli under 14. Il ministero starebbe valutando il progetto.
Il Corriere del Veneto – 20 dicembre 2017