Enti di previdenza ai test della sostenibilità a cinquant’anni. Dai notai ai veterinari, ecco le prospettive. Guarda il patrimonio delle Casse autonome. Servizio di ItaliaOggi Sette
Pensioni, riforme lacrime e sangue per gli iscritti alle Casse autonome
Al momento nessuno sa «quanto» cambierà la previdenza dei professionisti dopo la riforma Monti-Fornero. Di sicuro i vertici delle casse del 509 privatizzate nel 1994 hanno intuito che nel 2012 o si aumenteranno di un bel po’ i contributi agli iscritti per restare nel sistema retributivo (già ridimensionato negli ultimi anni ove presente).
O si deciderà di passare completamente al metodo di calcolo delle pensioni di tipo contributivo. In ogni caso, per poter dimostrare un equilibrio di gestione a 50 anni fra entrate per contributi e uscite per prestazioni, i professionisti possono dimenticarsi la generosità che hanno conosciuto i colleghi andati in pensione anche solo un anno fa. Ci sarà tempo, grazie ad un emendamento al decreto legge mille proroghe, fino al 30 settembre 2012 per dimostrare ai ministeri vigilanti di avere le carte in regola. Ma al di là di una confusione di fondo sul da farsi da parte dei vertici degli enti, all’orizzonte lo scenario è quello di un cambio radicale per tutti. .
Chi resiste. Quelle dei notai e dei farmacisti sono le casse che si presentano con le idee più chiare nel non voler cambiare l’attuale impianto previdenziale. Anche se nei prossimi anni, per effetto delle ultime liberalizzazioni, le cose sono destinate a cambiare anche per loro. Basti pensare che la Cassa del notariato dal 2006 (anno delle prime lenzuolate di Bersani) ha aumentato più volte il contributo soggettivo arrivando, con l’ultima delibera approvata a fine 2011, ad un’aliquota del 33%. Grazie a questa ultima modifica l’ente oggi è sicuro di poter contare sui 50 anni. Ma la legge Cresci-Italia prevede un incremento dei notai in esercizio (da 4697 a 6279). E appare plausibile che con l’aumento dei professionisti diminuirà il reddito medio degli iscritti. Un problema non di poco conto se si considera che la Cassa di categoria sarà chiamata ad erogare una pensione standard per più soggetti (che però al contempo versano meno rispetto al passato). Discorso non molto diverso per l’Ente dei farmacisti. L’ultimo bilancio tecnico al 31/12/2009, fa sapere l’Enpaf, presenta a cinquanta anni il saldo previdenziale positivo. Ma ciò dovrà essere riverificato alla luce del sensibile aumento dei punti vendita e quindi, anche qui, della conseguente riduzione del reddito medio.
Entrando in casa degli avvocati, il comitato dei delegati di Cassa forense ha ritenuto nell’ultima recente seduta di non modificare l’impianto della riforma (in pensione a 70 anni e calcolo della prestazione tenendo conto dell’intero periodo di 35 anni con la sola esclusione dei peggiori 5 anni), ma ha comunque provveduto a nominare una commissione per studiare eventuali misure per il raggiungimento della sostenibilità richiesta dalla legge.
Chi attende studiando. Nel dover dimostrare un nuovo equilibrio, le varie gestioni lamentano la mancanza dei criteri che dovrebbero essere rispettati nel formulare le proiezioni attuariali. Inizialmente, infatti, è stato imposto di non considerare i patrimoni, pur essendo gli stessi accantonati a garanzia delle prestazioni, né tantomeno i rendimenti. Poi questi ultimi sono stati ammessi. Prevedere ora con precisione quali saranno gli sviluppi della questione, spiegano dall’Ente, quando nemmeno il ministero ha chiarito le sue richieste è impossibile.
In attesa che si chiariscano i criteri, la Cassa di architetti e ingegneri studia gli effetti di un possibile cambio di metodo di calcolo delle pensioni. La scorsa settimana, non a caso, ha organizzato a Roma un workshop dal titolo molto evocativo: «Contributivo: esperienze internazionali a confronto». Un momento di approfondimento che ha scomodato perfino Ole Settergren il quale è venuto in Italia per raccontare cosa accade in Svezia, patria del contributivo sulle pensioni (si veda intervista in pagina). Bocche cucite in Cassa dei geometri. Anche se la presenza dei vertici del Cda di Cipag al workshop Inarcassa conferma la ricerca di una soluzione alla questione sostenibilità.
