L’azienda è sanissima ma è costretta a chiudere per la peste suina di altri. «Oggi è il primo giorno di chiusura. Lunedì, se non mi dicono che cosa fare, consegno le chiavi dell’azienda. Abbiamo finito i liquidi: non abbiamo più i soldi per nutrire duemila maiali». È sabato mattina.
Luigi Usai parla con semplicità e tristezza, non sta battendo cassa. La peste suina degli altri, scoperta a dieci chilometri di distanza, ha imposto il blocco anche alla sua azienda modello. Per lui è una tragedia.
Il titolare della Gardalis nello stabilimento «Abbiamo finito i soldi, da tempo in quarantena consegno le chiavi» Dieci chilometri non sono pochi. Sono quelli che separano la «Gardalis» di Loceri dalla «Ogliastra Carni» di Lanusei. In quest’ultima, a settembre, è stata trovata la peste suina. Migliaia di maiali infetti sono stati abbattuti e prima o poi arriveranno i risarcimenti regionali. Una vicenda su cui ha messo gli occhi il procuratore della Repubblica Domenico Fiordalisi. Gli animali della Gardalis, invece, sono sanissimi, puliti. Ma non possono uscire dalle stalle. I veterinari hanno imposto il blocco: impossibile macellarli, venderli, portarli da altre parti. In attesa che la quarantena finisca. Senza risarcimenti. Luigi Usai è un mite signore di 70 anni. Mai penseresti di vederlo lanciare accuse in un’assemblea pubblica, davanti al taccuino di un cronista o al microfono di una tivù. Se lo fa, e lo fa, è perché non vede più una via d’uscita. «Avevo un po’ di liquidità — spiega — in questi mesi l’ho utilizzata per acquistare carne di manzo e mezze-ne di maiali francesi, oltre che ner alimentare i nostri animali. Mai avrei pensato che la chiusura dei miei allevamenti superasse i tre mesi. È successo. Devo chiudere». Parlare di situazione kafkiana, una volta tanto, non è un’iperbole. La Gardalis, rivendica Luigi TTsai. P un’aziPnlia *** modello: «L’unica in Sardegna con la filiera completa del suino: dall’inseminazione artificiale delle scrofe, all’allevamento, al macello, alla vendita delle carni, al salumificio. Abbiamo anche le autorizzazioni per i preparati: polpette, fettine, ecc. Li stavamo facendo fmo all’altro ieri. Una responsabilità che non ti danno, se — aggiunge con fierezza — non hai un equilibrio morale elevato». Ma dal 18 settembre, la Gardalis non può utilizzare i suoi maiali. Ieri, ha chiuso. Gli impianti sono due: l’allevamento con mangimificio, e a mezzo chilometro in linea d’aria il macello. «Bollo Cee 2759», sottolinea con orgoglio Luigi Usai. Nei nove capannoni del-1 allevamento ci sono 187 fattrici in produzione e 2mila maiali. «E almeno 200mila euro di animali sono pronti alla macellazione — spiega — Maiali “puliti”, perché qui non è mai entrato niente: né peste suina né altro. Ma sono bloccati». Nell’azienda, fmo allo stop, lavoravano venti persone. Anche i quattro figli dell’imprenditore. Ora — spiega — in attesa della fine del blocco sono rimaste in cinque. Luigi Usai, fino a pochi giorni fa, era arrabbiato ma non disperato. Arrabbiato al punto di intervenire, usando parole forti contro gli «untori», a una conferenza stampa di Confindustria contro il perverso sistema degli indennizzi, che rendono più convenienti i maiali malati, abbattuti e bruciati (o interrati), che gli animali sani Arrabbiato ma non disperato perché vedeva un traguardo. «II blocco degli animali — chiarisce — va avanti a periodi di 45 giorni dalla scoperta di un focolaio di peste nella zona». Ma il termine riparte da zero a ogni nuova scoperta. Così, dopo quello gigantesco dell’Ogliastra Carni, altri piccoli focolai hanno fatto slittare l’«alba» al 12 dicembre. Ma qualche giorno fa, i veterinari hanno trovato altra peste suina in un paio di maiali a Cardedu. A sette chilometri in linea d’aria da quelli puliti della Gardalis. Che adesso vede di nuovo allontanarsi il traguardo: gennaio 2012. Sempreché in Ogliastra non saltino fuori altri casi di infezione. «Non riesco a crederci, mi chiedo se quello che sta succedendo è vero o no». Luigi Usai parla con la voce incrinata. «Senza nessuna colpa» vede sgretolarsi la bella realtà produttiva costruita in anni di lavoro. «No iniziato a lavorare a 15 anni, sotto un padroncino, vent’anni senza assicurazione. Fino a quando nel 1978 mi sono messo in proprio. Ho cominciato con quindici scrofe. Le cose sono andate bene e siamo cresciuti. Siamo arrivati ad avere anche 400 scrofe e una produzione di 8-9mila maiali l’anno. Poi, con l’arrivo delle norme sul benessere animale, siamo scesi a 200-250 fattrici e a una media di 4.5mila capi l’anno». Una bella realtà produttiva che un po’ alla volta ha completato la filiera del suino: dall’inseminazione al prodotto fmito. Con un fatturato di tre milioni nel 2009, salito a 3,2 milioni nel 2010. E venti posti di lavoro sicuri. Anche il 2011 poteva essere una buona annata. Ma adesso, dopo il lungo blocco, i numeri sono in picchiata. Da ieri la Gardalis ha chiuso la produzione. Resta la stalla. Con i duemila maiali da alimentare. Domani, è prevista una conferenza di servizi con le autorità sanitarie. Luigi Usai non sembra crederci più: «Mi sta crollando tutto sotto gli occhi Ho scritto a tutti, anche al presidente della Repubblica: i miei animali sono sani, verificate, fatemi macellare, fatemi immettere la carne nel mercato locale per raccogliere i soldi necessari a comprare il mangime per gli animali Niente. Che cosa devo fare? Devo fallire? A chi conviene far chiudere un’azienda sana?». Viene da chiedergli: signor Usai, ma non le sarebbe convenuto far ammalare i suoi maiali? Almeno avrebbe avuto i risarcimenti. Risposta: «Non potrei mai farlo. misi rifiuta il cervello».
Nuova Sardegna di domenica 11 dicembre 2011