I magistrati di Potenza stanno acquisendo le cartelle cliniche dei residenti nelle zone interessate dagli stabilimenti petroliferi. Diversi studi negli anni hanno registrato un’anomala crescita di patologie riconducibili anche all’eccesso di esposizioni da inquinanti. L’ultimo, a cura dell’ISS, è relativo a venti comuni della Val D’Agri e deve ancora uscire. Il fattoquotidiano.it ha potuto visionarlo: a 16 anni di distanza dal primo studio, che indicava tassi di mortalità sotto la norma, rileva invece “eccessi di mortalità” legati a patologie del sistema emopoietico, dell’apparato respiratorio e digerente
di Andrea Tundo. “Uno sbocco naturale”. Chi ha sempre seguito da vicino la questione ambientale in Val d’Agri definisce così l’acquisizione di migliaia di cartelle cliniche eseguito in tutta la Basilicata dai carabinieri del Noe. La Procura di Potenza – che al momento non indaga per disastro ambientale – vuole capire se quel fiume di liquidi inquinanti e rifiuti pericolosi che sarebbero finiti nei pozzi possa avere un nesso con le patologie presenti sul territorio, tra cui quelle relative ai tumori. Un’ipotesi respinta dall’Eni che parla di “stato di qualità dell’ambiente ottimo secondo gli standard normativi vigenti”. “Eppure ci sono anche un documento ministeriale e due studi, gli unici portati a termine in Val d’Agri negli ultimi sedici anni che dicono già qualcosa su come tra la metà degli Anni Novanta e il 2010 le condizioni di salute della popolazione siano cambiate. Pochi dati, ma chiari”, spiega al fattoquotidiano.it il dottor Giambattista Mele, medico a Viggiano e referente potentino dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente.
L’ultima indagine su venti comuni della Val d’Agri è opera dell’Istituto Superiore di Sanità. Non è ancora stata resa pubblica dalla Regione Basilicata, ma ilfattoquotidiano.it ha potuto visionarla. I dati sono limpidi: eccesso di mortalità a causa di alcuni tumori e malattie cardiovascolari, che potrebbero avere come “una eventuale concausa” le esposizioni ambientali, afferma prudentemente l’ISS. E verso la fine del 2016, a quasi otto anni dalla prima autorizzazione, dovrebbe concludersi anche lo studio più importante sotto il profilo scientifico, una Valutazione di impatto sanitario nei comuni di Viggiano e Grumento Nova, i più vicini al Centro Oli dell’Eni.
Lo Studio d’impatto ambientale del 1995: “Mortalità sotto la media”
Per capire l’evoluzione di cui parla Mele bisogna partire dalloStudio di impatto ambientale citato nel documento con cui il ministero dell’Ambiente e quello per i Beni e le Attività Culturali esprimono giudizio positivo all’ampliamento del centro oli, all’epoca denominato Monte Alpi. È il 5 febbraio 1999. Nell’atto ministeriale si legge che “ai fini della valutazione dello stato di salute della popolazione” è stato definito il territorio “aggregando 9 comuni disposti lungo il corso del fiume Agri, il cui capoluogo è risultato compreso entro un raggio di circa 15 km dal sito”. All’interno di questa circonferenza che gira attorno al centro oli vivevano circa 24mila persone che, “secondo quanto riportato nel SIA (lo Studio d’impatto Ambientale, nda) mostrano valori di mortalità per causa inferiori a quelli della media nazionale”. Tradotto: ai tempi della prima autorizzazione concessa, nelle zone limitrofe all’impianto la mortalità era inferiore a quanto mediamente avveniva in Italia.
