Qualche lezione dall’epilogo, peraltro scontato, del caso Cancellieri. Scontato perchè si era capito che nessuno nella maggioranza delle larghe intese aveva voglia di crearsi altri grattacapi. Per cui la vicenda in sé si è via via ridimensionata. La prima lezione da ricavare riguarda comunque il ministro Guardasigilli.
Senza dubbio d’ora in poi Annamaria Cancellieri starà più attenta alle sue telefonate e forse anche alle sue frequentazioni. Il fatto che la fiducia nei suoi confronti da parte di governo e maggioranza non si sia incrinata, non significa che tutti i comportamenti del ministro nella vicenda Ligresti siano stati opportuni e adeguati al ruolo. Ma ha giocato a suo favore un doppio fattore. Primo, è stata compresa la sua buona fede. Secondo, non sono emerse irregolarità di alcun tipo e tanto meno abusi di potere. Detto questo, il segnale d’allarme è suonato e sarebbe molto sciocco ignorarlo. Un passo falso si perdona, due forse no.
Seconda lezione da trarre. In difesa della Cancellieri la bizzarra maggioranza delle larghe intese si è mossa animata da una sintonia di fondo che è davvero rara. Per una volta abbiamo intravisto quell’attitudine “bipartisan” che di solito è introvabile. Si dirà che sarebbe meglio cogliere questo spirito “bipartisan” in altri situazioni, magari quando c’è da realizzare qualche riforma e non solo da salvare un membro del governo. Tuttavia va sottolineato il dato emerso nella giornata di ieri: Letta e Alfano uniti nel sostegno al Guardasigilli, ben consapevoli che le dimissioni del ministro avrebbero aperto il vaso di Pandora. Viceversa Pd e Pdl si dimostrano determinati a chiudere i varchi. Beppe Grillo ha fatto di tutto per divaricarli, quei varchi, ma non c’è riuscito. Troppo grande la disparità delle forze in campo e troppo debole, anzi inconsistente il grimaldello del caso Cancellieri per spingere il paese alle urne.
Qui in effetti è la terza lezione. Nelle ultime ore abbiamo avuto la conferma che le elezioni anticipate sono lontane. Per quanto contraddittoria e percorsa da vari fermenti al suo interno, la maggioranza Pd-Pdl-centristi non si sta disintegrando. Al contrario, trasmette l’impressione di una certa ritrovata solidità. E di questo si è reso conto Grillo. L’offensiva dei Cinque Stelle contro il ministro della Giustizia nasce proprio dalla constatazione che non c’è più molto spazio per buttare all’aria le larghe intese e correre alle urne. La stessa alleanza di fatto fra Berlusconi e Grillo mostra la corda.
Il leader storico del centrodestra ha ieri dovuto promettere “stabilità” e lunga vita al governo Letta. Per adesso la linea politica è quella indicata da Alfano, nonostante l’incombere del voto sulla decadenza dal Senato. Non diciamo che Berlusconi sia rassegnato a uscire da Palazzo Madama, ma è evidente che un passo dopo l’altro si sta arrivando alla scelta decisiva. E invece di abbandonarsi a un crescendo distruttivo, l’interessato afferma di sperare ancora nella clemenza di Napolitano. Atteggiamento alquanto remissivo in chi fino a poche settimane fa minacciava sfracelli nel caso in cui Palazzo Madama si fosse pronunciato per la decadenza. Ora sembra di assistere a un altro film. Il Pdl da un lato e il Pd dall’altro non hanno alcuna fretta di accorciare la vita del governo Letta.
Si preparano entrambi a ricostruire un po’ di politica. Alfano sul fronte della vasta area moderata e pensando al dopo-Berlusconi. Renzi nel campo di una sinistra da rifondare prima di pensare alle elezioni. Ecco allora che il caso Cancellieri era solo un fastidio, una pratica da sbrigare in tempi rapidi. Purché sia chiaro che la stabilità senza riforme e soprattutto senza un governo incisivo non serve a nessuno.
Il Sole 24 Ore – 6 novembre 2013