dal Fatto alimentare. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha effettuato un’analisi sui rischi e sui benefici legati al consumo di pesce e di molluschi, in relazione al numero di porzioni consumate ogni settimana. L’analisi si è concentrata sui nutrienti e sui contaminanti presenti nei pesci come gli omega-3 e il metilmercurio (forma di mercurio accumulata da pesci e frutti di mare, particolarmente tossico per lo sviluppo del sistema nervoso nel feto e nel bambino piccolo). Per il metilmercurio, l’attenzione è stata focalizzata su quelli di grossa taglia come tonno, pesce spada, merluzzo, merlano e luccio, con l’aggiunta del nasello per i bambini. La conclusione dell’Efsa è che “il modo più efficace affinché il consumo di pesce risulti benefico, riducendo i rischi dovuti all’eccessiva esposizione al metilmercurio, è limitare il consumo di queste specie ittiche”.
Per questo si raccomanda ai singoli Stati di esaminare i modelli di consumo e di valutare il rischio per i diversi gruppi di popolazione. Già in altri due pareri scientifici, l’Agenzia aveva valutato i rischi del mercurio e del metilmercurio negli alimenti (parere del Panel Contaminanti, 2012), e i benefici per la salute derivanti dal consumo di pesce e molluschi, pur considerando i possibili rischi (parere del Panel Nutrizione, 2014). Per quanto riguarda i rischi, la dose settimanale tollerabile di metilmercurio è stata fissata a 1,3 microgrammi per kg di peso corporeo, prendendo come riferimento il livello di esposizione (ricavato da studi epidemiologici su comunità con forte consumo di pesce) che non altera lo sviluppo neurologico prenatale. Sul fronte dei benefici, consistenti in un migliore sviluppo neurologico nei bambini e in una riduzione del rischio di coronopatie negli adulti, in virtù degli acidi grassi insaturi omega-3 a catena lunga, veniva raccomandato un consumo medio settimanale compreso tra 1-2 (popolazione generale) e 3-4 porzioni d 100 g (donne in gravidanza). Non ci sono prove scientifiche che un consumo maggiore sia associato a un ulteriore incremento dei benefici.
Mettendo a confronto rischi e benefici, il comitato scientifico dell’Efsa afferma che, in alcuni Paesi, le specie consumate fanno sì che i bambini molto piccoli e quelli tra i 3 e i 10 anni raggiungono la dose massima di metilmercurio ancor prima di aver mangiato la quantità per avere un beneficio.
L’Efsa conclude dicendo che:
– nei bambini, compresi quelli molto piccoli, e nelle donne in età fertile, i benefici nutrizionali del pesce devono essere ricercati aumentando il consumo di specie con bassi livelli di metilmercurio;
– per proteggere il feto, le donne in età fertile non devono superare la dose settimanale tollerabile di metilmercurio;
– dal momento che il sistema nervoso continua a svilupparsi anche nell’infanzia, i bambini regolarmente esposti al metilmercurio in quantità superiori alla dose settimanale devono essere considerati a rischio di sviluppare gli effetti neurotossici.
Tra i Paesi europei ci sono grandi differenze sulla percentuale di popolazione che consuma abitualmente pesce, sulle quantità e sulle specie. Per quanto riguarda l’Italia, l’Efsa si è basata sull’Indagine nazionale sui consumi alimentari in Italia, condotta nel 2005/2006 dall’ex-Inran (Istituto nazionale si ricerca per gli alimenti e la nutrizione).
L’analisi rileva che i bambini da uno a tre anni raggiungono la dose settimanale tollerabile di metilmercurio con 1,4 porzioni, mentre per godere dei benefici nutrizionali sarebbero necessario arrivare a 2,4. Nei bambini dai 3 ai 10 anni, la soglia massima tollerabile si raggiunge con 0,5 porzioni, mentre sul fronte dei benefici sarebbe raccomandata una porzione. Per gli adolescenti, compresi tra i 10 e i 17 anni, si va in parità, nel senso che 0,7 porzioni costituiscono il limite sul fronte del rischio e la quantità raccomandata dal punto di vista dei benefici. Col crescere dell’età, il rapporto s’inverte. Negli adulti tra i 18 e i 64 anni, la soglia di rischio è costituita da 0,8 porzioni, ma i benefici richiedono 0,6 porzioni. Nelle donne fertili tra i 18 e i 45 anni, le due cifre sono rispettivamente 0,7 e 0,9, mentre negli anziani sono 1,1 e 0,7.
