Tra le novità, un giro di vite sui dipendenti pubblici: per quelli che al 31 dicembre 1992 avevano fino a 15 anni di anzianità, e che sono ancora nel sistema misto, scatterà una limitazione della quota retributiva della pensione.
Ma il tratto più marcato del pacchetto pensioni resta il freno ai pensionamenti anticipati, facendo leva anche sulle finestre d’uscita, che si dilatano da 3 a 6 mesi per il settore privato e da 6 a 9 mesi per quello pubblico, e sul ripristino dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita a partire dal 2025 (e non più dal 2027) per il canale di uscita con 42 anni e 10 mesi di contribuzione (“42+10” per le donne), a prescindere dall’età. A rendere più difficile l’uscita è anzitutto il passaggio da Quota 103 a Quota 104 (63 anni d’età e 41 di versamenti), accompagnato da penalizzazioni sulla fetta del trattamento calcolata con il metodo retributivo che scattano progressivamente agendo sul mix di coefficienti di trasformazione, ma anche da premi per chi opta per rinunciare all’uscita anticipata con la conferma del “bonus Maroni” rivisto. La “stretta” si manifesta anche con l’innalzamento a 63 e 5 mesi del requisito anagrafico che consente l’accesso all’Ape sociale alle categorie di lavoratori che ne hanno diritto. Nella stessa direzione si colloca la soglia anagrafica più alta per le lavoratrici (Opzione donna), con il ricalcolo contributivo dell’assegno. Soglia che, sempre per l’attuale platea (caregiver, con invalidità civile fino al 74% e “licenziate”), lievita da 60 a 61 anni, con lo sconto di 12 mesi in presenza di un figlio e di 24 mesi con più figli, mentre l’asticella della contribuzione necessaria resta ferma a 35 anni.
Un altro intervento che guarda ai lavoratori contributivi, e in primis agli under 35, prevede l’eliminazione del vincolo sul raggiungimento di un importo pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale (circa 755 euro) per accedere al pensionamento di vecchiaia con 67 anni e il requisito minimo di versamenti: dal 2024 sarà possibile il pensionamento avendo maturato un trattamento equivalente a quello “sociale”. Allo stesso tempo però per gli stessi ”millenials” vedono salire da 2,5 a 3,3 volte l’assegno sociale la soglia per la pensione anticipata con 64 anni d’età e 20 di versamenti.
«Sulle pensioni in manovra abbiamo fatto quello che era consentito», ha detto il ministro del Lavoro, Marina Calderone. Nel presentare il rendiconto sociale 2022 dell’Inps, il presidente del Civ, Roberto Ghiselli, ha affermato che la spesa per pensioni in termini nominali è cresciuta del 3,8% e che si è ridotta del 9,4% quella per Reddito e pensione di cittadinanza.