Agnese Codignola. L’organizzazione ambientalista statunitense Oceana ha diffuso l’ultimo rapporto sulle frodi nella commercializzazione del pesce, realizzato nell’ambito di una campagna globale che sta conducendo dal 2011. Le notizie sono tutt’altro che buone. Analizzando oltre 200 studi condotti in 55 paesi del mondo si rileva che, in media, un un terzo dei campioni ittici su è fraudolento, nel senso che risulta essere un pesce diverso da quello descritto.
Il fenomeno riguarda tutti i passaggi della filiera: dalla prima lavorazione fino al supermercato, passando per i grossisti, i mercati, i ristoranti. Nel 58% dei casi, inoltre, il pesce non regolare può rappresentare un pericolo per la salute, perché contiene tossine o allergeni non analizzati né denunciati in etichetta o sul menu.
Come sempre, la media nasconde situazioni molto diverse e in evoluzione, tra le quali spiccano alcuni casi come quello italiano. In uno studio, ben l’82% degli oltre 200 campioni di cernia, pesce persico, e pesce spada analizzati indicava un pesce diverso. Un altro esempio riguarda un’indagine condotta a Bruxelles, dove il 98% dei 69 piatti a base di tonno offerti dai ristoranti conteneva altre specie, o quello del ristorante di Santa Monica, in California, che offriva sushi che in realtà era balena ad alto pericolo di estinzione . C’è anche il caso brasiliano, dove il 55% dei campioni di squalo era in realtà costituito da una specie di pesce sega anch’essa a rischio estinzione. Anche gli Stati Uniti hanno un tasso molto elevato di frodi, superiore al 50%, stando a una ricerca dell’Università di Chicago. In ogni caso dati analoghi sono stati riscontrati in Germania e Gran Bretagna. Non è andata bene neppure al caviale: dei 27 campioni controllati, ben 10 contenevano specie diverse da quelle dichiarate, e tre non presentavano alcun tipo di DNA animale.
La lista dei pesci usati come succedanei vede in prima fila il pesce gatto asiatico meglio conosciuto come pangasio e il nasello. Il pangasio viene venduto in modo fraudolento in tutti i continenti con il nome di altre 18 specie. Di solito si tratta però di pesce persico, cernia e sogliola (vedi grafico).pangasio imitazioni Il rapporto cita però un esempio virtuoso: quello dell’Unione Europea. Qui, grazie alle norme sull’etichettatura e sulla tracciabilità, il numero di frodi è passato dal 23% del 2011 all’8% del 2015, e questo percorso, secondo Oceana, andrebbe seguito e implementato. Non a caso il rapporto è stato reso pubblico pochi giorni prima di un incontro mondiale che avrà luogo a Washington nei prossimi giorni, la Our Ocean Conference, nella quale si discuterà anche di questi temi. Perché con le frodi tutti ci rimettono: dai pescatori ai produttori, dai venditori ai consumatori. Senza dimenticare i pesci, soprattutto quelli in via di estinzione.
Il Fatto alimentare – 16 settembre 2016