Intervista di 333 al professor Giuseppe Pulina dell’Università di Sassari
Da quanto tempo il virus della Peste Suina Africana non è più stato rilevato in Sardegna e perché c’è voluto tanto tempo per poter controllare la malattia?
La PSA è entrata in Sardegna nel 1978, e come spesso accade con questa subdola malattia, è stata sottovalutata, il che ha permesso che si diffondesse velocemente ed ampiamente nel nostro territorio, caratterizzato da suini allevati allo stato brado, allevamenti famigliari, cinghiali e allevamenti tradizionali. Il virus è entrato attraverso alimenti contaminati provenienti dalla Spagna, attraverso cibo proveniente dal trasporto aereo finito nel suino domestico e poi l’uomo lo ha fatto arrivare ai suini permettendo al virus di diffondersi velocemente in Sardegna. Il comportamento dell’uomo, favorito dalla realtà suinicola della Sardegna con presenza di suini allo stato brado illegale, piccole aziende familiari e suini selvatici, senza una minima cultura della Biosicurezza, ha permesso al virus della PSA di dilagare. All’inizio degli anni 80 è stato varato il primo Piano di Eradicazione al quale si sono susseguiti almeno altri 5 Piani, con importante impegno finanziario, ma che non hanno portato al successo.
Quali sono gli ostacoli principali? Cosa alla fine ha funzionato e cosa non ha funzionato?
Il motivo principale dell’insuccesso è stata la modalità di attuazione, o meglio la forma concettuale: stimolo all’abbattimento con risarcimenti sopravalutati rispetto al mercato locale e con restrizioni sempre più marcate (movimentazioni e abbattimenti) dei capi. Mancava però uno step fondamentale. … il controllo dell’allevamento brado illegale, molto diffuso, che faceva circolare il virus liberamente fra domestico e selvatico, determinando come conseguenza l’isolamento commerciale dei prodotti suinicoli sardi con gravi danni economici al settore. Finalmente, la svolta arriva nel 2016, quando il Governo Regionale della Giunta Pigliaru ha creato l’Unità di Crisi , di cui feci parte in qualità di Amministrazione dell’agenzia FORESTAS, con il coinvolgimento di tutte le Istituzioni (ASL, Università, Istituto Zooprofilattico, Assessorato e Ministero della Salute) e la collaborazione dei Sindaci e Prefetture, con un Commissario Straordinario dalla Regione Sardegna, il Dr. Demartini, con “Pieni Poteri”, supportati anche da figure tecniche altamente qualificate che sono state fondamentali come il Dr. Laddomada (già ex DG Santè nella UE) ed il Dr. Sánchez-Vizcaíno ( “Padre” dell’eradicazione in Spagna). Il punto di svolta è stato proprio in primis l’abolizione dei risarcimenti, che erano diventati un “boomerang”, la lotta ai suini allo stato brado illegale ed una pesante ed intensa Sorveglianza Passiva con un Modello Epidemiologico robusto elaborato ed alimentato dal Dr. Rolesu, epidemiologo dell’omonimo Centro Regionale, che si proponeva di non inseguire il virus, ma alla sua anticipazione. Parallelamente agli abbattimenti dei suini allo stato brado illegale, è stato cruciale il supporto attivo di cacciatori che consegnavano campioni di poco meno di 20.000 capi di cinghiali abbattuti /anno che rappresentavano circa la metà dei capi di cinghiali presenti nell’Isola con modalità semplici e veloci di abbattimento, analisi e liberazioni delle carcasse. Sono stati adottati incentivi provenienti dai PSR impostati in maniera diversa dal passato, privilegiando la Biosicurezza ed il Benessere Animale, che hanno portato a risultati positivi per il miglioramento degli allevamenti, ossia “ri-direzzionando” le risorse sugli animali vivi e non sui “morti” (abbattimenti), sboccando nello sviluppo di una produzione suinicola più imprenditoriale e moderna da parte degli allevatori con l’incentivazione all’emersione dell’illegalità. Attualmente, possiamo affermare che il suino allo stato brado è ufficialmente scomparso, anche se resiste qualche sacca nelle aree più remote e dove i controlli sono più difficili, tanto che sporadicamente le autorità sanitarie sono costrette ad intervenire con il depopolamento.
Ed oggi?… Com’è la situazione in Sardegna?
Nonostante la Regione Sardegna sia ancora presente nel fatidico “Allegato” della UE come non indenne, è dal 2019 che il virus non è più stato rilevato né nel domestico, né nel brado legale, né nei cinghiali (silenzio epidemiologico). Quello che rimane sono gli anticorpi nei suini di età più avanzata che non permette lo Status dichiarato di “indenne” alla Sardegna: quando questi suidi saranno cacciati o morti naturalmente sicuramente arriverà l’indennità dalla UE. La popolazione suinicola in Sardegna oggi è di circa 200 mila capi con circa 60-70 mila scrofe. L’Unità di Crisi è tuttora attiva ed operante per i rari casi di irregolarità.
Come è entrato il virus “continentale” nel 2023 in Sardegna?
Il virus della PSA sierotipo 2 “continentale” è arrivato con carni suine contaminate, commercializzate legalmente, arrivate in un agriturismo locale dove erano presenti anche suini domestici, alimentati con residui alimentari contaminati: il focolaio è stato estinto in tempi velocissimi grazie soprattutto al fatto che il sistema di sorveglianza è attivo.
Quali sono i punti in comune della comparsa del virus in Sardegna con l’attuale situazione della Peste Suina Africana nell’Italia continentale?
Sottovalutazione del problema, mancanza di conoscenza profonda di questo subdolo virus altamente resistente, mancanza di biosicurezza…
Cosa ha funzionato in Sardegna che potrebbe essere di aiuto nel continente oggi?
Biosicurezza, Sorveglianza Passiva e Cacciatori: a mio viso, il supporto dei cacciatori è fondamentale per molti aspetti. I cacciatori sono a conoscenza del comportamento del selvatico, conoscono il territorio, hanno l’esperienza di una caccia molto pericolosa quale quella dei cinghiale, con particolare attenzione alla caccia delle femmine (1); è importante il mantenimento delle regole stabilite e la disciplina del Piano che consentono le esecuzioni delle varie misure, tra le più importante la Sorveglianza Passiva (2). Altro aspetto fondamentale è lo snellimento di tutte le procedure (snodo fondamentale per l’esito positivo del controllo): dallo stoccaggio delle carcasse, ai risultati di analisi ultraveloci, fino alla commercializzazione delle carni; senza la semplificazione di tutto il processo non si conclude nulla (3). Oggi, il Dr. Giovanni Filippini (Direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Sassari), grande conoscitore di tutto il percorso sardo, recentemente ha avuto l’incarico nazionale, sicuramente potrà dare un grande supporto agli obiettivi di controllo ed eradicazione della Peste Suina Africana in Italia.
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