Chi ha non ha dubbi. Se fino a qualche mese fa all’istituto pensionistico dei consulenti del lavoro c’era qualche dubbio residuale, con la riforma Monti-Fornero il passaggio al metodo contributivo è certo. I vecchi scaglioni di contributi, calibrati sull’anzianità di iscrizione, saranno sostituiti da un’aliquota che si aggira intorno al 10-12%. Ha fatto già i suoi conti l’Enasarco, l’Ente degli agenti di commercio, e con i rendimenti del patrimonio l’equilibrio a 50 anni, dicono, è assicurato: anche perché la fondazione è già passata nel 2004 al metodo contributivo. Enasarco, però, applicherà la trattenuta dell’1% sulle pensioni in essere prevista dalla legge.
Dalle parti dei medici le idee sono chiare ma devono fare i conti con la fattibilità di una riforma complessa. La Cassa, infatti, aveva già ipotizzato a fine 2011 una serie di interventi per rientrare nella sostenibilità a 30 anni (prevista dalla Finanziaria 2007). Ma con l’arrivo di Elsa Fornero al ministero del lavoro, il restyling (comunque non ancora approvato dagli organi dell’ente né tanto meno dagli organismi vigilanti) andrà probabilmente ripensato per trovare altri 20 anni di equilibrio. «Proprio il ministro», fa sapere l’ente, recentemente «ha incontrato i vertici dell’Enpam incoraggiandoli a procedere verso l’applicazione, sia pure in pro rata, del metodo contributivo». Su questo versante però l’istituto pensionistico ha le idee chiare in quanto «il sistema vigente retributivo-reddituale, essendo basato sulla valutazione dei redditi dell’intera carriera professionale, è equivalente al contribuivo se supportato da adeguate valutazioni attuariali».
Durante l’incontro la titolare del dicastero inoltre ha incoraggiato l’accorpamento tra i diversi fondi facenti capo all’Enpam, nonché a perseguire ulteriormente la riduzione dei costi di amministrazione. Essendo già al contributivo dal 2004, la gestione previdenziale dei ragionieri ha già in cantiere l’aumento contributi (dall’8 al 15%) ed età pensionabile (68 anni). I dottori commercialisti infine, dopo dieci anni di contributivo sono un passo avanti a tutti. Qualche giorno fa i ministeri vigilanti hanno dato il via libera ad una delibera della Cassa dottori che permette di riconoscere agli iscritti un trattamento proporzionalmente superiore a quello calcolato sulla base del solo contributo soggettivo versato, in misura crescente al crescere della aliquota di versamento prescelta, attraverso l’utilizzo di una aliquota «di computo» superiore a quella «di finanziamento». (Per i patrimoni delle singole Casse leggi in formato pdf)
Professionisti in allarme: c’è la crisi
Una buona dose di «preoccupazione» aleggia fra gli iscritti agli enti di previdenza dei professionisti, questi ultimi chiamati a dover garantire una sostenibilità a 50 anni. Ma c’è anche «fiducia» nella bontà delle scelte delle casse, sebbene l’ipotesi di un aumento della contribuzione soggettiva rappresenti «un durissimo sacrificio che si abbatte in parallelo con un costante calo dei redditi».
Si esprimono così a IO Sette i sindacati e le associazioni di rappresentanza delle categorie che denunciano, come Salvo Garofalo presidente di Inarsind (architetti ed ingegneri liberi professionisti), il rischio che gli istituti vengano penalizzati dall’art. 24 del decreto «salva Italia» (legge 214/11), che «prevede due punti che possono compromettere seriamente l’intero sistema», ovvero l’obbligo di considerare a fronte della spesa per le prestazioni pensionistiche soltanto le entrate contributive, non anche il patrimonio, e l’aumento di 20 anni della soglia per assicurare di avere i conti in ordine, «arco temporale talmente grande, che anche l’Inps avrebbe problemi a gestire». Si tratta, dunque, di «forzature evidenti» da parte del governo che, si domanda l’organizzazione, nascondono forse l’intenzione, «già annunciata, di accorpare tutte le casse autonome in un’unica cassa all’interno dell’Inps?».
Qualora fosse questo lo scenario, Inarsind si oppone, affermando che «una manovra di questo segno sarebbe in contrasto con i principi di liberalizzazione «tanto sostenuti» dall’esecutivo. Aggiunge il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella: «Il cambio del metodo di calcolo delle prestazioni (dal retributivo, o dal misto al contributivo, in caso gli enti non avessero saldi positivi, ndr) non deve esser ricondotto ad una sanzione, ma si tratta di uno dei passaggi per assicurare nel lungo periodo le pensioni».
