Il Sole 24 Ore. Sulla decorrenza operativa della nuova Irpef a quattro aliquote che dall’anno prossimo promette tagli di tasse per oltre 6,5 miliardi a 30 milioni abbondanti di contribuenti l’emendamento governativo alla manovra approvato al Senato non dice nulla. Ma tutto lascia intuire che l’avvio effettivo dell’imposta alleggerita arriverà a marzo. Con un conguaglio per recuperare gli effetti della riduzione relativi ai primi due messi dell’anno.
La mossa, che dovrebbe arrivare in via amministrativa con un chiarimento dell’agenzia delle Entrate, è indispensabile per evitare il caos che colpirebbe i sostituti d’imposta chiamati a risolvere un rebus con tre variabili: le nuove aliquote, l’adeguamento delle addizionali che si devono allineare all’impianto a quattro scaglioni (articolo a fianco) e il debutto dell’assegno unico.
Proprio dalle addizionali arriva il primo indizio esplicito per i tempi posticipati dell’avvio attuativo del taglio d’imposta. Regioni ed enti locali devono infatti armonizzare la loro Irpef, oggi in genere articolata su cinque scaglioni, all’architettura delle aliquote ridisegnata dal primo modulo della riforma. E per farlo, lo stesso emendamento governativo dà tempo a giunte e consigli fino a marzo.
Alla stessa data, sempre ieri, la Conferenza Stato-Città ha fatto slittare i termini per l’approvazione dei bilanci comunali, che si portano dietro quelli relativi alle delibere tributarie. Per attendere tutto questo riordino in chiave territoriale, quindi, la nuova Irpef dovrebbe in realtà attendere fino al mese di aprile.
Sempre a marzo è previsto l’ingresso in campo, o per meglio dire in busta paga, del nuovo assegno unico che assorbirà gli attuali aiuti alla famiglia e le detrazioni Irpef per i figli a carico. Anche in questo caso l’avvio operativo è slittato di due mesi per ragioni tecniche: a partire dall’esigenza, sollevata dal governo come motivazione ufficiale, di dare alle famiglie il tempo necessario per presentare le dichiarazioni Isee che guideranno l’articolazione dell’assegno.
L’incrocio di questi due fattori spinge verso l’inizio della primavera l’arrivo in stipendi e pensioni dell’Irpef a quattro aliquote. Che altrimenti costringerebbe datori di lavoro e sostituti d’imposta in genere a rivedere per tre volte in tre mesi tutto l’impianto dei calcoli indispensabili a definire l’imposta di ogni contribuente.
Un passaggio del genere, del resto, sarebbe tecnicamente impossibile anche per molte delle case di software che devono adeguare i gestionali alla riforma. Un problema avvertito dalle aziende riunite in Assosoftware, che infatti attendono di essere chiamate a inizio 2022 ai tavoli tecnici in cui si definiranno le procedure operative per l’applicazione della nuova imposta.
Questo non significa però un taglio di un sesto dei benefici apparecchiati dalla manovra per il 2022. Perché i meccanismi dell’Irpef aprono lo spazio al conguaglio, che anzi potrebbe rendere particolarmente ricchi gli stipendi e le pensioni del mese di debutto effettivo, quando si recupereranno gli effetti dei mesi precedenti. In un periodo che per i dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici potrebbe coincidere con l’arrivo degli effetti del rinnovo contrattuale, che si porta dietro arretrati da 1.163 a 2.466 euro a seconda della posizione economica di inquadramento dell’interessato. Per esempio per un lavoratore dipendente con 40mila euro di reddito lordo annuo potrebbe arrivare a marzo una riduzione d’imposta di 236,2 euro, tre volte i 78,7 euro di beneficio mensile che rappresentano il picco degli sconti messi sul tavolo dalla nuova Irpef.
Per il taglio Irap, che cancella l’imposta per 835mila partite Iva tra professionisti e ditte individuali, il calendario è più semplice. Il primo appuntamento in programma è infatti quello dell’acconto di metà giugno: di cui i contribuenti interessati dall’intervento che riduce il gettito di un miliardo all’anno potranno tranquillamente disinteressarsi.
La norma, inserita nel maxiemendamento governativo che ha riscritto l’Irpef, finora è passata sotto silenzio. Ma per le imposte locali non è una passeggiata. La ragione è semplice.
Le addizionali delle Regioni, e quelle dei 2.959 Comuni che hanno scelto di differenziare le aliquote per fasce di reddito (sono il 43,6% degli enti che applicano l’addizionale), deve seguire gli scaglioni previsti a livello nazionale. Dall’anno prossimo aliquote e scaglioni si riducono da cinque a quattro. E a livello locale dovrà accadere la stessa cosa.
C’è però un aspetto che complica ulteriormente il tutto. Nell’Irpef nazionale il cambio di aliquote è accompagnato da una revisione profonda delle detrazioni, che vengono aumentate in modo tale da garantire a tutti una riduzione d’imposta rispetto ai livelli attuali. Ma nelle addizionali le detrazioni non esistono: contano solo le aliquote.
Da questo punto di vista, il passaggio dal sistema articolato in cinque scaglioni al nuovo impianto basato su quattro lascia immutate le richieste per i redditi fino a 15mila euro, le abbassa di due punti (dal 27% al 25%) per quelli fra 15 e 28mila euro, offre uno sconto di tre punti alle dichiarazioni fra 28mila e 50mila euro (dal 38 al 35%) ma prospetta aumenti anche assai bruschi per i redditi superiori. Nella fascia 50-55mila euro si passa dal 38 al 43%, e fra 55 e 75mila il salto è di due punti (dal 41 al 43%) mentre l’aliquota resta immutata al 43% sopra quei livelli. Prima conseguenza: il semplice trasporto proporzionale delle addizionali dal vecchio al nuovo sistema porterebbe a chiedere di più ai redditi fra 50 e 75mila euro. Ma c’è di più.
I calcoli in Regioni e Comuni saranno ovviamente guidati dall’obiettivo di mantenere con la nuova Irpef il gettito che avevano in programma con la vecchia. Spalmandolo però su quattro gruppi di contribuenti e non più su cinque. In una piramide schiacciata al ribasso come quella dei redditi dichiarati dagli italiani, 32 milioni di contribuenti su 41,5 milioni (il 77%) si affollano nei primi due scaglioni dell’Irpef 2022.
In un quadro del genere, il rischio che a far tornare i conti sia un aumento sugli ultimi due scaglioni è concreto, ed è particolarmente intenso per i redditi fra 50 e 75mila euro che nel nuovo impianto entreranno nella famiglia dei “più ricchi” per il fisco.
Tecnici e assessori dovranno lavorare parecchio di calcolatrice per trovare una quadratura del cerchio che non si annuncia semplice. Per farlo avranno tempo fino al 31 marzo.
Proprio per questa ragione ieri mattina la conferenza Stato-Città ha deciso il rinvio a fine marzo dei termini per i preventivi degli enti locali, come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, che si porta dietro la scadenza delle delibere tributarie. «Una notizia importante per i Comuni che avranno il tempo di valutare gli effetti della riforma fiscale», sottolinea il vicepresidente dell’Anci Roberto Pella.