Per il mercurio esistono limiti sia nei pesci, sia nei mangimi per l’acquacoltura. In Italia, sono molti i lotti di pesce congelato sequestrati per eccesso di mercurio ogni settimana dagli organi di controllo. Nei primi nove mesi del 2014, il Sistema rapido di allerta europeo per alimenti (Rasff) ha segnalato 60 casi di prodotti distribuiti in Italia, di cui il 70% dal pesce congelato importato dalla Spagna, Portogallo e Vietnam. Come evidenziato in un articolo del Fatto Alimentare per il mercurio non si tratta di leggeri sconfinamenti dai limiti. La norma prevede un limite massimo di 0,5 mg/kg, che raddoppia per i pesci di grossa taglia. Nei lotti sequestrati si riscontrano quantità decisamente superiori: fino a 4-5 mg/kg. Per fortuna il problema non riguarda il tonno in scatola, perché le aziende per evitare problemi, utilizzano pesci di media taglia con un tenore di metalli pesanti al di sotto dei limiti.
Sul documento dell’Efsa, Il Fatto Alimentare ha interpellato Alberto Mantovani, esperto di tossicologia alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità. «Siamo di fronte a un parere importante, che dà indicazioni per la gestione e la comunicazione del rischio. Si tratta di principi generali ma fondamentali, che vanno sviluppati dai singoli Stati, tenendo conto dei diversi contesti ambientali e degli stili alimentari. La raccomandazione dell’Efsa è di costruire delle mappe per la gestione e riduzione del rischio, orientando i controlli e il consumo. Queste mappe andrebbero fatte non solo a livello nazionale ma anche regionale, distinguendo tra zone costiere e zone interne. Ad esempio, io sono originario di Bologna, dove il consumo di pesce era molto inferiore rispetto alla Romagna, anche se la distanza è solo di un centinaio di chilometri».
Per quanto riguarda lo scenario italiano, Mantovani osserva che «Dal parere Efsa emerge un consumo di alcune specie, che possono essere un veicolo importante di metilmercurio: si tratta dei grandi predatori, tonno e pesce spada. Emerge anche un potenziale bisogno di attenzione per i bambini, in quanto il forte consumo di alcune specie, come il merluzzo e, per i bambini sino a tre anni, la sogliola, può portare a superare la dose limite settimanale, prima di arrivare alla dose di assunzione raccomandata di omega-3. La sogliola non è un gran predatore ma in alcune zone, vivendo a contatto con il fondo, può essere maggiormente esposta ad alcuni contaminanti presenti nei sedimenti marini, come il metilmercurio. Il merluzzo, invece, è un pesce magro predatore, ma con pochi omega-3. Ipesci da controllare per tutte le fasce di età, con attenzione particolare alle donne in gravidanza, sono il tonno e il pesce spada. Per i bambini, l’attenzione va posta su sogliola e merluzzo».
Mantovani osserva che «stiamo parlando di pesce pescato, mentre in quello d’allevamento si può ottenere una drastica riduzione del metilmercurio, intervenendo sui mangimi, come è stato fatto per il salmone in Norvegia, dove hanno cominciato anche a sperimentare mangimi contenenti solo ingredienti vegetali, per abbattere il potenziale bioaccumulo di contaminanti che deriva dall’uso dei mangimi tradizionali a base di piccoli pesci e crostacei. Purtroppo, il pesce allevato, il cui consumo sta crescendo in tutto il mondo, non comprende le specie più critiche per l’esposizione al metilmercurio».
«Dal parere scientifico dell’Efsa – conclude Mantovani – emerge che abbiamo un numero piuttosto limitato di specie a rischio per quanto riguarda il metilmercurio, da consumare con moderazione. Per le altre, possiamo mangiare quel che vogliamo, senza esagerare, tenendo presente che dev’essere il piacere consapevole e non la paura a orientarci nelle scelte. Il parere scientifico dell’Efsa ci dice che il metilmercurio è un problema da gestiro. I controlli capillari del Servizio sanitario nazionale sono indispensabili, soprattutto se vengono orientati su specie e su aree critiche; nel contempo è importante la corretta informazione. Non dobbiamo smettere di mangiare pesce ma dobbiamo farlo in maniera più consapevole».
Beniamino Bonardi – Il Fatto alimentare – 18 febbraio 2015