Cumulo gratuito dei periodi contributivi, agevolazioni per lavoratori precoci e usuranti. Sono questi alcuni degli interventi in ambito previdenziale messi nero su bianco nel verbale siglato da governo e sindacati mercoledì scorso e che dovrebbero diventare realtà entro fine anno, con l’approvazione della legge di bilancio.
Si tratta di misure forse meno suggestive dell’anticipo pensionistico (Ape) di cui tanto si parla ma il cui complesso meccanismo deve essere ancora messo a punto e di cui, soprattutto, non si conoscono ancora i costi effettivi. Tuttavia, poiché di più facile realizzazione, potrebbero portare vantaggi immediati e concreti ai lavoratori interessati.
Cumulo dei contributi
È il caso del cumulo, che a oggi, insieme a totalizzazione e ricongiunzione è una delle tre soluzioni che consente di sommare i contributi versati in diverse gestioni per raggiungere i requisiti minimi della pensione.
Il cumulo sarà esteso alle pensioni anticipate, mentre finora può essere usato solo per la pensione di vecchiaia (raggiungibile a 66 anni e 7 mesi) a condizione che il lavoratore non riesca a perfezionare il diritto autonomo in nessuna delle gestioni ma vanti complessivamente almeno 20 anni di contribuzione.
Il criterio di calcolo, a differenza della totalizzazione, non seguirà la regola del sistema contributivo bensì sarà applicato il pro-rata con le regole vigenti in ciascuna gestione. Se il cumulo gratuito fosse esteso anche alle Casse dei libero professionisti – che finora possono attivare solo la ricongiunzione onerosa o la totalizzazione – sarebbe un ulteriore aspetto innovativo.
Naturalmente l’importo del trattamento pensionistico sarà differente rispetto a quello della ricongiunzione. Infatti, mentre nella ricongiunzione viene determinato l’onere sulla base della retribuzione goduta al momento della domanda nonché dell’anzianità contributiva complessivamente considerata e dell’importo dei contributi da trasferire da una gestione all’altra con il fine di avere un’unica pensione come se tutta la contribuzione fosse stata accreditata nella gestione di destinazione, nel cumulo ogni gestione liquida la pensione con le retribuzioni (e contribuzioni) che risultano accreditate nel fondo che liquida.
Inoltre si pone il problema – di non poco conto per l’Inps – di coloro che hanno richiesto nel passato una ricongiunzione e ancora oggi stanno pagando in forma rateale il dovuto all’istituto. Al pari di quanto previsto all’epoca dell’introduzione della totalizzazione nazionale, potrebbe essere prevista una interruzione dei piani di ammortamento in corso, con contestuale restituzione delle somme versate e rinvio delle contribuzioni alla gestione originaria. Tale soluzione, oltre a creare evidenti problemi di liquidità, causerebbe una rivisitazione dei provvedimenti emessi con inevitabile aumento dei carichi di lavoro da parte degli operatori di sede. Sempre che non si decida che gli atti e le decisioni prese con riferimento alla normativa ancor oggi vigente, continueranno a produrre i loro effetti.
Lavori usuranti
Per i lavori usuranti, così come già definiti dal decreto legislativo 67/2011 (tra questi, gli operai in catena di montaggio, notturnisti, guidatori di autobus), è prevista l’eliminazione della finestra mobile di 12/18 mesi tra la maturazione del requisito e la liquidazione della pensione. Viene altresì prevista l’eliminazione del requisito dello svolgimento della mansione usurante nell’anno di maturazione dei requisiti purché in presenza di almeno 7 anni negli ultimi dieci svolti in tali mansioni oppure di metà della vita lavorativa. L’adeguamento alla speranza di vita (stimato dal 2019 in +4/5 mesi) non dovrebbe trovare applicazione a tali lavoratori cristallizzando di fatto i requisiti previsti per il triennio 2016/2018.
Infine è prevista la semplificazione della documentazione necessaria per la certificazione del diritto di accesso al beneficio. Del resto, dal 2012, i fondi stanziati per garantire la copertura delle pensioni da parte dei soggetti che svolgono lavori usuranti si sono rivelati di gran lunga superiori rispetto alla reali necessità perché, il più delle volte, tra speranza di vita e finestra mobile, il lavoratore è riuscito a perfezionare il diritto a pensione secondo i requisiti ordinariamente previsti per le generalità dei lavoratori. Anche in questo caso le novità dovrebbero essere di facile introduzione e immediata applicazione.
Lavoratori precoci
Qualche incertezza in più c’è sulle novità per i lavoratori precoci, cioè quelli che, secondo il testo dell’accordo, possono vantare 12 mesi di contributi legati a lavoro effettivo, anche non continuativo, entro il diciannovesimo anno di età. Per tali lavoratori è prevista l’abolizione della penalità introdotte dalla riforma Monti-Fornero per pensionamenti con età inferiori a 62 anni: il taglio è dell’1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 ed è elevato al 2% per ogni ulteriore anno rispetto ai 60. Tali decurtazioni – ad oggi – sono state sospese fino al 31 dicembre 2017, dopodiché saranno nuovamente applicabili. Inoltre, i lavoratori precoci dovrebbero poter aver accesso alla pensione con 41 anni di contributi se disoccupati senza ammortizzatori sociali, oppure se hanno condizioni di salute che determinano una disabilità o se occupati in attività particolarmente gravose. Per la definizione di tali ultime attività dovrà essere trovata una convergenza tra governo e sindacati al fine di individuare i criteri di massima e questo ultimo passaggio potrebbe determinare qualche criticità. Nelle scorse settimane, infatti, il governo ha fatto sapere che consentire il pensionamento a 61 anni a tutti i precoci avrebbe determinato costi troppo elevati. Occorrerà quindi trovare un’intesa su quali categorie favorire tenuto conto delle risorse a disposizione.
Il Sole 24 Ore – 3 ottobre 2016