Giacomo Galeazzi. Dilagano i cibi «low cost», i rischi alimentari e le violazioni del «made in Italy». Con la crisi – afferma la Coldiretti sulla base dell’attività svolta dai Nas dal 2008 al 2014 – si sono moltiplicate le frodi a tavola con un incremento record del 277% del valore di cibi e bevande sequestrate, perché adulterate, contraffatte o falsificate. Autentica disfatta.
In 10 anni sono raddoppiate le importazioni in Italia di parmigiano e grana contraffatti e quattro prosciutti su cinque provengono da maiali allevati all’estero, ma con l’indicazione fuorviante «nostrano». Per una mozzarella su quattro niente latte, solo cagliata straniera. Concorrenza sleale e marchi «tarocchi». Per arginare la corsa al ribasso a danno della salute e della buona tavola, da Nord a Sud è scattata l’offensiva dei Nas contro gli alimenti scaduti o adulterati. Diciotto tonnellate di cibi scaduti, in cattive condizioni e privi di tracciabilità, sono state sequestrate nelle ultime due settimane dai carabinieri per la tutela della salute in una serie di controlli in stabilimenti di produzione e punti vendita di quattro regioni (Abruzzo, Campania, Piemonte e Puglia). Dati inequivocabili.
Un’emergenza, stimando che le frodi nel settore alimentare sono aumentate del 277% dall’inizio della crisi e i timori a tavola colpiscono due italiani su tre. «In sette anni è cresciuto il tasso di povertà – evidenzia il sociologo Domenico De Masi -. Per otto milioni di impoveriti è diminuita la durata della vita, la possibilità di curarsi e di mangiare sano. Malgrado il trionfo in tv di chef e programmi di alta cucina, è crollato il livello dei consumi e i produttori di alimenti tagliano sulla qualità degli ingredienti per riempire gli scaffali coi prodotti peggiori, a prezzi stracciati e meno salutari. In Italia chi appartiene ad una classe elevata vive sei anni in più rispetto ai ceti meno abbienti».
Mangiare peggio significa ammalarsi di più . Le frodi a tavola – sottolinea Coldiretti – si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi «low cost» e sono crimini odiosi: si fondano sull’inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti degli alimenti.
Occorre «stringere le maglie troppo larghe della legislazione», a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata». I timori aumentano: il 65% degli italiani – secondo un’indagine Coldiretti/Ixe – oggi hanno paura a tavola perché ritengono che la crisi abbia fatto aumentare i rischi alimentari, mentre il 2% dichiara di esserne stato vittima. Un esempio: nell’operazione dei Nas a Foggia, in un’industria dolciaria della zona della Capitanata, sono state sequestrate 10 tonnellate di materie prime, tra cui farine, margarina e sciroppi, utilizzate per la produzione di coni e cialde per gelati, scaduti anche da sette anni, nonché prodotti dolciari pronti per la vendita, conservati in locali in stato di degrado, con macchinari e attrezzature sporche.
Ad Asti, è stato scoperto un laboratorio di panificazione che produceva illecitamente per la successiva vendita «pane di Altamura» Dop che, secondo la normativa, può essere prodotto esclusivamente nel Comune pugliese con l’impiego di farine ottenute da speciali varietà di grano duro coltivato nella Murgia. E nelle bottiglie di olio in vendita nei discount manca in alcuni casi la provenienza delle olive impiegate. Ovunque, poi, ricette modificate, uso di ingredienti di minore qualità, metodi di produzione non approvati dall’Ue. Un inganno per i consumatori. Il concentrato di pomodoro cinese e le nocciole turche accomunano botteghe e supermarket. Il commercio al dettaglio arranca, la qualità crolla.
“Ma è un errore: alla fine spenderemo in medicine”. Carlin Petrini: recuperiamo il valore della qualità
Roberto Fiori. «Siamo figli di un’epoca che ha permesso la svalorizzazione del cibo». Carlo Petrini commenta così il moltiplicarsi delle frodi a tavola e la diffusione sempre più massiccia dei cibi low cost. Ma il fondatore di Slow Food e di Terra Madre non ha dubbi: «Questa grave perdita di valore non è figlia della crisi: è nata ben prima di oggi».
Quando, secondo lei?
«Quando siamo passati da una società contadina, che aveva al suo interno un rapporto con la natura anche difficile, ma rispettoso, a una società industriale che aveva come unico fine il profitto. Quando abbiamo iniziato a concentrarci esclusivamente sul prezzo e non sul valore».
Con quali conseguenze?
«Il risultato di questo processo è sotto gli occhi di tutti: abbiamo abbandonato le buone pratiche di formazione rispetto alla natura, alla produzione del cibo, alle caratteristiche sociali ed economiche, nutrizionali e ambientali».
Una perdita di educazione, quindi?
«Certo, e a lungo andare ciò non poteva che generare questa nuova realtà. La crisi e le ristrettezze odierne non sono fattori determinanti, tant’è vero che nei precedenti momenti di grande povertà della nostra civiltà non si erano create situazioni simili. Nelle Langhe, ai tempi della “malora”, si viveva con disagio, ma le pratiche erano assolutamente rispettose del cibo».
Dove ci sta conducendo questo fenomeno?
«Verso le frodi e verso la svalutazione di ciò che mangiamo, ma anche verso una situazione di malasanità. Pagheremo il dazio di questa incultura alimentare in medicine. Il mangiare male si ripercuoterà su di noi e assisteremo a quella che in economia viene definita l’esternalità negativa».
Non è paradossale che ciò avvenga in un momento in cui nella società, e in particolare in tv, vengono sempre più esaltati chef e ricette?
«La “cucinaria” e la “ricettistica” che ci propinano in televisione hanno un’influenza minima rispetto all’educazione alimentare. Lo spadellamento ha un forte impatto mediatico, ma in realtà la grande rivoluzione nel sistema produttivo industriale non è stata spiegata: non sappiamo veramente cosa mangiamo e questa profonda ignoranza è alla base di comportamenti anche schizofrenici, dove siamo disposti a spendere centinaia di euro per uno smartphone e a non dare valore a ciò che portiamo ogni giorno a tavola».
Dove ci condurrà questa esasperazione?
«A non capire quella che è una delle essenze dell’alimentazione: la morigeratezza, senza la quale non esiste né salute né educazione. Oggi chi promuove la qualità alimentare viene bollato come un radical chic che ha i soldi, mentre gli altri sono i poveri che mangiano cibo-spazzatura. Eppure, uno può anche mangiare benissimo, ma, se non è morigerato, prima o poi starà male anche lui. Ci vuole più sensibilità, bisogna riconciliarsi con la terra madre e con la conoscenza».
La Stampa – 9 marzo 2015