Ancora un mese. E dal 2013 la riforma delle pensioni, chiesta dall’Ue all’Italia nella primavera del 2011, sarà operativa. Una manovra che ha avuto un assaggio già quest’anno. E capace, per la ragioneria dello Stato, di far risparmiare alle casse pubbliche 22 miliardi di euro nell’arco dei prossimi 7 anni. Merito di due elementi: l’allungamento dell’età pensionabile e il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Se alla fine del 2012 sono ancora usciti dal lavoro i dipendenti che hanno maturato i requisiti a fine 2011 (e poi hanno dovuto attendere i 12 mesi previsti dalla finestra mobile), dal 2013 i lavoratori dipendenti potranno lasciare il lavoro solo con le regole previste dalla riforma (continueranno ad andare ancora fino a giugno con le vecchie regole gli autonomi che hanno dovuto attendere 18 mesi per la finestra mobile). Come cresce l’età pensionabile. Tabella.
Di fatto, dal 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne.
LE DONNE
E’ previsto aumento significativo dell’età che crescerà ancora gradualmente fino al 2018 (quando sarà equiparata a quella degli uomini). Fino a tutto il 2012 sono andate in pensione di vecchiaia donne dipendenti con 61 anni (60 più uno di finestra mobile) e lavoratrici autonome con 61 anni e mezzo (60 anni più 18 mesi di finestra mobile), mentre dal 2013 bisognerà attendere per le dipendenti i 62 anni e tre mesi e per le autonome 63 anni e 9 mesi. Dal 2014 ci vorranno 63 anni e 9 mesi per le dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome. Per evitare il salto repentino previsto per gli anni successivi è previsto che le dipendenti che abbiano compiuto 60 anni entro il 2012 possano andare in pensione a 64 anni e 7 mesi.
GLI UOMINI
La riforma incide soprattutto sulla pensione anticipata (che sostituisce la pensione di anzianità). L’abolizione delle quote e l’incremento di un anno per gli anni di contributi necessari per l’uscita (oltre l’aspettativa di vita) terrà ancora in ufficio e in fabbrica lavoratori che si sentivano in dirittura di arrivo. Se infatti per la pensione di vecchiaia basteranno nel 2013 66 anni e 3 mesi (a fronte dei 66 anni con cui si è usciti fino a fine 2012), per la pensione anticipata ci vorranno 42 anni e 5 mesi di contributi. In pratica, se si è nati dopo il 1946, per ritirarsi dal lavoro bisognerà aver cominciato a lavorare almeno nel 1972 (se si è cominciato nel 1971 è stato possibile uscire nel 2012 grazie a 40 anni di contributi più uno di finestra mobile). Anche per gli uomini dipendenti è prevista una eccezione con la possibilità di andare in pensione a 64 anni se si sono maturati entro il 2012 60 anni di età e 35 di contributi.
E’ stato calcolato che i nuovi coefficienti riducono gli assegni intorno al 2-3%. Inoltre, con il nuovo sistema il quando e il quanto della pensione future saranno agganciati alle statistiche sulla vita media. L’adeguamento, curato dall’Istat, sarà triennale sino al 2019 e poi biennale. Occorre infine ricordare che, per tutto il 2013, le pensioni tre volte superiori all’assegno minimo (pari a 1.405 euro lordi) non godono dell’indicizzazione all’inflazione.
Il Messaggero – 2 dicembre 2012