«Abbiamo chiesto alle casse previdenziali misure di equilibrio finanziario, in mancanza delle quali si passa al metodo contributivo». Lo ha sottolineato il ministro del Lavoro e del Welfare, Elsa Fornero in commissione al Senato. «Pur non potendo intervenire in questi istituiti di diritto privato vogliamo evitare – ha precisato – che se queste misure di equilibrio finanziario non venissero adottate le eventuali conseguenze negative ricadano inevitabilmente o sulle future generazioni o finiscano per gravare sulle casse pubbliche». Insorge Walter Anedda (commercialisti): «La manovra impone alle casse previdenziali professionali di adottare, entro il 31 marzo, riforme in modo tale che il saldo previdenziale si mantenga positivo nell’arco dei prossimi 50 anni».
«Ma questo saldo sarebbe solo la differenza tra le pensioni versate e i contributi incassati e non terrebbe conto, invece, dei patrimoni che la cassa accumula nei momenti in cui ci sono molti lavoratori iscritti. E’ un criterio illogico, così come è illogico che si passi di colpo dal prevedere una sostenibilità a 30 anni a una a 50 anni o si minacci il passaggio al contributivo, sistema che molte casse hanno già adottato». «Se il criterio da adottare è quello del saldo previdenziale positivo -polemizza Anedda – allora perché non lo si fa adottare anche dall’Inps, il cui bilancio complessivo annuale è sempre negativo? Ma questo -spiega- non si nota tanto perché ci pensa la fiscalità collettiva». Bisogna spiegare, insiste Anedda, «che le casse di previdenza professionali non pesano sul pubblico e sono del tutto autosufficienti».
«Le nostre casse sono ben amministrate, in equilibrio e garantiscono la pensione dei nostri colleghi – spiega Marina Calderone, presidente del Cup, Comitato unitario professioni -. Non c’è alcuna preclusione da parte nostra a rivedere i meccanismi della previdenza dei professionisti. Ma questa trasformazione non può passare per un esproprio dei patrimoni delle Casse. Perché poi sarebbe proprio questo l’esito scontato della nascita di un Super Inps».
«Pare quasi che la richiesta ministeriale sia un pretesto per cogliere in presunto fallo gli Enti previdenziali dei professionisti e ottenere, così, l’ottima scusa per sottoporre anch’essi al contributivo pro rata – dice il presidente Enpav, Gianni Mancuso -. Senza considerare che, diversamente dal settore previdenziale pubblico, le Casse accantonano in Bilancio delle riserve rappresentative del proprio Patrimonio netto, rivalutato ogni anno, che in extrema ratio, rappresentano un’ulteriore garanzia della sostenibilità dell’Ente. Considerata l’impermeabilità delle Casse ai bilanci statali, la logica sottostante all’applicazione ad esse del contributivo pro rata sarebbe quella di una maggiore tutela delle giovani generazioni. Ma, in realtà, data l’applicazione pro rata, ovvero diversificata a seconda dei diversi periodi contributivi, sarebbero proprio i giovani a scontare il maggior onere di eventuali manovre di adeguamento. Ad essi, infatti, al momento del pensionamento, verrebbe applicato il metodo contributivo per l’intero periodo lavorativo, mentre i medici veterinari ad oggi pensionandi godrebbero di un calcolo retributivo applicato fino al 31/12/2011».
a cura di C.Fo. – 6 dicembre 2011 – riproduzione rservata
Per le Casse professionali condizioni «capestro»
(Il Sole 24 Ore – 6 dicembre 2011) – Preoccupate o rassegnate, con i bilanci tecnici da ricalcolare a 50 anni, sono le Casse di previdenza privatizzate con il decreto legislativo 509/1994, che nella maggioranza dei casi applicano il sistema retributivo, a fare i conti con le nuove norme previdenziali del decreto “salva-Italia”. La nuova norma impone alle Casse «l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di 50 anni» (che però non è chiaro siano da calcolare dal 2009, anno dell’ultimo bilancio tecnico o dal 2012). Chi entro il 31 marzo 2012 non si sarà riformato per rispettare il nuovo parametro passerà al calcolo contributivo con pro-rata; e a chi è già in pensione sarà richiesto un contributo di solidarietà dell’1% per gli anni 2012 e 2013.
