Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore. L’aumento dei prezzi nel 2022 costerà alle famiglie italiane quasi 9 miliardi di euro soltanto per la spesa alimentare. È con questi dati che ieri a Roma la Coldiretti ha aperto la sua assemblea nazionale, quantificando un caro-vita che i consumatori già oggi percepiscono come più elevato del tasso di inflazione rilevato dall’Istat. A guidare la classifica dei rincari è la verdura, che quest’anno costerà complessivamente alle famiglie 1,97 miliardi in più. Pane, pasta e riso seguono a ruota, con un aggravio di 1,65 miliardi, mentre per la carne e i salumi gli italiani dovranno spendere 1,54 miliardi in più. Al quarto posto, nella top ten del caro-carrello, c’è la frutta con 920 milioni di euro, poi ci sono uova e latticini (780 milioni), il pesce (77o milioni) e i condimenti come l’olio e il burro (590 milioni). Secondo l’analisi della Coldiretti, a spingere i rincari e l’aumento sarebbe anche l’aumento delle importazioni di prodotti agroalimentari dell’estero, che dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali sono cresciute in valore di quasi un terzo.
L’altra faccia della medaglia dell’aumento dei costi è quella che colpisce i produttori agricoli, dal caro-gasolio alla fiammata dei fertilizzanti, cui si somma la mancanza d’acqua dovuta all’allarme siccità. La confederazione degli agricoltori lancia l’allarme: le aziende agricole italiane a rischio fallimento sono 250mila, circa il 13% del totale. Ma gli agricoltori che oggi producono in perdita, in realtà, sono molti di più, più o meno un terzo del totale. «Con la siccità che è andata ad aggravare gli effetti del conflitto in Ucraina – dice la Coldiretti – sull’agricoltura italiana si è scatenata una tempesta perfetta, con il taglio dei raccolti in media di un terzo».
Con la crisi di governo appena consumata e le elezioni alle porte, l’assemblea della Coldiretti di ieri è stata tutta un via vai di leader politici, intenzionati a far breccia su una platea che vale un milione e mezzo di associati. «La campagna elettorale non fermi gli interventi necessari per garantire la sopravvivenza delle imprese agricole, gli investimenti per ridurre la dipendenza alimentare dall’estero e assicurare a imprese e cittadini la possibilità di produrre e consumare prodotti alimentari al giusto prezzo», ha fatto sapere loro il presidente dell’associazione, Ettore Prandini. Che si è detto anche preoccupato dal rischio di perdere i 35 miliardi di fondi che l’Europa ha destinato complessivamente all’agricoltura italiana da qui ai prossimi cinque anni: «Sulla Pac, la Politica agricola comune – ha aggiunto il presidente Prandini – occorre superare le osservazioni di Bruxelles e approvare in tempi stretti il Piano strategico nazionale, senza il quale non sarà possibile far partire la nuova programmazione dal primo gennaio 2023».
Le priorità e il Pnrr
Un’importante spinta alla crescita dell’agricoltura nazionale dovrà inoltre arrivare dalla messa a terra del Pnrr, «di cui l’Italia non può fare a meno – ha detto Prandini – e in coerenza con gli impegni del Pnrr la prossima legge di bilancio dovrà sostenere il ruolo dell’agroalimentare nazionale, che oggi rappresenta il 25% del Pil ed è diventata la prima ricchezza del Paese, con misure per tutelare il reddito delle aziende agricole, anche a livello di tassazione. Misure indispensabili anche per fronteggiare il drammatico aumento dei costi, con punte del +250%».
Al prossimo nuovo governo, infine, la Coldiretti affida la lista delle priorità programmatiche. Accanto ai 35 miliardi di fondi europei da non perdere e al Pnrr da portare a completa attuazione, l’associazione chiede la creazione di un ministero dell’Agroalimentare che si occupi di tutta la filiera, dal campo alla trasformazione industriale, fino alla tavola. Nei rapporti con l’Unione europea, invece, Coldiretti domanda fermezza nel dire no al Nutriscore, l’etichetta a semaforo accusata di penalizzare gli alimenti made in Italy, e chiede di fare muro contro il cibo sintetico, dalla carne al latte. Sul tavolo, infine, mette il piano invasi, che la stessa Coldiretti ha elaborato insieme all’Anbi e che prevede la creazione di una rete di bacini di accumulo che arriverebbe a raccogliere il 50% dell’acqua piovana, che oggi finisce dispersa.