Prelievi straordinari, contributi di solidarietà, applicazione retroattiva di nuove regole previdenziali, seppur ritenuti opportuni ed efficaci da Governo e Parlamento, devono poi fare i conti con la giurisprudenza che finora non è stata particolarmente favorevole a questo tipo di innovazioni.
La “vittima” più illustre è il contributo di solidarietà introdotto nel 2011 e pari al 5% della quota di pensione superiore a 90mila euro, al 10% per quella oltre 150mila, al 15% per quella oltre i 200mila euro. Secondo la Corte costituzionale (sentenza 116/2013) tale disposizione è illegittima perché applicata solo a una categoria di contribuenti. Infatti secondo la Corte il contributo di solidarietà ha natura tributaria, ma in materia fiscale i cittadini sono uguali davanti alla legge. Quindi non si può penalizzare una categoria piuttosto che un’altra prevedendo un prelievo diverso in base alla tipologia di reddito.
Inoltre, nel prevedere interventi che modificano a posteriori le “regole del gioco”, si deve tener conto di un orientamento giurisprudenziale che si è definito nell’ultimo decennio in particolare nei confronti delle Casse di previdenza dei professionisti. Questi enti, in più di un caso, dopo il 2000 hanno varato delle riforme per garantire la sostenibilità del sistema, anche modificando a posteriori le modalità con cui calcolare l’assegno. A questo riguardo la Corte di cassazione si è pronunciata più volte bocciando le delibere risalenti a prima del 2007 che non prevedono un’applicazione stretta del principio del pro rata (come stabilito dalla l egge 335/1995), in base al quale si deve tener conto dei contributi già versati ed eventuali riforme non possono essere applicate in modo retroattivo.
Il principio del rispetto del pro rata, peraltro, è stato successivamente reso più flessibile dalla legge 296/2006. Ma poiché a questo riguardo si sono susseguite sentenze con esito sfavorevole alle Casse di previdenza, il Parlamento è intervenuto inserendo nella legge di Stabilità 2014 un’interpretazione autentica al fine di tutelare gli enti di previdenza che hanno adottato provvedimenti prima del 2007 «a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine».
Ebbene, con la recente sentenza 17892/2014, la Cassazione ha stabilito che tale disposizione non è norma di interpretazione autentica, non mette al sicuro le delibere ante 2007 che non hanno rispettato il pro rata e più in generale le riforme si possono applicare solo per il futuro.
Il Sole 24 Ore – 20 agosto 2014