Il Sole 24 Ore, Marco Rogari. Condizionata dagli effetti negativi della pandemia sul Pil e “alimentata” da Quota 100, la spesa per pensioni corre a un ritmo più sostenuto di quello del periodo che ha preceduto l’entrata in vigore della riforma Fornero. La sentenza è contenuta tra le pieghe del focus della Nadef dedicato alle tendenze di medio lungo periodo delle uscite previdenziali in cui vengono sintetizzate le ultime “proiezioni” della Ragioneria generale dello Stato. Nel dossier si evidenzia che nel biennio 2020-2021 il tasso di incremento della spesa pensionistica, al netto dell’indicizzazione ai prezzi, cresce in media al ritmo del 2% l’anno «e risulta a livelli superiori rispetto al periodo precedente la riforma del 2011» (per la precisione tra il 2010 e l’anno del concepimento della legge del governo Monti). Il tutto all’interno di una cornice che il prossimo anno vede attestarsi la spesa al 15,7% del Pil, mezzo punto in più rispetto al 2018, per scendere leggermente fino al 15,3% del 2027 (marciando comunque a un passo sostenuto) e poi risalire toccando il 16,4% nel 2044.
Quello fotografato nella Nota di aggiornamento al Def, approvata mercoledì dal Consiglio dei ministri, è dunque una sorta di ritorno al passato, favorito dalla possibilità introdotta nel 2019 dall’esecutivo “Conte 1” di uscire anticipatamente con almeno 62 anni d’età e 35 di contributi. Non a caso nella Nadef si fa notare che l’accesso alla pensione, «sia nel 2020 sia nel 2021, risulta in crescita rispetto al livello dell’anno 2019 e nella dimensione massima registrata negli ultimi vent’anni». Nell’ultimo triennio, insomma, la propensione al pensionamento risulta più accentuata di quella registrata nei dieci anni che hanno preceduto il varo della riforma Fornero. E nel dossier si sottolinea che questo andamento «si è riverberato in un significativo cambio di livello della dinamica della spesa pensionistica»: il tasso di incremento delle uscite, al netto dell’indicizzazione ai prezzi, è passato dallo 0,6% medio annuo del periodo 2014-2018 all’1,6% medio annuo nel biennio 2019-2020, con un profilo crescente (1,3% nel 2019 e 2% nel 2020).
I tecnici del Mef lasciano quindi chiaramente intendere che Quota 100, in termini di costi, ha contribuito a far tornare indietro di vent’anni il nostro sistema previdenziale. Nel Documento si afferma anche che fino al 2023 la dote originaria assegnata a questa misura, cara alla Lega, risulta sostanzialmente azzerata anche per effetto delle riduzioni rispetto alle ipotesi di partenza apportate prima con la Nadef 2019 e poi con la legge di bilancio 2020. Dal 2024 lo stanziamento a regime diventa di circa 7 miliardi l’anno.
Sempre i tecnici del Mef indicano che «negli anni successivi al 2023, residuano a normativa vigente nella predetta autorizzazione di spesa delle somme crescenti fino a raggiungere un livello di circa 3,8 miliardi annui nel 2028». Stanziamenti residui che al momento non sono stati assegnati «a interventi strutturali specifici in ambito pensionistico» perché, in mancanza di una chiara destinazione, ovvero di un provvedimento o di una norma che ne indichi con precisione l’utilizzo, «l’attribuzione alla voce spesa pensionistica risulterebbe in palese contrasto con le Raccomandazioni della Commissione europea per il Semestre europeo 2019 e 2020». Resta pertanto da individuare una destinazione per questa fetta di risorse, ma soltanto con decorrenza 2024, a meno che non si opti per una diversa redistribuzione.