Il meccanismo contributivo, basato sugli effettivi versamenti dei professionisti nel corso dell’attività, non è, tuttavia, per tutti uno spettro: «La nostra cassa si sta preparando alacremente per ottemperare agli obblighi di legge, e siamo fiduciosi perché veniamo costantemente informati, mi preme però evidenziare che è necessario passare al contributivo per conferire a tutti la sicurezza di poterla avere una pensione. È ormai innegabile che soltanto con tale sistema sia possibile offrire questa garanzia per l’avvenire», dichiara Francesco Longobardi, presidente dell’Ancl, il sindacato unitario dei consulenti del lavoro. Nei prossimi giorni, aggiunge, «ci sarà un nuovo vertice fra l’istituto di previdenza (Enpacl), il consiglio nazionale dell’ordine di categoria e la nostra associazione, perché c’è sì l’orientamento ad andare verso un incremento dell’aliquota soggettiva, e so non sarà facile per i colleghi farvi fronte in tempo di crisi economica, ma nulla è stato ancora deciso».
Ciò di cui Longobardi è sicuro è che «l’Enpacl non si farà trovare impreparato all’appuntamento con il governo».
I 27 mila iscritti all’Enpav (veterinari) avevano tirato un sospiro di sollievo «raggiungendo la sostenibilità a 30 anni, con un grande sforzo. Adesso occorre intervenire ancora» sostiene Carlo Scotti dell’Anmvi. A giugno, anticipa, «si prenderà una decisione sentiti gli attuari, la più probabile è far salire l’integrativo dal 2 al 4%», mentre «spero non si tocchi il soggettivo, perché molti giovani colleghi hanno redditi bassi».
I medici sono «consapevoli della situazione e spaventati al tempo stesso. Noi giudichiamo il provvedimento dell’esecutivo Monti sbagliato, e lo dico a prescindere dal fatto che possa essere approvato il regolamento che l’Enpam sta mettendo a punto», sostiene Giacomo Milillo, segretario generale della Fimmg (la Federazione dei medici di famiglia), che fa anche parte del cda della cassa. «All’orizzonte abbiamo un forte aumento dei contributi, una riduzione delle prestazioni in una misura che può andare dal 10 al 30% senza vantaggi per le prossime generazioni, e non ci viene neppure consentito di presentare saldi positivi a 50 anni utilizzando per intero i beni patrimoniali degli enti», va avanti, ricordando che i medici si trovano in una «stagione di lotta», che ha già visto la convocazione di alcuni scioperi. Fra gli stessi sindacati dei camici bianchi serpeggia, tuttavia, il malcontento e la divisione, poiché Salvo Calì, al vertice dello Smi, mette in risalto «la naturale inquietudine dei colleghi per la questione previdenziale», ma privilegia il dialogo e la trattativa, non appoggiando lo stato di agitazione. Finora, continua, «non abbiamo avuto comunicazioni ufficiali», anche se è facile immaginare un ritocco verso l’alto del soggettivo: «Penso si andrà al 21-22%», dall’attuale 15%. Secondo Calì, ad ogni modo, il tema è delicatissimo e «l’Enpam mostra limiti gestionali evidenti, mentre bisogna avere più trasparenza in favore degli iscritti».
Il Segretariato italiano giovani medici (Sigm) ha avuto «contatti informali» con l’istituto, e il presidente Walter Mazzucco si rammarica che «con un precariato dilagante, ora possa arrivare un’elevazione della contribuzione soggettiva». L’inquietudine cresce, perché «ogni atto che l’Enpam metterà in campo si ripercuoterà sulla componente giovanile. Ci sono medici che percepiscono pensioni d’oro, mentre soprattutto il lavoro autonomo è duramente colpito», denuncia.
Mal di pancia anche nell’avvocatura. Ester Perifano, segretario generale dell’Associazione nazionale forense, ricorda che «è di recente approvazione la riforma previdenziale, adesso l’ente dovrà chiarirci le sue intenzioni, ci sarà un incontro con rappresentanti del cda alla fine di febbraio» annuncia, convinta che «l’aliquota soggettiva inevitabilmente dovrà essere ritoccata, forse fino al 18%» (il regolamento varato nel 2009 ha stabilito un graduale passaggio dal 12 al 14%, ndr). I giovani avvocati dell’Aiga auspicano, infine, che la cassa forense «riesca a garantire l’equilibrio di bilancio e la stabilità gestionale per i prossimi 50 anni, senza alcun aumento dei contributi, o riduzione delle prestazioni» e, per bocca del presidente Dario Greco, precisano che «non ci soddisfa il passaggio al contributivo pro rata, perché in questa maniera il sistema andrebbe a regime solo dopo un lungo lasso di tempo, circa quarant’anni da oggi e, dunque, saranno esclusivamente le future generazioni a pagare il peso della crisi e delle pensioni erogate fino ad oggi» attraverso il ben più generoso meccanismo retributivo
ItaliaOggi Sette – 13 febbraio 2012