È sempre polemica sulla Legge di Stabilità che si affaccia in Parlamento. Molti si chiedono se i 7 miliardi chiesti e ottenuti dal ministero della Difesa per l’ammodernamento della Marina siano davvero una priorità. Altri fanno notare la sproporzione quasi beffarda tra l’effetto del contributo chiesto alle pensioni d’oro (solo 63 milioni in 3 anni) rispetto alla deindicizzazione degli assegni pensionistici, che vale 4,1 miliardi nel triennio.
E in particolare uno studio della Confesercenti mostra l’effetto davvero drammatico sui redditi disponibili dei pensionati delle novità decise dal governo. Considerando anche l’effetto dell’introduzione della Tasi e del mancato sgravio Irpef, un pensionato che prende una pensione netta di 1.120 euro al mese perderà quasi 300 euro. Si sale a 389 per un assegno da 2.384 euro.
Nonostante le critiche, il premier Enrico Letta difende la manovra, con cui l’Italia può rivendicare di aver fatto i «compiti a casa» richiesti dai partner nord-europei. E dunque potrà chiedere in Europa politiche economiche all’insegna della «solidarietà», nelle quali oltre ai «sacrifici» ci sia anche una «prospettiva». Dello stesso avviso è anche il vicepremier Angelino Alfano, che però di fronte alle ricorrenti critiche che arrivano dal suo stesso partito afferma che la Legge di Stabilità non è il quinto Vangelo», e quindi «potrà essere modificata». Nel mirino del Pdl c’è la Tari, che rischia di dare brutte sorprese e di costare più dell’Imu prima casa ai contribuenti. Sul versante opposto il Pd, che invece chiede modifiche su indicizzazione delle pensioni e su esodati (con Cesare Damiano e Cecilia Carmassi) nonché sulla difesa del suolo (Massimo Caleo e Stefano Vaccari). Ci sono poi i «montiani» (nelle prossime ore ci dovrebbe essere un incontro tra Letta e il Professore), che continuano a fare rilievi sulla legge: «per sostenerla in modo incondizionato come piacerebbe ad alcuni – ironizza Enrico Zanetti, riferendosi a Casini e Mauro – bisogna non leggerla».
Tra tanti che sperano nel passaggio parlamentare, c’è anche chi invece ne è preoccupato. «Temiamo molto il passaggio in Parlamento – dice il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – perché pensiamo che la peggioreranno». Il leader degli industriali in un incontro con il suo collega tedesco Ulrich Grillo paventa l’assalto alla diligenza: «tutto dipende – spiega – da come sarà la legge: non sappiamo come sarà perché non sappiamo come uscirà dal Parlamento». Ma già ora, chiarisce, «nella versione che ci è stata presentata, non riteniamo che sia sufficiente a far ripartire la crescita nel nostro Paese».
Un giudizio negativo condiviso dai sindacati, che tornano a difendere la decisione di scioperare contro il provvedimento. Non siamo stati «precipitosi», replica al premier Enrico Letta il segretario generale della Cisl, Raffele Bonanni. Era «nella coscienza di tutti che bisognava fare qualcosa di più», aggiunge. Al governo, Bonanni chiede di aprire «un tavolo di merito sulla spesa pubblica: a quel punto», dice, «rimuoveremo lo sciopero, perché non facciamo lo sciopero per sport ma per sostenere le nostre richieste».
La Stampa – 23 ottobre 2013