Inarcassa – l’ente di architetti e ingegneri – raggiunge il saldo previdenziale negativo nel 2033 (mancano 26 anni). «Purtroppo nel decreto non si tiene conto del patrimonio – afferma il presidente, Paola Muratorio – che ammonta a 6 miliardi e che quest’anno ci darà 600 milioni di rendimenti. Una riforma di tale portata richiede tempo che non abbiamo. Ovviamente – conclude la Muratori – faremo ciò che deve essere fatto, ma per i giovani sarà un duro colpo». È preoccupato anche Fausto Amadasi, presidente della Cassa geometri: il calo di lavoro, registrato soprattutto dai profili tecnici, si unisce alle ultime manovre. «Le società tra professionisti – spiega Amadasi – sottrarranno contributi agli enti ed è aumentata la tassazione sulle rendite passata dal 12,5 al 20 per cento».
Difficoltà della crisi colpiscono duramente anche gli avvocati, soprattutto giovani: «Non nascondo – spiega il presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli – che per noi sarebbe una stangata, perché implicherebbe un obbligato aumento della contribuzione che in un momento come questo rischia di deprimere ulteriormente i redditi. È un salto troppo lungo senza gradualità. Ma faremo i nostri conti e, nel caso, ci adegueremo».
Enpam (medici) e consulenti del lavoro hanno allo studio riforme che – dicono – permetteranno loro di rispettare i nuovi parametri. Per i primi, un aumento dell’età pensionabile e del contributo soggettivo. Per i secondi, si prevede il passaggio al calcolo contributivo, strada già percorsa nel 2004 da dottori commercialisti e ragionieri. Eppure «Nonostante il varo del contributivo 7 anni fa e di un contributo di solidarietà pagato su base modulare dai pensionati sino al 5% (sino al 7% per chi si è ritirato entro il 2004) – spiega Walter Anedda, presidente della Cassa dottori commercialisti – avremo nel 2033 un saldo temporaneamente negativo. Ma bisogna valutare il patrimonio e i rendimenti. Se no si falsa il reale stato di salute degli enti». Sulla stessa linea Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi e dell’Adepp: «Se l’esigenza è avere sempre un saldo tendenziale positivo, senza frenate, dovremmo accumulare riserve immensamente superiori ai 5 anni tuttora previsti per legge. È la sostanziale salute a 50 anni che va appurata, compreso patrimonio, redditi e rendimenti. Se no, non bastano le sanzioni previste dal Governo a superare le gobbe previdenziali».
Si discosta Paolo Saltarelli, presidente della Cassa ragionieri: «Il contributivo ha un grande vantaggio: si regge da solo. Ma non può eliminare le sperequazioni che il passato ha generato e riassorbire il debito. Il problema che le Casse si devono porre, però, è quello dell’andamento della demografia e delle stime di richiesta di servizi professionali in un Paese che non cresce e ha un numero di professionisti spesso multiplo rispetto a Francia e Germania».
«Sembra più un pretesto – afferma Gianni Mancuso, presidente della Cassa veterinari – per cogliere in fallo gli Enti e ottenere l’ottima scusa per sottoporli al contributivo ignorandone l’autonomia».
Infine, l’unica Cassa in grado oggi di soddisfare il saldo previdenziale positivo a 50 anni è la Cassa dei farmacisti, grazie a un contributo fisso base di 4.195 euro l’anno e una pensione media intorno ai 9mila euro. «Ma la liberalizzazione delle farmacie – spiegano – avrà sicuramente un impatto sui conti, ora impossibile da quantificare».
Ilsole24ore.com – 6 dicembre 2011