Con il 2015 arriva un nuovo tetto sugli assegni. L’articolo 1, commi 707-709 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) prevede, che l’importo complessivo del trattamento determinato con il calcolo contributivo “non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell’entrata in vigore del Dl 201/2011 computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa”. Anche se la formulazione della norma necessiterà inevitabilmente di una interpretazione da parte dell’Inps e del ministero del Lavoro la finalità del legislatore è quella di limitare la crescita degli assegni di chi era nel retributivo sino al 2011.
Infatti, i contributi accreditati dopo il 2012, non essendo soggetti ad un massimale, finiscono per determinare trattamenti piu’ elevati di quelli che sarebbero stati conseguiti con la vecchia normativa. In attesa di chiarimenti ufficiali proviamo a mettere alcuni punti fermi.
In primo luogo la misura si dovrebbe rivolgere a coloro che erano nel 2011 nel sistema retributivo e cioè coloro che potevano vantare almeno 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995 e che vanno in pensione con la massima anzianità contributiva prevista. In tale condizione si trovano due macro-categorie di lavoratori:
Con Requisiti Ante Fornero – Si tratta dei lavoratori la cui anzianità massima risulta fissata in 40 anni di contributi. Sono coloro che hanno maturato un diritto a pensione entro il 2011 o, qualora si tratti dei salvaguardati o di altre categorie particolari di lavoratori per i quali sono mantenuti i vecchi requisiti (si pensi, ad esempio, al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico), anche dopo il 2011. Per questi soggetti la misura dovrebbe significare che l’anzianità contributiva eccedente i 40 anni di contributi, maggiorata con il periodo di finestra mobile – in genere 12 mesi anche se, in taluni casi, può arrivare sino a 21 mesi -, non sarà piu’ utile ai fini della determinazione del trattamento pensionistico.
Con requisiti Post Fornero – Si tratta dei lavoratori che non hanno maturato un diritto a pensione con la vecchia normativa e che, quindi, dovranno accedere con i nuovi requisiti post-fornero. Nei loro confronti la novità dovrebbe segnare che la contribuzione valida ai fini pensionistici si fermerà ad un massimo di 42 anni e mezzo (41 anni e mezzo le donne). La contribuzione in eccedenza non sarà piu’ utile a guadagnare una prestazione piu’ elevata. In altri termini chi andrà oltre questi tetti non cumulerà più nulla e la sua pensione non crescerà più.
La norma inoltre, per come è stata formulata, è retroattiva (sollevando anche alcuni profili di incostituzionalità): pertanto coloro che, ad esempio, sono andati in pensione nel corso del 2013 e del 2014 si vedranno decurtati gli assegni a partire dal 1° gennaio 2015 (anche se non saranno toccati gli assegni già liquidati).
La seguente tabella può aiutare a comprendere le innovazioni:
Gli effetti – La norma produrrà i suoi effetti principali nei confronti delle pensioni degli alti funzionari di stato (magistrati, docenti universitari, medici, avvocati dello stato eccetera) che com’è noto possono restare in servizio sino a 70 anni (e sino a poco tempo fa anche sino a 75 anni) riuscendo, in tal modo, a maturare molti anni di contributi aggiuntivi rispetto ai fatidici 40 anni previsti nel vecchio sistema. Ebbene, per effetto anche di coefficienti di trasformazione piu’ elevati, calcolati sino a 70 anni di età, le prestazione pensionistiche di tali lavoratori possono attualmente superare agevolmente l’80% dell’ultima retribuzione (si arriva anche al 110%), il tetto invalicabile previsto con la vecchia normativa. Pertanto in tali circostanze, la decurtazione, potrà anche essere “significativa”.
In sostanza, dall’applicazione della novella, sarebbero penalizzati soprattutto coloro i quali, alla data del 31.12.2011 avevano già maturato il diritto alla pensione di anzianità (con 40 anni di contributi) e hanno proseguito l’attività lavorativa.
Nella nota tecnica che accompagna l’emendamento non si parla di risparmi di spesa (“dipendono dalla scelte comportamentali conseguenti”) ma si dice che se ci saranno risparmi verranno utilizzati nell’ambito della previdenza. Le economie derivanti dalla misura affluiranno, infatti, in un apposito Fondo, istituito presso l’INPS, finalizzato a garantire l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Tra le altre novità, si prevede, poi, che resti fermo, in ogni caso, il termine di 24 mesi (per i lavoratori pubblici che accedano al pensionamento con un’età inferiore a quella corrispondente ai limiti di età) per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio, di cui all’articolo 3, comma 2, primo periodo, del D.L. 79/1997.
Pensioni oggi – 2 gennaio 2014