Con la circolare 1/2018 la Funzione Pubblica ha fatto marcia indietro sulla possibilità di incrementare i fondi del salario accessorio per l’inserimento stabile in organico dei nuovi lavoratori. L’invito del legislatore a stabilizzare i dipendenti precari con l’articolo 20 del Dlgs 75/2017 si è fatto talmente forte che al comma 3 è stato escogitato un meccanismo che permette di spostare risorse dal tetto del lavoro flessibile a incremento delle facoltà assunzionali.
Il meccanismo merita un dettagliato approfondimento, partendo da alcuni elementi ormai consolidati in materia di assunzioni. La stabilizzazione erode capacità assunzionale; per poter essere attivata necessita che gli enti abbiano a disposizioni i budget di turn-over. Altro principio chiave è che le prestazioni di lavoro flessibile di ciascun anno devono essere contenute all’interno del limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità ne 2009 come previsto dall’articolo 9, comma 28 del Dl 78/2010 (gli enti locali che rispettano il contenimento della spesa di personale possono arrivare fino al 100%). Ecco quindi l’idea del legislatore: dare la possibilità agli enti di spostare un po’ di questo limite dal lavoro flessibile alle assunzioni a tempo indeterminato da destinare a stabilizzazioni. Il valore massimo del trasferimento, però, non può eccedere la media della spesa di lavoro flessibile effettivamente sostenuta a regime nel triennio precedente.
Ipotizziamo che un Comune abbia il limite di spesa per lavoro flessibile a 50mila euro. Negli ultimi tre anni la spesa effettiva è stata di 45mila euro nel 2015, 47mila nel 2016 e 46mila nel 2017, con una media di 46mila. Questo è l’importo massimo che l’ente può trasferire dal lavoro flessibile alle capacità assunzionali, e che andrà per sempre sottratto dal limite iniziale del 2009.
A questo punto è necessario quantificare il costo del dipendente da stabilizzare. Si dovrà tener conto del solo costo base del dipendente su proiezione annua, senza alcuna considerazione del trattamento accessorio. Ed è proprio questa la novità contenuta nella circolare 1/2018 della Funzione Pubblica, che si discosta dalla precedente 3/2017 precisando che non ci potrà essere nessun incremento del fondo del salario accessorio stante il limite fissato dall’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017. Ma va detto di più: le norme contrattuali che permetterebbero comunque un incremento del fondo sono solo quelle correlate a un aumento stabile delle dotazioni organiche, a cui seguono le relative assunzioni; ipotesi alquanto difficile in un contesto di percentuali di turn-over del 100% o inferiori rispetto ai dipendenti cessati.
La conseguenza immediata è che vi saranno più dipendenti che parteciperanno alla suddivisione delle somme del salario accessorio, spartendosi, di fatto la stessa torta. Tutti avranno quindi a disposizione una minore quota di risorse.
Gianluca Bertagna – Il Sole 24 Ore – 29 gennaio 2018