La prossima settimana sarà decisiva per la manovra 2019. Interventi, dimensioni e numeri saranno più chiari al termine della fitta tornata di vertici politici e di governo in programma da martedì. Il principale nodo da sciogliere resta quello dell’effettiva entità delle risorse da utilizzare in deficit e con coperture autonome. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria nel commentare l’aumento dello spread e la decisione dell’agenzia Fitch di cambiare da stabile a negativo l’outlook sul rating attuale del debito sovrano italiano ha ribadito che presto a parlare saranno i fatti confermando la sua strategia della prudenza. La quadratura del cerchio della legge di bilancio non sarà però facile da trovare alla luce dell’intensificarsi del pressing della maggioranza per far scattare dal 2019 le prime misure su flat tax, reddito di cittadinanza e pensioni. Proprio sulla previdenza nei prossimi giorni il governo dovrebbe quantificare con più chiarezza i fondi destinabili all’operazione quota 100 (somma di età anagrafica e anzianità contributiva). Al momento tra le ipotesi valutate dai tecnici del Mef ci sarebbe quella di destinare a questa misura dai 2 ai 2,5 miliardi lasciando aperta la strada solo a un intervento selettivo dato che l’uscita anticipata per tutti costerebbe 7-8miliardi l’anno.
Due le opzioni sul tavolo: dare il via a quota 100 come ulteriore strumento per la gestione degli esuberi, rendendo modulabili il requisito anagrafico e quello contributivo e attivando un fondo unico o più fondi; rendere possibile l’uscita a una platea più ampia, ad esempio per alcune specifiche categorie di lavoratori oppure con vincoli rigidi (età non inferiore ai 64 anni, ricalcolo contributivo e soli 2 anni di contribuzione figurativa). Quest’ultima ipotesi ricalca la proposta elaborata dal presidente di Itinerari previdenziali ed ex sottosegretario al Lavoro, Alberto Brambilla, secondo cui il decollo di quota 100 per tutti, ma con precisi paletti, sarebbe possibile con circa 3,5 miliardi. Se alla fine la dote non dovesse superare i 2-2,5 miliardi, il miliardo mancante potrebbe essere ricavato da un parziale stop al rifinanziamento dell’Ape sociale, che non verrebbe eliminata ma sarebbe assorbita nel “fondo” su cui modellare quota 100 per gli esuberi. Una soluzione, quest’ultima, che sarebbe sotto i riflettori dei tecnici dell’esecutivo, mentre M5S e Lega si stanno confrontando anche per sciogliere il nodo pensioni d’oro.
Intanto i sindacati chiedono di essere convocati dal Governo. La Cisl che invoca una proposta chiara e la Uil avverte: quota 100 al posto dell’Ape sociale potrebbe provocare un ritardo di accesso alla pensione di 4 anni. Il presidente del Cnel ed ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu, afferma invece che le pensioni anticipate vanno cancellate perché «sono un’ingiustizia».
I vertici della prossima settimana potrebbero però far cambiare la fisionomia della manovra immaginata prima della pausa di ferragosto. Con il trascorrere dei giorni sembra essere a rischio il taglio selettivo del cuneo (5-10 punti) da 1-1,5 miliardi per le imprese 4.0 studiato al ministero del Lavoro. In caso di stop la dote potrebbe essere ripartita tra flat tax (ampliandone leggermente il raggio d’azione) pensioni e, forse, reddito di cittadinanza (anche in questo caso si valuta l’avvio in forma selettiva). Le risorse per la manovra, e in primis per lo stop alle clausole Iva, dovrebbero essere garantite da flessibilità Ue, tagli alla spesa per almeno 3 miliardi (ministeri e acquisti Pa), tax expenditures (riordino da più di 5 miliardi) e pace fiscale.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 2 settembre 2018