Gentile direttore, di Quotidiano sanità,
nella utilissima ricostruzione della storia del tetto di spesa del personale a cura di Giovanni Rodriquez pubblicata ieri su Qs, si ricostruisce come con la legge 60/2019 (articolo 11, commi 1 e 3), di conversione del decreto legge 35/2019, il cosiddetto Decreto Calabria, il nuovo limite di spesa per il personale decorrente dal 2019 non possa superare il valore della spesa sostenuta nell’anno 2018, come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti, o, se superiore, il corrispondente ammontare riferito al 2004, diminuito dell’1,4 per cento (legge 191/2009). Poi c’è questo passaggio critico: “Questi valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 10% dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente. Dall’anno 2021 questo incremento viene subordinato all’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale. Inoltre l’aliquota annua di incremento può essere elevata da 10 a 15 punti in base ad una specifica procedura, atta a valutazione di ulteriori fabbisogni di personale. Questa metodologia è stata infine approvata con l’attuale governo Meloni con dapprima l’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2022 poi trasformata in Decreto il 9 gennaio 2023.”
Da questa ricostruzione emerge come possibile interpretazione che l’incremento annuale del tetto sia “di base” (10% dell’incremento del Fondo Sanitario Regionale) che “ulteriore” (un altro 5%) sia legato ad una determinazione del fabbisogno di personale secondo la metodologia messa a punto dall’Agenas e approvata col citato Decreto. Questa interpretazione sarebbe coerente con lo spirito originario del Decreto Calabria che prevedeva (Art. 11, comma 1) che “A decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni … non può superare il valore della spesa sostenuta nell’anno 2018…, o, se superiore, il valore della spesa prevista dall’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. I predetti valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente… Dall’anno 2021, il predetto incremento di spesa del 5 per cento è subordinato all’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, in coerenza con quanto stabilito dal decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, e con l’articolo 1, comma 516, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145.”
In realtà quando il Decreto Calabria è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, l’impostazione originale del rapporto tra incremento del tetto di spesa del personale e determinazione del fabbisogno di personale è stato modificato. Viene previsto infatti che il tetto di spesa del personale venga incrementato “annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 10 per cento dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente. Nel triennio 2019- 2021 la predetta percentuale è pari al 10 per cento per ciascun anno.” Si prevede poi che: “Qualora nella singola Regione emergano, sulla base della metodologia di cui al sesto periodo, oggettivi ulteriori fabbisogni di personale rispetto alle facoltà assunzionali consentite dal presente articolo… può essere concessa alla medesima Regione un’ulteriore variazione del 5 per cento dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’anno precedente… “. Entra a questo punto in gioco il futuro Decreto sul fabbisogno visto che questo ulteriore incremento viene subordinato dall’anno 2022 “all’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale”.
Fine della storia. Sembrerebbe in definitiva che l’incremento annuale del tetto di spesa del personale pari al 10% dell’incremento del Fondo Sanitario Regionale sia svincolato dalla determinazione del fabbisogno con la metodologia definita dal Decreto del 9 gennaio 2023.
Questa pedante e dilettantesca ricostruzione mi serve solo per sottolineare come con questo Decreto si sia persa la possibilità di spingere le Regioni al rispetto degli standard organizzativi previsti dal DM 70 del 2015 per la parte ospedaliera e di quelli del Decreto del 9 gennaio previsti per alcuni dei servizi territoriali. Il Ssn ha una enorme fame di personale ed è da me lontanissima l’idea di limitarne la disponibilità con vincoli formali. Il Ssn ha bisogno di ben più personale di quello che gli incrementi risicati finora riconosciuti consentono, ma svincolare la spesa regionale per il personale da una programmazione esplicita, coerente con gli atti di indirizzo nazionali e verificata è una scelta secondo me sbagliata. Del resto a giudicare dagli interminabili lavori dell’affollato tavolo ministeriale sui DM 50 e 77 i primi a non credere in quegli atti stanno proprio a livello centrale. Che pure questo non è un gran segno ed è oltretutto un segno incoerente con i continui richiami del Ministro Schillaci ad una azione regionale più efficiente. Che è dichiarazione buona per un giornalista, ma molto meno buona per un Ministro nominato da un Governo che è retto dalla stessa coalizione che governa la quasi totalità delle Regioni.
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche