Personale del Sistema sanitario nazionale diminuito e invecchiato, in grandissima parte scontento per la retribuzione e le prospettive di carriera e per meno della metà soddisfatto della condizione lavorativa complessiva, in sostanza ben oltre la soglia della crisi di nervi.
Tre operatori su quattro si lamentano infatti per lo sforzo fisico, nove su 10 per la retribuzione e le prospettive di carriera. Quasi tutti per lo sforzo mentale ed emotivo (rispettivamente 97% e 93% dei soggetti). Tanto che circa il 28% del totale, soprattutto giovani, particolarmente preoccupati per il peggioramento di alcune condizioni di lavoro, è interessato ad un’eventuale possibilità di ritiro anticipato, anche se ciò significasse una riduzione dell’assegno mensile del 20-30%. Nel complesso si tratta di dati preoccupanti, visto che «in gioco c’é il nostro sistema sanitario nazionale», avverte l’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, in un suo nuovo studio «Invecchiare in sanità», frutto dell’indagine realizzata con campionamento a valanga, tramite questionario diffuso sui canali social, con una rilevazione rivolta a medici, infermieri e operatori sociosanitari.
Solo pochi mesi fa erano considerati gli eroi della pandemia. Oggi, un po’ dimenticati dall’opinione pubblica, sono loro a «dire 33» e il quadro che ne esce è particolarmente critico. Tra il 2008 e il 2018, a causa soprattutto del blocco del turnover e dei tagli alla spesa sanitaria previsti dai piani di rientro regionali, il personale del Sistema sanitario nazionale si è ridotto di oltre 41mila unità. Questo ha comportato un progressivo aumento dell’età ‘media, che nel 2020 era di circa 51 anni per i medici e 47 per gli infermieri. Come se non bastasse, entro il 2027 si prevede il pensionamento di circa il 28% del personale medico e dell’8% di quello infermieristico.
Il peso delle attività si é, dunque, concentrato su un numero ridotto di lavoratori, per di più avanti con gli anni. «Il problema della carenza di personale sanitario – avverte Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – rischia di assumere in Italia dimensioni tali da compromettere sia i livelli di benessere lavorativo degli addetti, già normalmente a rischio di burnout, che la sostenibilità stessa del nostro Servizio Sanitario Nazionale, anche a causa di problemi strutturali non risolti sul piano dei rapporti tra sistema pubblico e operatori privati».
R. E. — La Stampa