di Michele Di Branco, il Messaggero. Fare cassa riaprendo il dossier pensioni. La salute dei conti pubblici, minata da una crescita che non decolla e che non potrà certo essere lo 0,8% previsto dal governo nel Def, impone a Palazzo Chigi una riflessione sulla spesa previdenziale. Un capitolo che vale 236 miliardi di euro nel bilancio dello Stato e sul quale il commissario Cottarelli ha acceso i fari suggerendo un intervento energico.
Con grande prudenza, il ministero del Tesoro si sta muovendo per cercare di capire in quale direzione agire e l’area individuata è quella delle pensioni più alte. Ma con un occhio puntato in particolare sui trattamenti frutto del calcolo retributivo, in soffitta con la riforma del ’95 che ha determinato il passaggio del calcolo delle pensioni al metodo contributivo.
Questa operazione è stata attuata assicurando comunque il diritto di vedersi liquidare la pensione per intero con il metodo retributivo nel caso in cui nell’anno di entrata in vigore della riforma fossero già stati accumulati 18 anni di anzianità contributiva. Per tutti gli altri è stato previsto un meccanismo misto per cui la pensione viene liquidata in parte con il metodo retributivo e in parte con quello contributivo, in proporzione al numero di anni di anzianità contributiva ante e post riforma.
LA SIMULAZIONE
Ebbene l’ipotesi di riforma che circola in Via XX Settembre, e che è stata testata con alcune simulazioni, è applicare un contributo di solidarietà solo sulla parte dell’assegno previdenziale maturato con il sistema contributivo. La materia è scivolosa e fonti vicine al dossier raccontano che l’attenzione si è concentrata su una opzione che riguarda le pensioni che superano i 62 mila euro. In quell’area ci sono 186 mila persone (pari all’1,1% di tutti i pensionati) il cui costo è di 15 miliardi: il 5,5% del totale.
L’ipotesi è applicare 4 aliquote (8, 21,28 e 37%) sulla parte di pensione maturata con il retributivo. Ovviamente le aliquote salgono con il crescere della parte che eccede la pensione calcolata con il contributivo puro. Tanto che, in alcuni casi di pensioni superiori a 200 mila euro, sono spuntati fuori non pochi risultati impressionanti. Ad esempio, un certo numero di assegni decurtati di 50-60 mila euro. Un effetto chiaramente distorsivo che avrebbe un impatto insostenibile dal punto sociale. Non indifferenti, invece, i risultati sul piano dei risparmi previdenziali: 800 milioni. Una versione applicata ad una platea più estesa è stata invece tentata prendendo in esame i pensionati sopra i 35 mila euro.
Una soglia scelta non a caso in quanto si tratta di persone a riposo (600 mila individui) che stanno già pa gando il blocco delle indicizzazioni all’inflazione previsto fino al 2016. In questo caso i risparmi di spesa, secondo una stima prudenziale, salgono fino a 2 miliardi di euro Tuttavia, precisa chi sta seguendo la vicenda, questa pista è stata messa da parte. Sull’intero dossier, comunque, pesano un paio di incognite.
In primo luogo perché i dati Inps, in particolare per quanto riguarda i dipendenti pubblici, rendono difficile la ricostruzione della camera previdenziale di centinaia di migliala di italiani. E in secondo luogo perché un provvedimento che taglia una pensione già maturata in forza di regole successive, espone il fianco alla censura della Corte Costituzionale.
3 agosto 2014