L’istituto Mario Negri: “Approfondite”
Nel 2000 si accende una spia, quella dei ricoveri. Nella Relazione Sanitaria Basilicata 2000, condotta dalla Regione in collaborazione con l’Istituto Mario Negri Sud di Chieti, nelle aree più critiche sotto il profilo ambientale “si osservano, nel periodo di un triennio, tassi di ospedalizzazione urgente per eventi sentinella cardio-respiratori mediamente più elevati rispetto all’insieme regionale”. In particolare, si legge nel capitolo 5, la Val d’Agri “mostra tassi più elevati – dal 50% a 2,5 volte – per asma, altre condizioni respiratorie acute, ischemie cardiache e scompenso”. Poi nel 2009, in un altro studio, i ricercatori abruzzesi tornano a parlare della Basilicata: “Considerato il periodo trascorso dalla pubblicazione della Relazione Sanitaria ad oggi, sarebbe opportuno che l’Osservatorio Epidemiologico Regionale della Basilicata effettuasse approfondimenti non soltanto sulle patologie sentinella sopra citate, ma anche sulle patologie croniche eventualmente manifestatesi nel frattempo”.
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità: “Eccesso mortalità in Val d’Agri”
A sedici anni di distanza dall’ultimo studio, negli scorsi mesi la Regione Basilicata ha ricevuto – ma non ha ancora reso pubblici – i risultati di un’indagine svolta in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, cheilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. È un lavoro statistico, svolto sulla base dei dati sanitari correnti e descrive il profilo della salute in venti comuni della Val d’Agri. L’Istituto specifica che il tipo di indagine svolto “non permette di stabilire sicuri nessi di causalità tra l’esposizione ad inquinanti ambientali e stato di salute della popolazione”, ma spiega che le esposizioni potrebbero “costituire una eventuale concausa”. Seguendo il protocollo del Progetto Sentieri, lo Studio epidemiologico nazionale dei territori esposti a rischio di inquinamento, e analizzando i dati forniti dall’Istat relativi al periodo compreso tra il 2003 e il 2010 – ma sono assenti il 2004 e il 2005 –, si rilevano un “eccesso di mortalità pertumori maligni allo stomaco, per infarto del miocardio, per le malattie del sistema respiratorio complesso, per le malattie dell’apparato digerente nel loro complesso”. In più per i soli uomini residenti nei comuni presi in esame “si rilevano ulteriori eccessi per la mortalità generale, per leucemia linfoide (acuta e cronica) , per diabete mellito insulino-dipendente, per le malattie del sistema circolatorio nel loro complesso (ed, in particolare, per le cardiopatie ischemiche), per le malattie respiratorie croniche”. Per le donne invece “si riscontrano ulteriori eccessi di mortalità per le malattie respiratorie acute”.
“La VIS dovrebbe essere già pronta”
Il lavoro svolto dall’Istituto Superiore di Sanità mette in evidenza le criticità ma, afferma a ilfattoquotidiano.it il dottor Fabrizio Bianchi dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, “non spiega da cosa dipendano”. Per capirlo bisognerà aspettare i risultati di uno studio epidemiologico capace di fornire una Valutazione d’impatto sanitario. I comuni di Viggiano e Grumento Nova, in mezzo ai quali sorge il Centro Oli, lo hanno autorizzato e finanziato nel 2009. Il 30 settembre di sette anni fa, il Consiglio comunale di Viggiano diede l’ok all’unanimità e scelse il dottor Mele come presidente dell’apposita commissione della quale facevano parte anche Arpab, Asl, Eni e tutti i maggiori stakeholder del territorio. A febbraio 2010 entrò nel progetto anche il comune di Grumento Nova, ma i lavori sono rimasti a lungo in stallo. Mele spiega che “per molto tempo la Regione Basilicata non ci ha fornito le schede di dimissioni ospedaliere dei ricoveri extraregionali per motivi di privacy”. Uno strumento essenziale per procedere con i lavori e che si è manifestato anche quando nel progetto è stato coinvolto il Cnr di Pisa, nel 2014. Le schede, infatti, sono arrivate solo pochi mesi fa. “Parliamo di dati che si possono avere in tre ore”, dice Mele. E anche Bianchi, a capo del gruppo di lavoro dal 2014, ammette che “ci abbiamo messo un po’ di tempo a ricevere i dati”. “Se li avessimo ricevuti prima – continua – forse avremmo già finito il lavoro, così Comuni e Procura avrebbero i risultati”. La situazione si è recentemente sbloccata e, secondo il medico del Cnr, “entro la fine del 2016 dovremmo terminare il nostro lavoro”. A quel punto il quadro sarà decisamente più chiaro.
Il Fatto quotidiano – 8 aprile 2016