La protesta non si ferma. Ma le chance di un ritorno alla gratuità delle ricongiunzioni – misura che riguarderebbe alcune centinaia di migliaia di lavoratori nei prossimi 8-10 anni – sembrano davvero essere ridotte al lumicino. I calcoli snocciolati dal ministro Elsa Fornero, in commissione Lavoro della Camera, una ventina di giorni fa, raccontano di una maggiore spesa pensionistica di 378 milioni per quest’anno, di 665 per il 2013 e di 1,4 miliardi a partire dal 2015. Troppo, in tempi di crisi del debito. Eppure, i lavoratori che dalle gestioni alternative (Inpdap, fondi speciali Ferrovie, Elettrici, Fondo Volo, Telefonici, eccetera) devono passare al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’Inps (Fpld), non cessano di far sentire la propria voce. Comitati spontanei, gruppi Facebook, iniziative dei sindacati ormai non si contano più.
La commissione Lavoro della Camera, peraltro, non sembra intenzionata a mollare la presa dopo aver ottenuto dal governo – era il luglio del 2011 – la promessa di una soluzione al problema, con l’approvazione di un’apposita mozione. Mesi addietro, poi, la commissione ha approvato un Ddl bipartisan (Cazzola-Gnecchi), ora fermo alla commissione Bilancio. Due settimane fa, qualche speranza si era riaccesa grazie a un emendamento al Dl sulle semplificazioni che prevedeva, appunto, il ritorno alla gratuità delle ricongiunzioni, emendamento poi dichiarato inammissibile. Ora la commissione Lavoro punta ad avere il presidente dell’Inps in audizione formale per “riverificare” con l’Istituto i costi di un possibile dietrofront.
Per capire davvero che cosa è successo con la legge 122 del 2010 bisogna partire da qualche anno prima, dal 1958, quando fu approvata la legge 322 che consentiva – sempre e gratuitamente – il trasferimento dei contributi accreditati nella propria posizione assicurativa dai fondi sostitutivi ed esonerativi dell’Assicurazione Generale Obbligatoria verso l’Inps, nel caso in cui l’iscritto avesse cessato il servizio senza diritto a pensione. In alternativa, qualora il diritto a pensione fosse stato raggiunto, poteva invocarsi l’articolo 1 della legge 29/1979 che – al ricorrere di determinate condizioni – consentiva il trasferimento gratuito dei contributi verso l’Ago.
Il resto è storia recente. Ma nessuno avrebbe immaginato che la prima legge sarebbe diventata solo un ricordo, mentre alla seconda sarebbe toccato il destino di diventare onerosa, con le norme approvate a fine maggio 2010, il Dl 78 convertito nella legge 122.
L’obiettivo di queste norme era di evitare che le donne del pubblico impiego (la cui età pensionabile veniva innalzata a 61 anni dal 2010) accedessero alla pensione trasferendo i propri contributi all’Inps dove il trattamento era conseguibile al compimento del 60esimo anno di età; peraltro, in qualche caso, questa operazione – a costo zero – avrebbe anche comportato un trattamento pensionistico superiore. Altro obiettivo della legge, però, era quello di fare cassa.
I soggetti con accrediti sparsi in diverse gestioni, per ottenere un’unica pensione, dovevano necessariamente corrispondere un onere che, risultando particolarmente elevato, disincentivava l’operazione facendo risparmiare le casse pubbliche. Infatti, la ricongiunzione potrebbe valorizzare le anzianità precedenti il 1996 incrementando la quota retributiva con conseguente aumento dell’assegno. È da precisare che l’onere richiesto è abbattuto del 50% ma l’elevata onerosità è da attribuire anche alla revisione dei coefficienti di calcolo a decorrere dal 1° luglio 2010. Infatti prima del Dl 78, veniva utilizzato il Dm 27 gennaio 1964, oggi il Dm 31 agosto 2007: in alcuni casi, a parità di condizioni, il coefficiente è triplicato.
Una magra consolazione veniva dalla totalizzazione. La totalizzazione consente ai lavoratori che hanno versato contributi in diverse gestioni previdenziali (almeno due) di beneficiare di un’unica pensione, “sommando” i diversi periodi. Il trattamento, pagato sempre dall’Inps, è determinato applicando le regole del sistema contributivo puro. In deroga a ciò, se l’iscritto ha già maturato in una delle gestioni previdenziali i requisiti minimi richiesti per il diritto a una autonoma pensione, tale pro quota di pensione sarà calcolato con il sistema di computo previsto nella gestione in parola (retributivo o misto). Ciò non si verifica quando la posizione contributiva è particolarmente frazionata. Dopo la riforma Monti, è venuto meno anche l’ultimo ostacolo dei tre anni che inibiva il computo di tali periodi nella totalizzazione.
L’impianto normativo così modificato ha comportato – per esempio – che dal 1° luglio 2010, il trasferimento della posizione assicurativa dal Fondo Volo al Fpld potesse avvenire solo a titolo oneroso secondo i criteri di calcolo previsti per la determinazione degli oneri di ricongiunzione. Successivamente l’Istituto ha precisato che tutti quei soggetti (iscritti ai Fondi Elettrici, Telefonici e Volo), cessati dal servizio entro il 30 luglio 2010 e senza aver perfezionato tutti i requisiti anagrafici e contributivi richiesti per la liquidazione della pensione a carico di tali Fondi, potessero procedere alla costituzione della posizione assicurativa presso il Fpld dell’Inps (Circolare 97 del 22 luglio 2011).
ilsole24ore.com – 13 marzo 2012