L’anticipo di pensione (Ape) a costo zero per le categorie agevolate potrà riguardare importi al massimo di 1.300-1.350 euro lordi, cioè tra mille e 1.100 euro netti. Per le quote eccedenti scatteranno invece le penalizzazioni. La Ragioneria generale dello Stato sta facendo i conti e il responso potrebbe arrivare solo a ridosso dell’incontro di questa mattina alle 8 tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, e i segretari di Cgil, Cisl e Uil.
Ma la franchigia massima dovrebbe appunto essere questa. Una cifra nettamente inferiore ai 1.650 euro lordi chiesti dai sindacati e più bassa dei 1.500 euro lordi ipotizzati il 28 settembre quando governo e sindacati hanno firmato il verbale conclusivo della trattativa sulla previdenza. Verbale che contiene un pacchetto di misure, dall’anticipo di pensione all’aumento della quattordicesima alle ricongiunzioni gratuite, che verrà attuato con la legge di Bilancio che il consiglio dei ministri approverà domani.
Secondo il verbale, l’Ape, cioè l’anticipo di pensione che i lavoratori potranno richiedere al compimento dei 63 anni (e se hanno almeno 20 anni di contributi) potrà avere due forme: l’Ape «agevolata» e l’Ape «volontaria». La prima avrà la forma di un «“reddito ponte” interamente a carico dello Stato per un ammontare prefissato», i 1.300-1.350 euro lordi appunto, «ferma restando la facoltà dell’individuo di richiedere una somma maggiore». Vi potranno accedere i disoccupati che hanno terminato gli ammortizzatori sociali, gli invalidi, i lavoratori con disabili a carico e quelli che rientrano nelle categorie del lavoro «gravoso». Il verbale precisa che «la convergenza tra governo e sindacati in merito all’Ape agevolata resta ovviamente condizionata all’esito positivo» del confronto sulla definizione della franchigia e delle categorie ammesse alla stessa. Per questo «l’accordo» di cui ha parlato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, «come un passo in avanti significativo» al punto che «sono stato una settimana sotto antibiotico perché non ero più abituato», non è scontato, tenendo conto, per esempio, che la Cgil non ha mai condiviso il meccanismo dell’Ape.
Fino a ieri a Palazzo Chigi si dicevano convinti di poter includere nel lavoro gravoso i lavoratori sui quali insiste il sindacato: dagli edili ai macchinisti, dagli infermieri alle maestre d’asilo. Ma bisognerà fare i conti con le risorse a disposizione. Che non sono molte. Per il 2017 per finanziare l’Ape agevolata e l’uscita anticipata dei lavoratori «precoci» (quelli che hanno cominciato prima dei 18 anni d’età) ci sono 700 milioni che diventano un miliardo e cento milioni nel 2018. Il primo anno la cifra è più bassa perché l’Ape (e questa è un’altra novità che sarà ufficializzata questa mattina ai sindacati) non potrà partire prima del primo maggio 2017.
Quanto all’Ape «volontaria», questa avrà un costo per ogni anno di anticipo del 4,6-4,7% in media (all’inizio di più poi, con l’aumentare della pensione in relazione al costo della vita, meno). Di tanto cioè verrà tagliata la pensione effettiva, quella che decorre dall’età legale di vecchiaia (oggi 66 anni e 7 mesi) per rimborsare nell’arco di venti anni la banca che avrà fornito sotto forma di prestito l’anticipo di pensione e l’assicurazione (necessaria, perché sarà questa ad intervenire per rimborsare la banca nel caso il titolare dell’Ape dovesse morire prima di aver completato la restituzione del prestito). Il costo è notevole (circa il 18% di taglio se uno va in pensione 3 anni e sette mesi prima) tanto che lo stesso Renzi ha detto: «Non so quanti accetteranno di andare via prima». Confermato, infine l’aumento del 30% della quattordicesima per i pensionati fino a 750 euro al mese (la nuova quattordicesima oscillerà fra 437 e 655 euro in base ai contributi versati) e l’introduzione dello stesso bonus (ma con gli importi attuali, cioè fra 336 e 504 euro) per i pensionati tra 750 e mille euro al mese.
Enrico Marro – Il Corriere della Sera – 14 ottobre 2016