La tanto attesa riforma della responsabilità sanitaria è dunque legge dello Stato. L’articolato di norme contiene una serie di novità di assoluto rilievo, alcune che dovranno essere rese operative con l’emanazione dei provvedimenti attuativi, altre che saranno già vincolanti alla entrata in vigore della legge per la quale si attende solo la pubblicazione in Gazzetta. Il tutto poi dovrà essere affinato dalle interpretazioni che la magistratura potrà essere chiamata a dare sulle non poche criticità che ogni legge di rivisitazione di un preesistente impianto normativo porta con sé.
Ma le novità più interessanti consentono di affermare che la legge rappresenta una radicale modifica – se non una vera e propria rivoluzione – del sistema odierno, tanto sul piano sostanziale che su quello processuale.
Circa la nuova disciplina della responsabilità dell’operatore sanitario (non solo del medico, quindi, ma di tutti i soggetti professionali che gravitino attorno al mondo della sanità), la legge pone innanzitutto una esimente da imputazione di imperizia ogni volta il sanitario abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in assenza, dalle «buone pratiche clinico-assistenziali» (così è con l’introduzione del nuovo articolo 590-sexies del Codice penale).
Quanto invece alla responsabilità civile, la legge detta un doppio binario, distinguendo definitivamente tra responsabilità della struttura sanitaria, sempre di tipo contrattuale, e responsabilità dell’operatore sanitario, dipendente o meno, sempre di natura extracontrattuale, salvo quando lo stesso abbia agito assumendo un espresso impegno contrattuale (di risultato).
La distinzione non è di poco conto, perché la responsabilità extracontrattuale porta sempre a una maggior tutela giudiziale (in questo caso a favore del sanitario dunque), sia sul piano dell’onere della prova (che graverà sul paziente danneggiato), sia sul piano della prescrizione quinquennale in luogo di quella decennale alla quale resta esposta l’azienda sanitaria.
Molte le novità anche per il processo civile che dovrà stabilire i futuri risarcimenti da colpa medica. Innanzitutto l’articolo 8 della legge pone una doppia e alternativa condizione di procedibilità dell’azione che la vittima di errore dovrà assolvere prima del giudizio, imponendo l’esperimento di un ricorso per accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi (Atp), ovvero di una procedura di mediazione.
Del tutto nuovo è poi il regime che condiziona le rivalse che le strutture sanitarie, l’assicuratore che abbia pagato il danno e la stessa Corte dei conti per il danno erariale potranno proporre contro gli operatori sanitari dipendenti o strutturati. Tale azione infatti potrà essere promossa solo dopo che sia stato pagato il risarcimento (per sentenza o per transazione) ed entro un anno dal versamento della somma dovuta o concordata. In ogni caso la condanna del sanitario non potrà mai superare le tre annualità lorde di reddito percepito nel periodo più prossimo al momento del sinistro.
Molto importante è la nuova funzione che la legge attribuisce alle imprese di assicurazione, istituendo, in capo alle aziende sanitarie pubbliche o private, l’obbligo di contrarre idonee coperture assicurative (onere alternativo solo alla cosiddetta “autoassicurazione” o ritenzione del debito risarcitorio sul proprio conto economico) e concedendo all’attore danneggiato la facoltà di citare direttamente in giudizio l’impresa di assicurazione della azienda sanitaria e del medico libero professionista.
La legge demanda a un decreto attuativo l’indicazione dei contenuti minimi obbligatori che le future polizze contratte da strutture e sanitari dovranno avere, con l’indicazione delle classi di rischio, dei massimali e delle altre condizioni generali di operatività (durata, oggetto assicurato, franchigie e altro), normalmente rimessi alla libera trattativa tra contraenti.
La funzione sociale della assicurazione obbligatoria che, assieme ai medici dovranno contrarre le aziende sanitarie, è ribadita dal divieto di opporre al terzo danneggiato le eccezioni contrattuali (diverse da quelle minime che saranno introdotte con il futuro decreto attuativo). Ciò significa che le eventuali vicende del contratto, che potrebbero portare a una negazione di copertura verso il professionista o la struttura, non costituiranno un limite al risarcimento, che graverà comunque sull’assicuratore, il quale potrà in seguito agire in rivalsa verso il proprio assicurato.
L’impatto complessivo della legge – una volta portata a regime – sarà quello di sbilanciare il profilo risarcitorio e giudiziale nella “med mal” verso una maggiore esposizione delle aziende sanitarie, con un profilo più protettivo e defilato dell’operatore sanitario.
Filippo Martini – Il Sole 24 Ore – 2 marzo 2017