«Pfas in grandi quantità nella falda sotto il centro di Trissino e sotto gli scavi della Superstrada Pedemontana, risalenti a oltre cinquant’anni fa. Serve una caratterizzazione dell’area e indagini su tutti i pozzi».
Lo chiedono i «No Pedemontana», il comitato Covepa, dati alla mano: alcune analisi effettuate da Arpav evidenziano elevate quantità di Pfoa, uno dei Pfas considerati più contaminanti, in un pozzo di monitoraggio della Spv in via Sauro, oltre che in un altro pozzo in un terreno a valle di piazza Giangiorgio Trissino adiacente alla vecchia sede Rimar. Cioè la vecchia denominazione di Miteni (Rimar stava per Ricerche Marzotto), che fino al 1964 aveva sede qui.
Intanto, ieri sera a Bruxelles sono iniziate le votazioni per mettere un limite europeo ai Pfas nelle acque: ha vinto la mozione sostenuta dal Pd (Pse, in Europa) appoggiata anche da Lega, Liberali e Verdi. I valori si allineano, pur non essendo così bassi, a quelli presenti in Veneto.
I dati a cui fa riferimento il comitato guidato da Massimo Follesa, Elvio Gatto e Matilde Cortese sono una serie di analisi a campione che Arpav ha condotto in tutta la zona dove la falda è più contaminata da Pfas, nell’Ovest vicentino, pubblicate nel sito regionale dell’agenzia.
Alcune sono avvenute a Trissino: in particolare, in un pozzo-spia della Pedemontana (uno dei centinaia creati ai due lati dell’opera, lungo tutto il tracciato) in via Sauro il livello di Pfoa riscontrato il 4 maggio era di 199 nanogrammi-litro, mentre in un altro pozzo adiacente a piazza Giangiorgio Trissino il 16 marzo arrivava a 459 nanogrammi-litro.
I valori rilevati sono inferiori alle soglie di allarme stabilite dalla Regione in base all’indicazioni dell’Istituto superiore di sanità (500 nanogrammi litro per il Pfoa), ma fanno preoccupare il comitato. «La collocazione geografica del luogo, assieme alle modalità di deflusso delle acque in quella zona del paese, in questo caso, ci induce a pensare ad una presenza di Pfas non tanto riconducibile alla Miteni (il suo stabilimento è in zona Colombara), quanto piuttosto alle produzioni che un tempo insistevano alla vecchia Rimar nella parte alta di Trissino nei pressi di villa Dalle Ore Buffa».
Il riferimento va a un «vecchio prodotto caratteristico della fabbrica di allora: lo sciogli macchia, per l’appunto acido perfluoro-ottanico, Pfoa» osserva Follesa. «A valle della vecchia area dove aveva sede la Rimar sono presenti svariati insediamenti abitativi i cui approvvigionamenti idrici, storicamente, sono stati garantiti da pozzi privati, tutt’oggi esistenti per uso irriguo degli orti».
Il comitato è preoccupato anche per l’impiego idrico di quest’acqua presa dalla falda: «La stranezza che un pozzo spia di Spv sia inquinato con un prodotto dismesso da almeno un decennio dalla Miteni – concludono i rappresentanti Covepa – la dice lunga sulla serietà con cui quei prodotti siano stati gestiti. Vorremmo capire e accertare chiaramente da dove vengano: serve un’indagine sulle responsabilità, verifiche anche sulle precedenti proprietà».
Quanto al voto di ieri sera all’Europarlamento, è solo il primo di una serie che porterà alla fine alla promulgazione della direttiva europea sulle acque. Gli europarlamentari della Lega, che con la capogruppo Mara Bizzotto avevano depositato emendamenti per fissare a quota zero i limiti di Pfoa, Pfos e Pfas, nella votazione di ieri hanno sostenuto l’emendamento del Pse.
Il testo, come aveva spiegato nei giorni scorsi l’europarlamentare del Pd Damiano Zoffoli, propone questi limiti: 0,1 microgrammi litro per Pfos (in Veneto il limite è 0,03) e per Pfoa (in Veneto Pfoa più Pfos è a quota 0,09). Infine, il valore di Pfas totali (anche a catena corta) nel progetto europeo ha un limite di 0,3 microgrammi litro, in Veneto è leggermente superiore.
corveneto